di Filippo Ferretti
Non solo Flavia Vento alle prese con un irreale Tom Cruise, ma anche migliaia di altre donne cadute negli ultimi mesi nella trappola rappresentata dall’incontro con falsi divi via web, non per questo sprovvedute o dedite a farsi abbindolare da un fake.
E’ il caso della giornalista e scrittrice ascolana Roberta Piergallini, da anni attiva in campo televisivo e in onda quasi quotidianamente in Rai con rubriche di pubblica utilità, a cui è successo di essere cercata tramite social da Gary Barlow dei Take That. L’artista ha voluto instaurare con lei una fitta interazione on line in video, stringere un rapporto che in realtà era già iniziato molto tempo prima per motivi di lavoro, al Festivalbar ’99 ad Ascoli, dove il cantante e ballerino inglese, ospite alla kermesse come solista, era stato intervistato dalla professionista, allora giovanissima.
Roberta Piergallini, con la complicità di una sua foto pubblicata sui social, scattata in occasione del concerto dei Take That dello scorso anno, in cui lei stessa aveva taggato Gary Barlow, ad un certo punto ha visto quest’ultimo cercarla assiduamente. Il caso nato da questa comunicazione giornaliera tra i due, che ad un certo punto è sfociata in una richiesta di soldi da parte del cantante, è stata al centro di numerose trasmissioni televisive nazionali che hanno affrontato il tema delle truffe congegnate in modo impeccabile grazie all’aiuto delle nuove tecnologie.
«Quando mi ha contattata mi ha detto che si ricordava di me, della nostra intervista nel’99 e io essendo scettica ho anche chiesto ad un mio amico della polizia postale, il quale ha riconosciuto quanto fosse tutto fatto molto bene» ha rivelato Roberta Piergallini in collegamento nella trasmissione condotta da Giuseppe Brindisi, ammettendo di essersi convinta alla fine di voler bloccare questa sorta di stalker on line nel momento in cui è venuto fuori una fantomatico progetto benefico a cui avrebbe dovuto inviare dei soldi e di cui non si è fidata.
«La cosa geniale di questa operazione è decidere di ambientare i video che mi inviava a casa, con lui con barba incolta e in veste casual» ha aggiunto la giornalista ascolana, ammettendo che a fugare i suoi dubbi iniziali è stato aver deciso da parte del suo interlocutore di continuare a dialogare su whattsapp con un numero appartenente al Regno Unito.
Dunque, l’intelligenza artificiale come mezzo per mettere in atto truffe frequentissime grazie a tecnologie ormai perfette, in grado di generare risultati sempre più simili a quelli prodotti da un essere umano, rendendoli più credibili e quindi difficili da individuare. Una realtà diventata insidiosa e pericolosissima, la cui difficoltà di difendersi proviene anche dal punto di vista legislativo, perché il reato di truffa è punito con la stessa pena della diffamazione on line, consentendo l’applicazione della tenuità del fatto.
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