di Nunzia Eleuteri
Difficile oggi esercitare la professione del giornalista. Ogni giorno più difficile, direi. Tra la mannaia dei social (con i leoni da tastiera pronti a criticare tutto senza avere nemmeno la preparazione per farlo) e chi si arroga il diritto di inquadrarti politicamente come un giornalista “rosso”, “nero” o “verde” (a seconda delle rispettive situazioni di comodo), il panorama è purtroppo vario quanto desolante. A questo, si aggiunge ora anche il creativo Comune di Ascoli Piceno che si appresta a discutere in consiglio comunale la tematica del conflitto di interessi dei giornalisti dipendenti pubblici. Chissà se questo argomento sarà risolutivo per il futuro del capoluogo di provincia?!
L’insolita interrogazione è arrivata via e-mail nei giorni scorsi a tutti i consiglieri comunali della città delle cento torri. Insolita sì, ma anche inutile e, concedetemi di sottolineare, inopportuna. Nove consiglieri di maggioranza hanno sottoscritto un’interrogazione al Sindaco Marco Fioravanti (inserita all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale del 18 febbraio) che ha per oggetto il conflitto di interessi dei giornalisti dipendenti pubblici. I firmatari sono: Emidio Premici di “Noi Ascoli” (primo firmatario), Marika Ascarini di “Fratelli d’Italia”, Patrizia Petracci di “Lega con Salvini”, Alessandro Filiaggi di “Forza Italia”, Emanuela Marozzi della lista “Fioravanti Sindaco”, Patrizia Palanca della lista “Per Ascoli”, Manuela Di Micco di “Forza Ascoli”, Luigi Lattanzi di “Pensiero Popolare Piceno”, Carlo Narcisi di “Ascoli Green”. Ad onor del vero, le firme dei consiglieri appaiono tutte uguali e con la stessa sigla “EP”. Prassi politica? Ma veniamo al punto.
Nel documento (protocollo n.11551, inviato via mail a tutti i consiglieri comunali), i firmatari hanno scritto che “Nel territorio ascolano sono attivi giornalisti, pubblicisti e professionisti, che scrivono e collaborano per testate anche locali, i quali, contemporaneamente, sono assunti anche con contratto da lavoratore dipendente presso enti pubblici locali” sottolineando al punto successivo l’inesistenza di un problema di incompatibilità. Chiaro, quindi, che un dipendente pubblico può essere giornalista ed esercitare la professione.
La premessa lascia ancor più dubbi sull’utilità dell’interrogazione e sullo scopo della stessa. I nove consiglieri comunali, comunque, interrogano il Sindaco su cosa intenda fare per “tutelare l’immagine del Comune alla luce di alcuni articoli denigratori” firmati da giornalisti dipendenti di altri enti.
La risposta è molto semplice ma visto che nove persone hanno posto la domanda, è necessario andare in loro soccorso: se un articolo non riporta la verità dei fatti, si può intervenire con una smentita, una rettifica o, come extrema ratio, un atto di querela. E questo è valido sempre, a prescindere se il giornalista sia un dipendente pubblico o privato. Perché mai, quindi, scomodare un Sindaco con un’interrogazione così inutile?
Intanto, come spesso accade nelle piccole città di provincia, tra gli addetti ai lavori (e non solo) è scattato il tristissimo “toto-nomi”: chi sarà l’attenzionato dalla maggioranza? A lui o lei, esprimo solidarietà, senza se e senza ma.
Emerge anche un’altra considerazione curiosa: si suppone che un gruppo di maggioranza si riunisca spesso per discutere delle problematiche della città, per confrontarsi e concordare anche i temi da inserire all’ordine del giorno dei consigli comunali. È possibile che durante queste riunioni non sia stato chiesto direttamente al Sindaco cosa fare di fronte a casi di articoli “denigratori”? Risulta strano che il primo cittadino non fosse a conoscenza di questa interrogazione, che non sia stato avvisato prima e che non abbia risposto ai suoi consiglieri rendendoli edotti sui percorsi eventualmente da intraprendere e se fosse il caso di farlo. Si potrebbe ipotizzare (voglio pensar bene) che non avrebbe suggerito di ricorrere ad un’interrogazione inutile quanto politicamente inopportuna visto il delicato momento storico che stanno vivendo i giornalisti e la stampa tutta (locale quanto nazionale).
Nella stessa interrogazione, inoltre, i consiglieri di maggioranza hanno chiesto al Sindaco “se ritiene che, nonostante la compatibilità in termini di assunzione, ci sia un conflitto d’interessi tra il ruolo di dipendente pubblico e quello di giornalista che si occupa di notizie di cronaca politica locale”. Anche qui è necessario andare in loro soccorso spiegando che ci sono organi competenti che si occupano di queste materie e che l’opinione di un Sindaco può (e dovrebbe) solo restare tale.
Ma tornando al tema principale, va chiarito che se per “denigratori” si intendono articoli che mettono in risalto disagi o altre problematiche della città, comprovate addirittura da foto, c’è poco da interrogare o querelare in quanto trattasi di notizie di “pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti” (art. 2 del Testo unico del Giornalista, citato anche nella lettera dei nove consiglieri comunali).
Qualche perplessità, dunque, sorge spontanea: qual è l’obiettivo di quella interrogazione? Ai lettori l’ardua sentenza perché a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca (per restare in tema di citazioni politiche).
Comunque, visto che i consiglieri di maggioranza di Ascoli Piceno hanno citato l’art.2 del testo unico, suppongo e mi auguro che abbiano letto anche l’articolo precedente, il numero 1, sulla libertà di informazione e di critica che vale assolutamente la pena riportare, quantomeno per i nostri lettori: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori».
Ecco, da editore e giornalista, a questi principi ho sentito di attenermi scrivendo queste righe esprimendo solidarietà a quei colleghi (di cui non conosciamo l’identità ed è meglio che sia così) coinvolti in questa insolita, discutibile e dubbia situazione.
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