Maurizio Pelosi
Infermiera dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli aggredita da un paziente durante il turno di lavoro, la Corte d’Appello di Ancona condanna l’azienda sanitaria al risarcimento.
«È la prima sentenza in Italia e noi speriamo possa fare scuola affinché tutte le aziende sanitarie adottino adeguate misure contro le aggressioni al personale sanitario, un fenomeno purtroppo in costante aumento». È il commento del segretario nazionale Nursind, Andrea Bottega, dopo il pronunciamento della Corte d’Appello. Il sindacato degli infermieri ha sostenuto la professionista con il proprio ufficio legale e l’avvocato Domenico De Angelis.
La decisione prevede un risarcimento di oltre 22.000 euro per danno morale soggettivo e danno biologico, più circa 8.500 euro di spese legali, rappresentando un precedente significativo nel panorama giuridico italiano.
«L’aggressione – spiega Maurizio Pelosi, segretario provinciale di Ascoli del Nursind – è avvenuta 8 anni fa nel turno pomeridiano nel triage del pronto soccorso. Ha evidenziato le criticità legate alla sicurezza del personale sanitario. La sentenza della Corte d’Appello di Ancona non solo riconosce l’importanza della tutela dei diritti dei lavoratori in ambito sanitario, ma segna anche la prima pronuncia in Italia che combina il risarcimento per danno morale soggettivo e danno biologico in un caso di questo tipo.
Questo risultato sottolinea l’importanza di garantire ambienti di lavoro sicuri e protetti per il personale sanitario, riconoscendo al contempo il diritto al risarcimento per i danni subiti a causa di aggressioni sul luogo di lavoro.
Il sindacato NurSind di Ascoli Piceno ha sostenuto con determinazione l’infermiera coinvolta, credendo fermamente nella causa e fornendo supporto continuo durante l’intero iter legale. Questo impegno ha contribuito in modo significativo al raggiungimento dell’importante risultato, con una sentenza che rappresenta un passo avanti nella giurisprudenza italiana, ponendo l’accento sulla necessità di proteggere chi opera quotidianamente per la salute pubblica e stabilendo un importante precedente per futuri casi simili».
«La Corte d’appello – sottolinea Bottega – ha stabilito che “c’è una responsabilità (seppure indiretta) dell’azienda nella determinazione dell’evento lesivo”, riporta la sentenza. Secondo i giudici sussistono “specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica, necessarie ad evitare il danno”.
Si tratta – sottolinea il segretario nazionale Nursind – di motivazioni che condividiamo.
È noto che l’ambiente dei pronto soccorso, infatti sia tra i più sensibili ed esposti, proprio come ricordano anche i giudici. Ma ciò che riteniamo ancora più grave è l’inadempienza dell’azienda sanitaria che non ha messo in atto le indicazioni previste dalla raccomandazione del ministero della Salute, risalenti al 2007, per prevenire atti di violenza nei confronti del personale.
È mancata, da parte dell’ente sanitario, la dovuta attenzione non solo alla formazione, ma anche alla predisposizione di procedure di gestione di possibili atti di violenza. Se fossero stati messi in campo, l’episodio non sarebbe degenerato. Ecco perché – punta l’indice Bottega – è inaccettabile che i professionisti non vengano adeguatamente preparati. In barba, tra l’altro, al lavoro e agli obiettivi dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps), tanto caro al Ministero.
Spiace, in sintesi – conclude – dover constatare che i beni aziendali siano più protetti e tutelati del personale che si fa in quattro tutti i giorni per tenere in piedi l servizio sanitario nazionale ed è costantemente alle prese con un lavoro gravoso e usurante».
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