di Luca Capponi
La scena è più o meno questa. Subito dopo le festività natalizie, solitamente intorno al 6 gennaio, arrivano i buoni propositi (quasi) collettivi: «Da domani basta cibo, mi rimetto in forma».
Chi più e chi meno, tutti lo dicono in maniera convinta. Eppure, acquattato chissà dove, qualcuno se la ride pregustando già il fallimento dell’intento. Chi? Ma lui, ovvio: il Carnevale. E chi sennò. Un mese, massimo due, ed i fatti gli danno inequivocabilmente ragione. Ogni santo anno.
Provateci voi, infatti, a rispettare il precetto di inizio anno davanti al ben di Dio che caratterizza le nostre tavole durante il periodo più divertente dell’anno, pronto a scattare giovedì 27 febbraio. Da questo punto di vista, la forte tradizione carnascialesca del Piceno, da Ascoli ad Acquasanta Terme passando per Offida e Castignano, poggia anche su una gastronomia che davvero ha pochi eguali in Italia.
A regnare, su tutti, sono sicuramente i ravioli, nella variante dolce ed in quella salata. In quella salata svettano ovviamente i ravioli “incaciati” di gallina, pecorino e pane raffermo da condire con l’olio, che si possono trovare solo ad Ascoli e dintorni e vantano un rigoroso disciplinare:
“Di norma si preparano la domenica e il martedì grasso per il pranzo. È uno dei piatti tradizionali, tramandati di generazione in generazione all’interno delle famiglie, talvolta solo con il passaparola. I “ravioli di gallina” si chiamano così per il ripieno che si prepara con la carne di gallina e il suo brodo che si utilizza per bagnare il pane raffermo. Quest’ultimo ingrediente, in particolare la quantità che si aggiunge alla carne, risulta un elemento della ricetta rilevante dal punto di vista storico e socio-culturale; nel passato la quantità di pane variava, infatti, in base al ceto sociale di appartenenza della famiglia che preparava i ravioli”.
In tal senso, imperdibile è la classicissima “Raviolata” nata decenni fa da un’idea de “Li Precise”, degustazione gratuita di ravioli ‘ncaciati, che si terrà sanato 1 marzo alle 17,30 sotto la Loggia dei Mercanti.
E di quelli dolci, fritti e riempiti con ricotta, crema di cioccolato, crema pasticcera o di castagne (ad Acquasanta, con quella di marrone locale), che vogliamo dire?
Sempre tra i dolci, impossibile non citare le mitiche castagnole, palline ricoperte di zucchero anch’esse fritte vuote o riempite di crema, o le frappe, dolci fritti spolverati di zucchero a velo.
Come dimenticare, poi, la pizza onta di Castignano? Questo ennesimo piatto della tradizione viene preparato durante il giovedì grasso, perfetto per celebrare l’abbondanza prima della Quaresima. Si tratta di frittelle povere negli ingredienti, ma ricche di sapore e di grassi proprio perché fritte, per un’usanza che affonda le radici in un tempo in cui, prima del periodo di digiuno e astinenza, si cercava di consumare gli alimenti più calorici e nutrienti a disposizione.
Oggi, le pizze onte rappresentano non solo un simbolo gastronomico, ma anche un momento di festa e condivisione che mantiene vivo il legame con le tradizioni del passato. Appuntamento dunque per il 27 febbraio, a Castignano, con la degustazione delle pizze onte in piazza Umberto I.
Ma non finisce qua, ovviamente. Tra vino rosso locale, vino cotto, mistrà, salumi, fagioli con le cotiche, trippa, frittate c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Con buona pace delle promesse fatte appena un paio di mesi fa…
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