Maria Antonietta Lupi
di Elena Minucci
L’8 marzo non è solo una festa ma è soprattutto una giornata in cui riflettere sul ruolo della donna nella società e sulle discriminazioni che ancora oggi non si esauriscono.
È ciò che emerge dai dati forniti dalla Consulta Pari Opportunità della Regione Marche e dalle parole della vicepresidente, nonché presidente provinciale di Ascoli, Maria Antonietta Lupi.
Festa della Donna l’8 marzo: dottoressa Lupi, è ancora attuale parlarne?
«È più giusto dire non “festa delle donna” ma la giornata in cui si celebrano i diritti internazionali della donna. Chiamarla festa, significa banalizzare un argomento così importante. Nel tempo la donna ha raggiunto molti progressi, ricoprendo posizioni importanti dal punto di vista professionale, ma c’è ancora molto da fare e tanti stereotipi da superare.
In primis, dobbiamo ancora lottare per alcune popolazioni in cui la figura femminile ancora oggi è inferiore rispetto all’uomo. Basti pensare, che in tanti Paesi la donna non è ancora ammessa all’istruzione, è vittima di matrimoni combinati ed è soggetta alle mutilazioni dei genitali. Dobbiamo lavorare tantissimo per portare la donna a raggiungere un livello accettabile».
Pari opportunità non necessariamente significa uguaglianza sociale.
«Come vicepresidente regionale della Consulta, le pari opportunità consistono nell’assicurare la presenza femminile e quindi le pari opportunità a tutti i livelli.
Dobbiamo puntare sulla presenza della donna in tutti i settori, in particolare in quello economico, politico e pubblico. Anche dal punto di vista dell’istruzione, le donne sono più brave rispetto agli uomini, si laureano con voti più alti e in minor tempo. Viene registrata poi una sorta di “blocco” quando, quando finita l’Università, le donne entrano nel mondo del lavoro. Nel momento di crearsi la famiglia e prendersi cura dei bambini e degli anziani, hanno necessità di fare un passo indietro nella progressione della carriera.
Un’importante azione come pari opportunità è quella di attuare delle politiche di conciliazione lavorativa e familiare così da permettere alle donne di riuscire ad affermarsi nel mondo del lavoro ma allo stesso tempo prendersi cura della famiglia.
Abbiamo dei numeri incoraggianti: nei Consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, si registra un +32% della presenza femminile mentre in politica, nei Consigli regionali, le donne sono aumentate dell’8%. Per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile è in ripresa, anche se non raggiunge un livello elevato in Europa considerando che si piazza solo al 109° posto. C’è quindi ancora qualche discriminazione a livello dell’istruzione e della sanità. Se continuiamo di questo passo tra 130 anni si raggiungerà la parità».
Quale è il ruolo della Consulta e quali sono gli interventi portati avanti?
«Con grande impegno, vogliamo sostenere tutte quelle associazioni femminile o quelle che si occupano di problemi femminili. Siamo sempre al loro fianco anche a livello di contributi.
Inoltre, aiutiamo tutte le donne con alcuni focus sulla medicina di genere, un argomento da non sottovalutare. Le donne quando si sentono male non si rendono conto che devono correre al pronto soccorso prima possibile. Prima pensano a sistemare la famiglia. Bisogna far capire quindi, l’importanza della loro salute e le loro esigenze sanitarie. Per questo, insegniamo alla donna a curarsi, prevenire le malattie in modo tale che la donna sia meno ospedalizzata così da dare il suo apporto alla famiglia».
Qualche esempio dei vostri interventi?
«Ad oggi l’infarto colpisce più le donne che gli uomini. È importante quindi insegnare alle donne come prevenire le malattie cardiovascolari e riconoscere i loro sintomi. Un altro punto su cui puntiamo è l’alimentazione: alimentarsi bene può aiutare a prevenire malattie come l’osteoporosi. Grazie anche al Soroptimist internazionale stiamo portando avanti alcuni studi per la prevenzione dell’ osteoporosi e focus per le donne».
Nella giornata di oggi non si può non parlare della violenza sulle donne.
«La consulta non punta solo a educare le donne e le loro esigenze ma soprattutto gli uomini. In particolare, nelle scuole. Anche i bambini devono apprendere le fondamenta basilari, a partire dal riconoscimento delle bambine che non sono di meno dei maschi. Interventi portati avanti affinché si riesca a garantire una pari opportunità assoluta».
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