di Giuseppe Di Marco
La pesca è in crisi: la marineria chiede al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste di aprire un tavolo per la risoluzione delle problematiche che da anni, ma soprattutto da quest’anno, investono il settore, specialmente per quel che riguarda l’attività a strascico.
«Per quest’anno ci saremmo aspettati che tornasse un po’ di mercato – afferma Enzo Raffaele, armatore di stanza a San Benedetto – ma mai come ora abbiamo registrato carenza di pesce, e quel poco che c’è è di taglia piccola. Non riusciamo ad avere ricavi che ci consentano di lavorare: se continueremo così, non vedo come potremo continuare ad andare in mare».
Dati alla mano, è più facile far comprendere le dimensioni della crisi: «Fino all’anno scorso – prosegue l’armatore – riuscivamo a vendere giornalmente tra le 400 e le 500 cassette di pescato. Ora siamo passati a 50. E non è che, se il prodotto è scarso, il suo prezzo si alza e alla fine i conti tornano: la quantità è troppo scarsa e non ci permette di fare risparmi per coprire le spese. Per fare il pieno, con il gasolio sulla soglia degli 80 centesimi, ci vogliono all’incirca 15.000 euro. In parole povere, si parla di una spesa quotidiana di circa 2.000 euro solo di carburante. Poi ci sono le spese di gestione e ovviamente gli imprevisti: come facciamo a far fronte a tutto questo con un guadagno di, diciamo, 3.000 euro?»
Raffaele sottolinea che gli equipaggi sono ancora in attesa della Cisoa, ammortizzatore sociale che darebbe una boccata d’ossigeno non indifferente alle imprese. Il tavolo di crisi, comunque, dovrebbe essere inaugurato la prossima settimana: «Noi chiediamo – conclude l’armatore – un periodo di fermo prolungato per fare in modo che il mare si ripopoli: il tonno, che non si pesca, ha divorato il pesce azzurro e ora penso passerà allo strascico. Nel frattempo ci vorrebbero ristori mensili per consentirci di sopravvivere e tornare in mare non appena sarà tornato pesce a sufficienza».
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