Lupo, figura misteriosa e affascinante: il professor Polìa viaggia tra storia e mito

ASCOLI - Partecipata conferenza alla libreria Rinascita. In cattedra, il professore di antropologia, storico delle religioni di livello mondiale. Dai "lupari" a San Francesco, dalla convivenza con l'uomo alle tradizioni delle nostre zone montane
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di Walter Luzi

 

Lupi e miti. Il professor Polìa riempie come al solito la sala conferenze della Rinascita, anche con la trattazione di un tema controverso. La figura del lupo, visto, attraverso le culture millenarie delle civiltà di ogni continente, come molto più di un animale selvatico, predatore nobile e irriducibile. Ma come figura bivalente e misteriosa, selvaggia e feroce forza del male, e, nel contempo, simbolo di energia positiva, libertà irrinunciabile, indomabile e solitaria indipendenza.

Il professor Polìa

 

Mario Polìa, settantasettenne professore di antropologia, storico delle religioni di livello mondiale, romano di nascita e grande innamorato nel nostro Appennino, affascina ancora accompagnandoci nel suo viaggio attraverso i secoli e le culture. Le mitologie di ogni latitudine, il misticismo di ogni popolo, e gli influssi di segno opposto che hanno sempre segnato il destino di questo meraviglioso animale nell’immaginario collettivo.

 

Un excursus che abbraccia le divinità dell’Olimpo e le mitologie nordiche, le tradizioni delle nostre zone montane e le origini di Roma legate al latte di una lupa. La dicotomia dei ruoli rivestiti ora come apollineo e sacro lupo bianco, luminosa emanazione degli dèi, ora come nero demone guardiano degli inferi. Lupo emblema del caos primordiale, e destinato, secondo culture orientali, a mangiare il sole quando questo diventerà sporco a causa della sapienza che verrà meno, e le stelle cadranno sulla terra. E forse il genere umano, di questi tempi, ci sta andando molto vicino.

Dalla Cappadocia all’Etruria, dai fiordi norvegesi ai colli di Roma antica, dalle foreste germaniche fino a quelle amazzoniche, dove i miti si alimentano del giaguaro, altro predatore fiero come il nostro, il professor Polìa parla anche della convivenza fra uomini e lupi. Specie in concorrenza, fino a quando la sopravvivenza dei primi è stata legata solo alla caccia, e poi via via più difficile, quando l’antropizzazione incontrollata ha invaso anche i territori più remoti, impervi e inospitali, da sempre regni silenti dei secondi. O quando la ricerca di prede li spinge, suscitando apprensioni, sempre più vicini ai centri abitati e, facendo danni, ai recinti degli allevatori.

Uomini e lupi. Favole che non hanno aiutato e che vanno rilette, o riscritte, con altri occhi, altre sensibilità. Paure ataviche senza giustificazioni e poteri sovrannaturali implicitamente riconosciuti. Come le superstizioni medievali che vogliono futuri lupi mannari i bambini non battezzati, o la carne “lupata” cioè di animali morsi dai lupi come portatrice di maligno. O come i brevi, amuleti protettivi e beneauguranti appuntati alle fasce dei neonati, con i più ricercati confezionati, fino a pochi decenni fa, anche dalle nostre parti, proprio con i denti dei lupi.

 

Pagati a peso d’oro ai lupari, cacciatori senza gloria che disseminavano di subdole e micidiali tagliole le nostre montagne per sterminarli tutti i lupi. La scenografia curata dalla scuola di scherma antica Fortebraccio Veregrense arricchisce la scena. Gianfrancesco Torcianti, dell’associazione “Cavalieri del “Mark“, nata nel 2016 per diffondere la passione per la cultura e la storia medievali, oltre che per le opere dell’autore J.R.R. Tolkien, e la divulgatrice Virginia Gidiucci contribuiscono al dibattito. Quest’ultima con una interessante digressione sull’agiografia dei santi delle nostre zone che riguardano anche i lupi. Fiere, in questi casi, ammansite e redente.

 

Come, oltre al celeberrimo Francesco di Assisi anche i, meno noti, Domenico, e i due Amico, di Avellana e di Rambona. Ma a noi piace sentirlo ancora, quell’ululato alla luna che mette i brividi. Immaginarlo sempre fiero e solitario. Di uno spirito forte e libero che è rimasto ai lupi, ma che non appartiene più agli uomini.

 

 


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