Pochi giorni fa, come noto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’imposizione di nuovi dazi sulle importazioni. La misura prevede una tariffa universale del 10% su tutte le importazioni, con dazi aggiuntivi fino al 50% per alcuni paesi con surplus commerciale significativo verso gli USA: nel caso dell’Unione Europea, i dazi sono del 20%. «Siamo preoccupati, come tutti credo – ha affermato il Direttore Generale della Banca di Ripatransone e del Fermano, Vito Verdecchia – per l’applicazione di una misura così drastica, che illustri esperti hanno dimostrato essere sbagliata, innanzitutto perché l’Unione Europea non impone dazi del 40% ai prodotti statunitensi, come invece affermato dal Presidente Americano, e antistorica. È infatti ampiamente dimostrato che, sull’economia mondiale, tali provvedimenti impediscono a ciascun Paese di specializzarsi secondo le proprie efficienze produttive, innalzano i prezzi dei beni importati, penalizzando i consumatori riducendone il potere d’acquisto e portano a una generale inefficienza complessiva del sistema economico globale».
Nella speranza che «questa percentuale, di fatto la più alta nella storia economica recente, superiore anche ai dazi medi del 19,8% imposti dagli Stati Uniti nel 1933, sia mitigata da una concertazione tra gli USA e l’Unione Europea, noi stiamo analizzando l’impatto che, se le cose non cambiassero, avremmo sul territorio». Secondo una recente ricerca del Cerved, che però ipotizzava una percentuale del 25% e che prende in considerazione le esportazioni provenienti dall’Italia, potrebbe verificarsi una possibile perdita di fatturato per il totale delle imprese italiane di quasi 5 miliardi di euro. Ad essere maggiormente danneggiati, sarebbero la farmaceutica (con una potenziale perdita di 750 mio di euro), la cantieristica (280 mio), l’automotive (205 mio), le macchine per imballaggio (140 mio) e il vino (130 mio). Confartigianato ipotizza inoltre che l’Italia possa risultare il Paese europeo più colpito, con una possibile contrazione delle esportazioni verso gli USA del 16,8%.
«Non abbiamo ancora a disposizione – precisa il Direttore Verdecchia – stime sugli impatti diretti e indiretti che tali misure potrebbero determinare sul fatturato e su altre variabili delle aziende del territorio e in particolare di quelle nostre clienti, ma osserviamo con attenzione e apprensione quanto sta avvenendo in queste settimane, in quanto tra i comparti più penalizzati dalle misure ci sono in particolare quello dell’automotive e della viticoltura che indubbiamente coinvolgono molti operatori del nostro tessuto economico locale. Quello che sta accadendo – conclude il Direttore Verdecchia – deve servirci da lezione per il futuro affinché acquisiamo sempre maggiore consapevolezza, come ben evidenziato dal Professor Leonardo Becchetti qualche giorno fa su «Avvenire», dell’importanza delle nostre scelte quotidiane di consumo e risparmio, della cittadinanza attiva e di un equilibrio più diffuso e decentrato».
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