Fusione tra i Comuni, Fioravanti: «Nessuno vuole annettere nessuno, ma è importante iniziare a parlarne»

ASCOLI - A Palazzo dei Capitani l'incontro pubblico per discutere sul tema Fusione dei Comuni. Gli esperti: «Tra 10-15 anni per gli enti locali più piccoli sarà una necessità». Come funziona il processo, cosa cambierebbe per i territori coinvolti e quali sono i progetti nel Piceno
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di Andrea Pietrzela

 

«Oggi non parliamo di iniziare la fusione, ma di iniziare una riflessione a riguardo». Introduce così il tema il sindaco Marco Fioravanti, sindaco di Ascoli, che a Palazzo dei Capitani accoglie il nuovo questore Aldo Fusco e saluta i sindaci presenti di Roccafluvione, Palmiano e Cupra Marittima.

 

L’incontro, pubblico, è utile appunto per sensibilizzare chiunque sul tema e per approfondire opportunità e criticità legati ad un’ipotetica Fusione – si è parlato molto, nell’ultimo periodo, di Ascoli e Folignano – di due Comuni: preservare identità e tradizioni delle singole comunità da un lato, crescere insieme e meglio dall’altro.

Marco Fioravanti durante la conferenza

 

«Ad oggi nessuno vuole annettere nessuno né lanciare fusioni a freddo – mette in chiaro il sindaco – Ma non possiamo rincorrere: dobbiamo affrontare oggi i problemi del domani. L’Istat dice che nel 2050 la gente di Ascoli andrà a vivere sulla costa o nei grand centri. Dobbiamo agire oggi e costruire adesso. Il progetto parte dai cittadini: invece di strumentalizzarlo dall’alto, bisogna parlarne e ragionare insieme. La strumentalizzazione porta l’indebolimento del pensiero critico e del territorio».

 

COME FUNZIONA – Ma come funziona una Fusione? Come spiegano Antonello Barbieri e Guido Benigni, presidente e vice presidente FCCN (Coordinamento Nazionale Fusione Comuni), l’iter in genere parte dalle amministrazioni locali, ma può partire anche dai cittadini (con istanza popolare, cioè raccolta firme), da iniziativa della Regione – che può deciderlo in qualunque momento, ma nelle Marche è obbligatorio passare per un referendum consultivo – o dalle associazioni sindacali di categoria più rappresentative.

Aree urbane funzionali (con i Comuni “attrattori”, poli socio-culturali) nelle Marche

 

Una volta fusi due Comuni, la nuova governance cambierebbe radicalmente, ma le liste attingerebbero sempre dallo stessa popolazione, spiegano i due. «Ciò che toglie la fusione sono i campanilismi, non i campanili». L’unica conseguenza per i cittadini, dunque, sarebbe quella di avere un filo un po’ meno diretto con le istituzioni, soprattutto nei Comuni piccolissimi. Come si scegli il nome del nuovo Comune? Può essere proposto nel referendum e può provenire da partecipazioni o dalle istituzioni. Solitamente si usano nomi geografici.

 

Per quanto riguarda le tempistiche, una Fusione, solitamente, diventa operativa in 4 anni (nei primi 2 anni e mezzo si passa dall’ideazione alla nuova amministrazione). Ma i primi effetti tangibili si possono vedere già durante la prima amministrazione, anche soltanto per quanto riguarda l’uso dei finanziamenti statali riservati ai Comuni nati da Fusioni: per l’ipotetico Ascoli-Folignano, ad esempio, ci sarebbe un tetto massimo di 2 milioni di euro erogato per 15 anni, spiega Luigino Sergio di Unisalento, esperto in Direzione e Governo degli enti locali. «La questione è europea, non italiana o marchigiana. Ovunque i Comuni si fondono e diminuiscono: Germania, Grecia, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia… Se non ci fossero le Regioni, tra 15 anni le Fusioni profilerebbero da sole. Per i piccoli Comuni è una necessità. Per Ascoli, Comune di medie dimensioni, è un’opportunità. Ma tra la necessità e l’opportunità, anche guardando i numeri, non c’è un divario così incredibile», le sue parole.

 

«Vedere Comuni da 30 o 60 abitanti ha sempre meno senso – dice Luigi Contisciani, presidente Bim Tronto, che lavora a stretto contatto con più Comuni – Il tema centrale è lavorare insieme per lo sviluppo di una città-capoluogo».

Antonello Barbieri (presidente FCCN) durante la conferenza

 

LE OPPORTUNITÀ – «La Fusione non è mai un salto nel buio: ci si arriva dopo condivisione, collaborazioni, servizi in comune – le parole di BarbieriIn genere gran parte del lavoro è già fatto: si è già capito che si può lavorare insieme, indipendentemente dalle situazioni demografiche o territoriali. Nel tecnico mi viene da dire che le fusioni funzionano, perché ci sono studi solidi: generano risparmi e migliorano la qualità della vita, secondo Corte dei Conte e Ministero degli Interni. Noi abbiamo intervistato l’80% dei sindaci dei Comuni fusi: difficile da credere, ma il 100% ha fatto sapere che lo rifarebbe e senza cambiare nulla. Il tema merita dunque di essere approfondito».

Gian Luca Gregori (Rettore Università Politecnica delle Marche) durante la conferenza

 

A spiegare come è il Rettore dell’Università Politecnica delle Marche Gian Luca Gregori, che porta dati su delle slide: «Il territorio non è quello che vivi, ma ciò che accade in termini di flussi: cioè dall’attività che c’è – di chi ci vive, chi ci lavora, chi arriva per turismo – e dalla soddisfazione della comunità». Il Rettore mostra numeri, studi e le fasi di una pianificazione strategica, dall’analisi del territorio fino alla misurazione dei risultati,. Ricordando che il tema principale è sempre valorizzare il capitale umano. L’Università, per farlo, ha aumentato i corsi di laurea. «Serve un metodo corretto dal punto di vista scientifico. E che i Comuni imparino meglio a ragionare come collettivo», bacchetta.

Possibili criticità di una Fusione

 

LE CRITICITÀ – Prima di fondersi, ovviamente, bisogna valutare anche gli eventuali contro. Le paure più grandi dei cittadini sono due: la perdita di identità e la perdita di rappresentanza, soprattutto nel caso di annessone ad un Comune più grande.

 

Smentisce tutto Federico Gusmeroli, esperto n Fusione dei Comuni CO-Gruppo: «Il tema dell’informazione è un pilastro: la materia è complessa, c’è bisogno di conoscerla. Spesso ci si trova davanti a falsi miti o pregiudizi: “La Fusione sarà la nostra salvezza” o “un’apocalisse”. Tutto falso. Come farlo è il mito della rappresentanza, soprattutto tra i Comuni più piccoli. La rappresentanza cambia scala, ma non modo e funzioni. Altro falso mito è quello della sparizione del Comune. Invece il campanile resta e anzi, lavorando tanto, viene anche più valorizzato. Ogg nei Comuni piccoli ci sono pochissimi dipendenti e che devono occuparsi di tantissime mansioni. Negli enti locali, invece, ci sarebbero dipendenti pubblici più sicuri, riconosciuti, specializzati. E questo succederebbe anche nelle strutture, con servizi migliori e spalle più larghe. Oggi ci sono tante situazioni di sofferenza e situazioni buone, che però potrebbero migliorare ancora. Parliamo di un’opportunità, non di un vincolo. Ma di qualcosa che bisogna conoscere».

 

«Molti cittadini, associazioni e imprenditori mi hanno chiesto della Fusione negli ultimi giorni – le parole di Fioravanti -. Il bene comune non è solo la sommatoria di abitanti, ma vedere come possiamo mettere insieme progetti, sviluppo ed economia, per valorizzare investimenti pubblici e privati e per uno sviluppo imprenditoriale e politico-sociale. Il Comune di Ascoli è uno dei pochi che ha frenato lo spopolamento di due anni fa: prima andavano via 200/300 residenti all’anno, oggi è l’esatto contrario. Non c’è solo chi torna, ma anche chi sceglie di venire a vivere ad Ascoli. La prospettiva è positiva, non solo per Ascoli ma anche per Comuni del territorio delle aree montane. Ma prima di fondere diamo parola a tutti. Tutto parte dalla centralità delle persone e del territorio di unire l’interesse collettivo all’interesse particolare. Le soluzioni amministrative saranno solo la conseguenza».


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