di Adriano Cespi
Sembrava aver imboccato la discesa finale la pratica ex Carbon. Qualcuno contava già i giorni che mancavano per la firma della convenzione Comune-Restart. E, invece, dopo l’annuncio dell’assessore all’Urbanistica, Luigi Lattanzi («entro febbraio sarà firmata la convenzione»), e la ricapitalizzazione della società, che dagli attuali 12,5 milioni di euro inietterà liquidità fino a 35 milioni, improvvisamente qualcosa si è bloccato. Inceppato. Facendo nascere interrogativi su uno dei progetti più ambiziosi e di ampio respiro occupazionale che Ascoli abbia mai ricordato dalla nascita di Monticelli in poi. Ma cosa impedisce al Comune ed alla Restart di sedersi intorno ad un tavolo e firmare quel contratto? Cosa c’è dietro questo stop inaspettato?
IL MISTERO DI QUEI 7,7 MILIONI DI EURO MAI UTILIZZATI
Tutto sarebbe legato a quei 7,7 milioni di euro che, il 24 marzo del 2017, il Governo stanziò a favore della messa in sicurezza permanente della vasca di prima pioggia e che, come denunciato da Cronache Picene in un articolo del 15 febbraio scorso, incomprensibilmente, nessun ente pubblico (Regione in primis) ha mai utilizzato per far partire i lavori di bonifica e rimuovere quella procedura d’infrazione fatta scattare dall’Europa. Provvedimento nato a causa della presenza di quella pericolosa discarica abusiva, denominata vasca di prima pioggia, che insiste sull’area ex Carbon, tra la vecchia “cittadella” industriale ed il fiume Tronto, proprio sotto il parcheggio dello stadio “Del Duca”. Procedura d’infrazione che all’Italia, ancora oggi, comporta sanzioni di natura economica.
DAL RICORSO AL TAR DELLA RESTART ALLA COMPETENZA REGIONALE DELLA MESSA A NORMA
Ma come nasce la vicenda dei 7,7 mln di euro? Tutto inizia il 26 settembre del 2016, quando la Regione, chiamata in causa dal Ministero dell’Ambiente per la procedura di infrazione europea riguardante le discariche abusive sul territorio italiano, nomina un commissario ad acta nella persona dell’ingegner Spuri che, per decreto, anticipando i tempi del cronoprogramma, avvia il progetto di messa in sicurezza permanente della vasca di prima pioggia. Imponendo, così, alla Restart, proprietaria dell’area, di provvedere a far partire i lavori subito: addirittura entro il 30 novembre. Ma invece delle ruspe, ad arrivare è il primo stop al Piano di riqualificazione dell’intera area. La società, infatti, successivamente alla determina del dirigente del Comune che, di fatto, il 10 ottobre 2016, dà esecutività al decreto del commissario, presenta un ricorso al Tar contestando il provvedimento: come far partire un’operazione di messa in sicurezza senza prima aver firmato una convenzione che prevedesse la ripartizione delle aree e le volumetrie relative alla parte edificabile ricompresa nel Piano di riqualificazione? Tutto, dunque, si blocca. Fino al dicembre 2018, quando le parti sembrano riavvicinarsi (il Tar, intanto, aveva già rinviato la sentenza al giugno 2019), al punto che si comincia a parlare di firma della convenzione e di partenza dei lavori.
LA NOMINA DEL COMMISSARIO PER LA GESTIONE DEI FONDI MINISTERIALI E LA FIRMA DEL PREMIER CONTE CHE NON ARRIVA
E’ il 18 marzo e di convenzione da firmare ancora non se ne vede nemmeno l’ombra. Intanto, però la burocrazia italiana si muove. E viene nominato un commissario ad hoc per la gestione dei fondi ministeriali destinati proprio alla messa in sicurezza permanente della vasca di prima pioggia. Insomma, per rimuovere quei famosi 7,7 milioni di euro congelati da anni. E così, tra annunci del nome del generale Giuseppe Vandalà a commissario e l’attesa per una firma che il premier Conte non si appresta, ancora, ad apporre su quel nome, la domanda a questo punto s’impone d’obbligo: ma se l’intervento di bonifica, come sembra, sarà di competenza pubblica e, quindi, sotto l’egida del commissario, e non più del privato, che aveva provveduto, proprio per questo, a ricapitalizzare la società, il Piano di riqualificazione cambierà volto? E se sì come? Le tre parti, e cioè i 9 ettari di zona abitativa residenziale sui quali la Restart prevede la costruzione di moderne palazzine per 1.500 appartamenti circa; gli altri 9 ettari di parco urbano attrezzato; e, infine, gli ulteriori 9 ettari di polo tecnologico, che, dopo il trasferimento dello stesso all’ex fabbrica Haemonetics, dovrebbero essere destinati a polo scolastico o altro, come saranno ripartiti? E in particolare quelli spettanti al privato, ovvero alla Restart. Ci sarà una drastica riduzione di volumetrie previste per nuove case?
ARRIVA IL SECONDO STOP. QUANTO DURERA’ STAVOLTA?
E così al primo stop sopravvenuto col ricorso al Tar presentato dalla Restart, ecco che un secondo semaforo rosso è pronto ad accendersi. Con l’auspicio che, stavolta, il verde arrivi il prima possibile. Nonostante qualcuno abbia già iniziato a parlare, addirittura, di riassorbimento di 25 dipendenti ex Carbon proprio nel progetto di bonifica. E di corsi pronti a partire. Ma se il generale Vandalà non si è ancora ufficialmente insediato, come si può parlare di lavori? Si sa, del resto, che quando pubblico e privato si mettono davanti ad un tavolo per dirimere questioni delicate come zone da destinare a spazi pubblici o aree da mantenere residenziali, addirittura con volumetrie ridotte rispetto all’accordo iniziale, i tempi di accordo non sono mai brevissimi. Tra la scelta del giorno e la firma da apporre sulla convenzione, infatti, entrano in gioco fattori economici molto importanti. Come le fidejussioni da accendere con le banche (più pesanti se l’intervento di bonifica sarà a carico della società, decisamente più leggere se, invece, i lavori spetteranno al pubblico) o la quadratura del progetto che Restart ha fatto attraverso la realizzazione di quei circa 1.500 appartamenti ricompresi nel piano di riqualificazione iniziale. Un numero più basso andrebbe evidentemente a modificare il piano economico già tarato: e di quanto? Eppure per la nascita del nuovo quartiere Ascoli 21 sembrava tutto fatto.
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