di Franco De Marco
«I banchetti all’interno della Pinacoteca di Ascoli? Si fanno dovunque, è vero, anche se secondo me sono una forzatura. Io però li legherei solo ad un evento culturale». Queste parole di Alessandra Stipa, presidente regionale del Fai, una che per l’arte e la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale si batte ogni giorno, offrono una nuova visione al dibattito, anche feroce sui social, che si è aperto dopo la cena natalizia del Soroptimist tenutasi all’interno della stessa pinacoteca. E’ ovvio che ognuno, favorevole o contrario all’uso mangereccio di sale prestigiose, a un passo da tele di Carlo Crivelli, Cola dell’Amatrice o Tiziano, molto difficilmente cambierà opinione, seppur con ragioni rispettabili. Tuttavia il taglio proposto da Alessandra Stipa rappresenta una sorta di via di uscita di buon senso. E nello stesso tempo fa gli interessi prima di tutto dell’arte poi anche delle casse, nel caso in questione, del Comune. In sostanza, dice la presidente regionale del Fai: siamo contrari alla concessione delle sale per compleanni o matrimoni, favorevoli invece quando si tratta di accompagnare un evento culturale, un convegno, un concerto, una mostra o altro del genere.
«No ad eventi di carattere strettamente personale -ribadisce la Stipa- ma sì a quelli che hanno una ricaduta sul piano culturale. Bisogna sempre mantenere la dignità del luogo d’arte». La cena tanto discussa del Soroptimist, organizzazione senza scopo di lucro che riunisce donne con elevata qualificazione in ambito lavorativo, è stata per la verità preceduta da una conferenza con esperti d’arte al piano superiore. In passato, però, feste personali ci sono state. Il mondo culturale cittadino, su questo argomento, si è diviso. «Le cene all’interno della Pinacoteca? Una ferita per l’arte», sentenzia Gaetano Rinaldi, presidente della sezione di Ascoli di Italia Nostra, pur dichiarandosi favorevole ad una «utilizzazione dinamica» degli edifici museali.
Il direttore della Pinacoteca Stefano Papetti ha ricordato che anche nella Galleria degli Uffizi o nella Galleria dell’Accademia di Firenze, così come in tanti altri musei italiani, i banchetti si svolgono regolarmente. Questi eventi sono stati sdoganati da tempo. Sempre naturalmente con tutte le garanzie del caso per evitare danneggiamenti alle opere d’arte e agli arredi. Nel caso di Ascoli, come ha sottolineato sempre Stefano Papetti, vengono usate le sale in cui le opere d’arte sono più lontane, viene accolto un numero limitato e compatibile di persone, non si consente l’attacco all’impianto elettrico, i pasti vengono preparati all’esterno, il personale è specializzato, eccetera. A monte ci sono le difficoltà nel tirare avanti. Anche se, nel caso di Ascoli, visto che nel 2017 gli eventi sotto la lente di ingrandimento sono stati solo cnque, non è che poi gli introiti siano stati particolarmente significativi. Sintomatica l’affermazione sempre di Papetti: «Nei musei di Ascoli ci sono 15.000 reperti e per i restauri ci sono a disposizione solo 1.500 euro». Insomma si tratta di trovare, dopo la scelta politica di fondo, un punto di equilibrio. Al di là del dibattito sulla cena del Soroptimist, sarebbe opportuna una rivisitazione dei regolamenti comunali per l’utilizzazione delle sale pubbliche. Il caso verrà discusso anche in Consiglio comunale a seguito dell’interrogazione presentata dai consiglieri Francesco Ameli e Francesco Viscione. L’amministrazione dovrà anche stabilire a breve, nel momento in cui, speriamo presto, entrerà in funzione il Teatro Filarmonici, se la platea potrà essere utilizzata per banchetti o meno. Anche su questo, c’è da giurarci, si formeranno i partiti dei favorevoli e dei contrari.
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