di Giuseppe Bommarito (*)
Nella giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito delle sostanze stupefacenti l’ombra della ‘ndrangheta torna a proiettarsi minacciosa sul Maceratese, con tutto quanto ne consegue in relazione alla cocaina che ancora circola in gran quantità dalle nostre parti e alla strage degli innocenti (gli adolescenti sono i più esposti a questo cancro malefico) perpetrata da criminali senza scrupoli, agevolati da norme penali risibili che, anziché contrastare seriamente il traffico e lo spaccio, di fatto lo agevolano.
Il riferimento è all’inchiesta “Last Generation”, gestita e resa nota proprio nei giorni scorsi da Nicola Gratteri, Procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, indagine che, per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, ha portato all’arresto di 24 persone facenti parte del clan Gallace di Guardavalle, ormai egemone in quella zona della Calabria, il basso Jonio catanzarese, dopo una sanguinosa lotta di mafia con i clan rivali Sia, Procopio e Tripodi. Ebbene, nell’ambito delle indagini preliminari Vincenzo Aloi, nipote del capo della cosca Vincenzo Gallace (da tempo in carcere a seguito di una condanna all’ergastolo), viene intercettato mentre parla con un intermediario. In questa occasione il giovane Aloi, ormai leader della cosca per via “ereditaria”, afferma, senza nascondere la propria enorme soddisfazione, che sta vendendo cocaina a chili nelle più importanti piazze di spaccio del Milanese e del Maceratese.
La notizia è importante perché conferma il forte e preoccupante radicamento (altro che semplici infiltrazioni!) nella nostra provincia di diverse ‘ndrine tra di loro collegate e pertanto ancora più pericolose. Va innanzitutto detto che questa ‘ndrina Gallace è da tempo alleata della cosca Farao-Marincola di Cirò (provincia di Crotone), che nel dicembre 2014, a seguito dell’operazione “Quarto Passo” coordinata dalla Dda di Perugia, dovette subire l’arresto di ben 61 aderenti per attività mafiosa svolta in Umbria e nelle Marche, nonché sequestri di beni e immobili per 30 milioni di euro. Sei arresti vennero effettuati tra Civitanova, Potenza Picena e Fermo, tra i quali, proprio a Civitanova, quello di Francesco Pellegrino, uno dei capi dell’organizzazione. Nel luglio 2016 vengono arrestati, sempre a Civitanova, Giuseppe Cerolini e Giovanni Aldo Mellino per un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Macerata per evasione fiscale e truffe tributarie per circa 40 milioni di euro.
Mellino, che si era stabilito da anni a Civitanova, era esponente della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone (anch’essa in stretti rapporti di affari criminali con i Farao-Marincola), che in passato ha operato sulla costa romagnola, tra Rimini e Riccione. Il fratello di Mellino, Francesco, è all’ergastolo per un omicidio compiuto a Riccione ed è stato condannato anche per attività di stampo mafioso ex art. 416-bis c.p.. Giovanni Aldo Mellino è stato invece tempo addietro condannato per traffico di sostanze stupefacenti (la bellezza di una tonnellata di hashish, anni fa sbarcata a Isola Capo Rizzuto, nel crotonese) ed è attualmente, dopo la sentenza definitiva, in carcere. Ma non finisce qui perché nel settembre 2016 viene arrestato a Civitanova Emilio Rossi, esponente della cosca Ferrazzo (pure alleata dei Farao-Marincola) di Mesoraca, provincia di Crotone, genero del capo clan Salvatore Ferrazzo, a seguito di un’indagine coordinata dalla Dda di L’Aquila relativa ad attività mafiosa, con traffico di sostanze stupefacenti e di armi, svolta in varie regioni d’Italia, Marche ovviamente comprese. Rossi risultava residente a Civitanova da anni con la famiglia, dove gestiva un’attività di facciata. In totale 25 arresti e sequestri per milioni di euro.
Non ci vuole molto a capire, quindi, che la simultanea presenza a Civitanova e dintorni di esponenti di rilievo e di notevole spessore criminale delle cosche ‘ndranghetiste Vrenna-Bonaventura, Farao-Marincola e Ferrazzo, tutte del Crotonese, tra di loro collegate e tutte facenti riferimento alla famiglia madre del clan De Stefano di Reggio Calabria, evidenzia un’intesa da tempo esistente tra le stesse nel considerare Civitanova e tutta la costa limitrofa (un “continuum” da Porto Recanati a Porto San Giorgio-Pedaso) come un’importante base logistica di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, di riciclaggio di capitali illeciti e di rifugio per soggetti latitanti, che ha trovato adesso ulteriore conferma nell’ultima indagine – quella da cui siamo partiti – condotta da Nicola Gratteri, più volte a Macerata per dibattiti, senz’altro il magistrato attualmente più a rischio d’Italia per la sua incessante attività di contrasto alla malavita organizzata calabrese.
D’altra parte, vari fattori rendono le Marche particolarmente interessanti per la malavita organizzata di stampo mafioso e per il traffico di droga, che dei vari clan è l’affare criminale più redditizio: il porto di Ancona, luogo di arrivo di importanti carichi di sostanze stupefacenti; l’autostrada che consente collegamenti veloci e rapide vie di fuga; la struttura economica che, specie sulla costa, è ideale per il riciclaggio di capitali illeciti e per varie attività di copertura; l’assenza in regione di una struttura autonoma della Direzione investigativa antimafia (Dia); l’ancora scarsa consapevolezza del fenomeno da parte delle istituzioni, nonostante la tragedia di Pamela Mastropietro e lo spaccato criminale anche straniero che essa ha rivelato; la presenza in loco di centinaia di soggetti extracomunitari (diminuiti solo nell’ultimo anno), costituenti un serbatoio inesauribile di manodopera per lo spaccio a cielo aperto e a ciclo continuo; il numero molto elevato di malavitosi soggiornanti obbligati e di familiari di mafiosi detenuti nelle carceri di Ascoli Piceno e di Fossombrone.
E così la droga arriva a fiumi e seguita ad uccidere dalle nostre parti, senza sosta e senza pietà. L’ultimo morto c’è stato proprio qualche giorno fa a Porto San Giorgio per un’overdose da eroina e ha contribuito a rafforzare il triste primato a livello nazionale delle Marche nel tasso di mortalità per droga. In questo primo semestre 2019, su 111 decessi, ben 8 si sono verificati nelle Marche, con un rapporto di mortalità pari ad 8,3 decessi per milione di abitanti, contro una media nazionale di 2,9 decessi per milione di abitanti.
(* presidente associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”)
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