L’operazione “Tesino” era giunta alla ribalta delle cronache nell’aprile 2015 quando il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, dopo accertamenti patrimoniali e reddituali nei confronti di M.M., noto faccendiere di Grottammare, e la sua famiglia, aveva individuato sostanziali sproporzioni tra il valore dei beni posseduti e i redditi, alquanto esigui, dichiarati negli ultimi 13 anni, corrispondenti a 85.000 euro.
Nonostante un reddito medio annuo di circa 6.550 euro, gli approfondimenti investigativi del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ascoli avevano posto in luce un tenore di vita molto elevato come lussuosi viaggi, auto di grossa cilindrata, abiti costosi, frequentazioni di prestigiosi locali e resort che è stato ritenuti effetto dei proventi di attività fittizie e illecite, che avevano peraltro consentito al medesimo faccendiere di accumulare un patrimonio immobiliare e mobiliare, in parte anche fittiziamente intestato alla convivente.
Le indagini – incentrate nei confronti dell’imprenditore riconosciuto “socialmente pericoloso” in quanto indiziato di gravi reati alcuni dei quali culminati in condanne divenute anche irrevocabili – avevano determinato un solido quadro indiziario posto poi alla base di un primo sequestro del patrimonio, di origine illecita e ingiustificato, disposto dal Tribunale di Fermo nel contesto di una misura di prevenzione patrimoniale, adottata ai sensi del “Codice antimafia”.
Il provvedimento aveva riguardato 4 immobili (tra i quali una lussuosa villa di tre piani, comprensiva di piscina, posta a pochi passi dal lungomare di Grottammare), conti correnti e prodotti assicurativi, per un valore complessivo di 1,1 milioni di euro. Gli sviluppi dell’operazione “Tesino” avevano quindi portato, nel luglio del 2017, all’emissione, da parte del Tribunale di Milano, del “Decreto di confisca” dei beni già sottoposti a sequestro dalle Fiamme Gialle picene, provvedimento poi confermato, nei primi mesi del 2018, dalla Corte di Appello di Milano e, infine, nel corrente anno, anche dalla Corte di Cassazione.
Sono stati gli stessi militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ascoli a dare esecuzione al “Decreto di confisca”, “validato”, da ultimo, dalla Suprema Corte, per effetto del quale l’intero patrimonio di 1,1 milioni di euro è stato oggi definitivamente acquisito tra i beni dello Stato.
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