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Il Cristo torna a casa, tra le macerie:
«Arquata, non ti abbandoneremo mai»
E a Colle la fiammella resta accesa

LA TOCCANTE INIZIATIVA dei ragazzi di Arquata Potest ha riportato la raffigurazione del Santissimo Salvatore, patrono del comune, in piazza Umberto I, laddove molti concittadini non sono più potuti tornare dopo il terremoto di tre anni fa. Un gesto dall'alto valore simbolico. E una promessa: «Qui torneremo a vivere». Dal rilancio della rete sentieristica alla webcam, nonostante tutto non si molla di un centimetro. Il 14 settembre altro momento evocativo, la fiaccolata nella vicina frazione
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Il ritorno del crocifisso ad Arquata (foto di Stefano Piergiovanni)

di Luca Capponi 

Un crocifisso come simbolo. Lo sguardo verso ciò che resta, le braccia aperte a voler stringere i ricordi. E poi una fiaccola che non si spegne. Come la speranza, l’orgoglio, la determinazione: «Qui torneremo a vivere».

Al centro del sisma, nonostante tutto, il futuro è ancora alla portata: «La Rocca rimasta orgogliosamente in piedi rappresenta appieno l’animo di noi arquatani. Mentre il Cristo posizionato in piazza Umberto I, che raffigura il Santissimo Salvatore, vuol far vedere che questa comunità, seppur fisicamente non presente, c’è con il cuore e vigila sulla ricostruzione». Le parole sono di Carlo Ambrosi, vicepresidente dell’associazione Arquata Potest. E’ a questo gruppo di volenterosi e lodevoli uomini che si deve, appunto, l’iniziativa di collocare una copia del crocifisso originale nella piazza principale del capoluogo martoriato del terremoto. Lì dove tanti concittadini non sono più potuti salire da quel maledetto 24 agosto 2016. Arquata Potest, infatti, ha l’onere e l’onore di organizzare la processione in onore del Patrono ed i festeggiamenti correlati. «Un’usanza che non ha mai subito interruzioni, neanche dopo l’epidemia di colera del 1855 -continua Ambrosi-. Tenerla in vita è un segnale per tutti e così abbiamo fatto, non ci siamo fermati neanche nei momenti più difficili. Portare il crocifisso qui era per noi una missione. In questi luoghi continueremo a tornarci e a riportarci la nostra gente, finché il paese non tornerà più bello di prima».

Un momento della cerimonia

La toccante cerimonia si è svolta sabato alla presenza di una piccola delegazione (guidata dai Vigili del fuoco), col parroco don Nazzareno Gaspari a fare da cerimoniere e il vicesindaco Michele Franchi a rappresentare il Comune. I ragazzi di Arquata Potest, e non solo, ci tenevano particolarmente. Come tengono alle mille altre iniziative che continuano a mettere in atto per tenere viva l’attenzione e migliorare, nel piccolo, la qualità della vita in luoghi dove per molto il sole ha faticato a sorgere.
«Tra i nostri progetti più ambiziosi c’è quello relativo al recupero della rete sentieristica di Arquata e frazioni -ribadisce Ambrosi-. L’idea di creare un grande anello che li unisca tutti è giunta a metà dell’opera, c’è bisogno di altro tempo ma l’obiettivo è di completare quanto iniziato. C’è poi il lavoro editoriale che stiamo portando avanti con lo storico Gabriele Lalli. Sono già usciti due volumi, uno dedicato alla torre civica e l’altro al periodo ottocentesco, ed è in progetto il terzo, che vedrà la luce ad ottobre. Si intitola “Settecento arquatano” e ricostruisce la storia del comune in base agli episodi accaduti alle singole famiglie, testimonianze raccolte prima del sisma. Si tratta di un modo per tenere viva la nostra memoria, considerando che una parte dell’archivio comunale è andata persa per sempre».

C’è anche la webcam sempre accesa su Arquata, fruibile sul sito dell’associazione, «e che guarda in direzione del capoluogo per far vedere a tutti la situazione di distruzione e immobilismo in cui ci troviamo».
Infine la chicca, con l’aiuto e la vicinanza agli amici di Colle,  frazione che il prossimo 14 settembre organizzerà un altro evento fortemente simbolico. Trattasi della decima Fiaccolata in onore della Madonna del Chiarino, che partirà dalla chiesa di Santa Maria della Rocca, l’unica di tutto il territorio di Arquata passata indenne attraverso le scosse. Prima, però, ancora più in alto, esattamente ai 1.520 metri sul livello del mare dell’eremo di Sant’Amico, si accenderà la fiaccola benedetta che, una volta arrivata alla chiesetta, accenderà a sua volta tutte le altre e darà il via alla processione. Il programma definitivo della giornata è ancora in fase di stesura. La fiammella invece non ha bisogno di incentivi: in questi luoghi, ne sia dimostrazione lo spirito di chi li abita, continuerà ad ardere per sempre. Senza esitazioni.

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