di Francesco Ameli*
Prima di iniziare qualsiasi riflessione sul tema migranti ed utilizzare sigle che a molti potrebbero sembrare sconosciute, è bene ribadire un concetto che troppo spesso è stato dimenticato e cioè che stiamo parlando di esseri umani. Il fenomeno degli sbarchi, seppur diminuito, non si arresterà da qui a breve. La realtà dei fatti è questa e non la si può nascondere. Farci i conti significa adoperarsi per trovare insieme al tessuto sociale della città, soluzioni utili a tutti. Occorre partire da un dato oggettivo: questo è un fenomeno che non possiamo subire, ma che piuttosto dobbiamo governare. Non aderendo allo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), il comune di Ascoli Piceno ha deciso di subire senza possibilità di un vero intervento, il fenomeno della presenza di migranti in città attualmente ospitati in Cas (centri di accoglienza straordinari, ndr), figli di un bando che non pone limiti ai numeri dell’accoglienza per ogni comune. L’attivazione dello Sprar invece, grazie alla clausola di salvaguardia del Ministero dell’Interno, esenta Comuni aderenti dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza (vedi Cas). Pertanto l’adesione al progetto Sprar da parte del Comune di Ascoli Piceno comporterebbe una diminuzione di circa 80 migranti (oltre il 30%) rispetto agli attuali presenti in città e soprattutto, la progettazione congiunta tra gli enti gestori ed il Comune, consente di far scegliere all’ente locale cosa accade nella comunità cittadina riguardo l’immigrazione e l’accoglienza. Si evita così di far gestire totalmente le scelte sulla città a soggetti non necessariamente del territorio locale, i quali a volte, confondono l’umanità con il business. Un processo di gestione dell’accoglienza che vede al centro il comune di Ascoli Piceno (o comunque l’ente locale) avrebbe risvolti importantissimi in città: rispetto alla quota migrante che andrebbe agli enti gestori (i famosi 35 euro per intenderci), gran parte della spesa andrebbe al personale interno (spesso del luogo), ai soggetti del territorio coinvolti ( manutenzione affitti etc) e ai costi di gestione del progetto. Non vanno certamente in tasca ai migranti! Senza dimenticare che il contributo di 500 euro a migrante che lo Stato eroga al comune ospitante, rappresenta una possibilità di spesa per settori esterni all’immigrazione senza il vincolo di bilancio. Inoltre, i migranti sarebbero impegnati in percorsi di vera integrazione ed in servizi utili al Comune ed ai cittadini (manutenzione patrimonio cittadino, orti sociali a sostegno di famiglie bisognose, percorsi linguistici etc). Tutto ciò ha un costo praticamente nullo, dato che le risorse nazionali coprono il 95% del progetto ed il restante 5% può essere fornito dall’ente locale come servizi. Ascoli ha un’opportunità: dimostrare di svolgere il ruolo di capoluogo di Provincia iniziando un’azione di coinvolgimento anche di altri enti locali, a partire dai comuni dell’Unione della Vallata del Tronto che hanno già annunciato la loro adesione allo Sprar mettendo in campo una rete di “solidarietà istituzionale” che porti all’attivazione delle quote in tutto il territorio per arrivare ad avere “tutti un po’ “piuttosto che quasi la metà dei migranti provinciali presenti nel Comune di Ascoli. Se un maggior controllo sui migranti è possibile, spiace constatare che da parte del Comune, non sia stato ancora realizzato un innovativo regolamento di polizia urbana che recepisca il decreto Minniti, unitamente a lavori di implementazione del sistema di video sorveglianza e l’utilizzo del vigile di quartiere. Queste sono richieste che abbiamo posto all’amministrazione attraverso atti formali.
*capogruppo comunale del Partito Democratico
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