di Luca Capponi
(foto di Pierluigi Giorgi)
La guerra del Kosovo che spazza via tutto: innocenza, candore, sogni. E una bicicletta piena di speranze. Non più tesa al volo libero come in “Et” di Spielberg ma a terra sull’asfalto, come la coscienza dell’uomo. Merce di scambio tra vite stroncate.
E’ andato al commovente “Shok” di Jamie Donoughue il premio più rappresentativo del neonato festival internazionale “Corti di lunga memoria”, che ha visto la sua giornata conclusiva sabato sera 10 novembre in un Nuovo CineTeatro Piceno gremito. Ed è forse il primo e più bel risultato, al di là dei (tanti) meriti di questa nuova proposta artistica: in tutte e tre le serate pubblico numeroso, (anche) giovane, composto e soprattutto partecipe. D’altronde la qualità c’era tutta nei 538 lavori giunti da ben 63 nazioni diverse. Qualità che ha fatto rima con riflessione, approfondimento, analisi di temi spesso ostici.
Come appunto il conflitto che tra il 1996 e la fine del secolo sconvolse lo stato balcanico e che il regista Donoughue, arrivato direttamente dall’Inghilterra per ritirare il premio, ha raccontato nel suo potente short film già peraltro candidato all’Oscar. Vittoria meritatissima.
Gli altri riconoscimenti sono andati all’efficace “The Christmas gift” di Bogdan Muresanu (Romania), che ha vinto il “best narrative”, allo spettacolare e tristemente attuale “Song sparrow” dell’iraniana Farzaneh Omidvarnia che ha vinto nella sezione animazione, e all’italiana Maria Iovine per “In her shoes“, documentario che ribalta la prospettiva femminista in maniera sui generis ma eloquente. Per lo “school short film” vittoria di “Un passo avanti” di Antonella Barbera, Fabio Leone e l’Iis “Da Vinci-Piazza Armerina” di Enna, sulla figura del poliziotto Boris Giuliano, e infine il premio assegnato dalla giuria degli studenti andato allo spagnolo “Ainhoa” di Ivan Sàinz-Pardo.
Fregio speciale, invece, per l’ospite d’onore Giuseppe Piccioni, che ha ricordato dal palco i tempi de “Il grande Blek”. Per lui la lode e il tributo dei giovani che hanno organizzato, bene, il festival. «Gli dobbiamo tanto» conferma il direttore artistico Alberto De Angelis ponendo l’accento su uno dei temi principali del film uscito nel 1987, che lanciò nel mondo del cinema, tra gli altri, gente come Sergio Rubini e Francesca Neri; il distacco, la fuga, l’addio a una certa fase della vita di chi sceglie di andare «e dopo tanti anni non sa bene neanche più a chi appartiene», rammenta lo stesso Piccioni.
Tanti gli spunti di una maratona filmica di quasi tre ore, mai noiosa, e pronta al grande salto. Merito in primis dell’Isc “Luciani – San Filippo” e della lungimiranza della dirigente Vincenza Agostini, che ha saputo trasformare un progetto scolastico in un evento per tutta la comunità, grazie all’appoggio di una serie di partner tra cui spicca la Fondazione Carisap. «Sono stati tre giorni intensissimi, che hanno richiesto un grande impegno da parte dello staff, che ringrazio per l’impeccabile lavoro -spiega De Angelis, encomiabile nella sua opera di tessitura-.
Altrettanto grande è stato l’affetto che il pubblico ha dimostrato: è stata una prima edizione che ha superato ogni aspettativa iniziale, in termini di partecipazione e di capillare coinvolgimento della cittadinanza. Ringrazio Ascoli per avere accompagnato quest’iniziativa dalla prima all’ultima proiezione, per aver omaggiato tutte le meravigliose ed emozionanti storie che il festival, attraverso i cortometraggi in concorso, ci ha lasciato in consegna. Un bagaglio prezioso per tutti noi: come spettatori e come cittadini».
Finalmente, dunque, la città ha un festival dedicato al cinema organizzato con competenza e passione, capace di appassionare e coinvolgere sì le nuove generazioni ma anche diverse componenti cittadine. Un bilancio senza dubbio positivo per quello che era un debutto, non affatto scontato nella sua riuscita. La speranza e l’augurio è che le cento torri si tengano ben stretto questo piccolo grande patrimonio culturale.
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