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Il crinale piceno-aprutino
Paesaggi rurali e panorami
tra il Tronto e il Vibrata

IL TOUR parte dal confine regionale tra Marche e Abruzzo, sul ponte che scavalca il fiume poco prima della foce. Vedute e scoperte lungo la strada che collega i borghi appollaiati sul crinale collinare, arrivando alle porte di Ascoli
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Panorama collinare

di Gabriele Vecchioni

(foto di Francesco Mosca, Slow Bike AP e Gabriele Vecchioni)

Il co­siddetto crinale piceno-aprutino segue la strada panoramica (la provinciale numero 2) che tocca diversi centri, con belle vedute sui due versanti; il tour parte dal confine regionale, sul ponte che scavalca il fiume Tronto poco prima della foce, e segue la strada panoramica che collega i borghi appollaiati sul crinale collinare, arrivando alle porte di Ascoli. In questo articolo non sarà possibile analizzare più di una emergenza, scelta con criterio personale, per ogni realtà; chi volesse approfondire l’interessante argomento, può farlo consultando i diversi lavori relativi al territorio (a stampa e on line), facilmente reperibili.

Il confine regionale passa sul ponte stradale. A destra, l’ultimo tratto del Tronto prima della foce scavalcato dal ponte ferroviario

Il Tronto attraversa la città picena e, dopo aver ricevuto le acque del Castellano, suo principale affluente, percorre, con pendenza e velocità ridotte, una valle alluvionale abbastanza ampia, fino ad ar­rivare alla costa adriatica. Dopo Ascoli Piceno, la valle del fiume Tronto si “allarga”, delimitata da due creste collinari; alla sinistra orografica appartengono le colline marchigiane, a quella destra le a­bruzzesi. La zona è stata area di confine per secoli: fino all’Ottocento, il Tronto separava il Regno di Napoli (a sud) dallo Stato Pontificio (a nord). La Delegazione Apostolica di Ascoli, per il controllo dei confini con il Regno di Napoli, aveva istituito 13 Picchetti (Presìdi) di Finanza in diverse località.  Di questi, ben 7 (più della metà) controllavano un confine di una trentina di chilometri: era­no quelli di Porto di Ascoli, La Stella, Pagliare, Olmo, Ancarano, Maltignano e Castel Folignano.

Bikers davanti al Torrione di Carlo V a Martinsicuro

Giulio Gabrielli, nella sua Guida del Piceno (1889) scrisse che «Nell’epoca dei Comuni però non fu già il Tronto il confine tra lo stato ascolano e Napoli. La fertile valle della Vibrata co’ suoi fiorenti Castelli fu feudo o dominio di Ascoli. […] Sui colli che chiudono alla nostra sinistra questa Valle (dal mare a monte) si veggono alcuni Castelli che nomineremo nell’ordine in cui son posti. Colonnella, nel punto più culminante della catena. Nel suo versante orientale si trovano gli avanzi della distrutta città di Truentum. Controguerra, Ancarano, Maltignano e finalmente Morro, rocca antichissima distrutta, ove ha termine l’altipiano della Valle della Vibrata».

Colonnella

Ma torniamo all’itinerario. A poche centinaia di metri verso sud, in territorio di Martinsicuro, c’è il Torrione cinquecentesco di Carlo V, imponente torre di guardia costiera, in laterizio, con addossata la Casa doganale (qui l’articolo). Dall’area del Torrione si sale verso Colonnella con una strada che, tra campi e vigneti, risale le colline in vista del mare; subito a destra c’è Colle di Marzio, dove ci sono stati ritrovamenti di insediamenti protostorici (Età del Bronzo e del Ferro, secc. XII-IX AC), i cui reperti sono nell’Antiquarium del Torrione. Il borgo sorge su un poggio panoramico; nel Dizionario Geografico ragionato del Regno di Napoli (1797), Lorenzo Giustiniani così lo descrive: «Colonnella, terra in Abruzzo Ultra, in provincia di Teramo, in diocesi di Campli. Ella si appartiene allo Stato di Atri, che è Regno, vedesi in alta collina, distante dal mare due miglia, e diciotto dalla città di Teramo. L’aria che vi si respira è molto salubre e gode di un orizzonte sorprendente, do­mi­nando gran parte dello Stato Pontificio.

La Torre dell’Orologio, a Colonnella

In quelle vicinanze vi fu la città di Truento, eretta dai Liburni, con 50 torri». Il panorama è fantastico: recentemente (2018) Gabriele Di Francesco ha scritto: «A fronteggiare la vastità del mare e delle colline, Colonnella s’erge sul suo cono di verde elevato al cielo in un rincorrersi di vedute mozzafiato. A nord il confine del Tronto si apre all’asperità delle colline marchigiane, a Monteprandone ed alla rocca di Acquaviva, un tempo inquietante sul suo lontano sperone. A sud lo sguardo spazia tra le vastità dei terreni coltivati, delle vigne, dei grani e degli ulivi, tra forre, pioppete e frutteti che abbracciano l’Abruzzo fino al profilo della Majella maestosa, alle spigolose creste del Gran Sasso ed alle montagne dei Fiori e di Campli (G. Di Francesco, 2018».
Colonnella ha una storia antica, ricca di episodi, risalente all’antica Truentum e alle invasioni barbariche; la prima citazione è però nel Cronicon Farfense (sec. X). Appartenne al Ducato di Spoleto ma la sua posizione strategica la rese oggetto di attenzioni diverse: passata al Regno di Napoli, fu venduta (1282) da Carlo III ad Ascoli, sotto il cui dominio rimase per 150 anni.

La valle del Tronto dalle alture di Controguerra

Carlo V la concesse poi a Rosales, barone spagnolo ucciso dai briganti nel 1583. All’inizio del sec. XVII, fu acquistata dagli Acquaviva, duchi di Atri, che la rivendettero, quarant’anni dopo, a Diana di Capua Caracciolo. Nell’Ottocento, dopo la scomparsa della linea di frontiera per la costituzione del Regno d’Italia, perse gran parte della sua importanza “politica”.
Una curiosità. In Contrada Civita, di fronte al mare, spicca un’opera civile risalente ai primi del Novecento, il cosiddetto “Semaforo (della Regia Marina) di Colonnella”, un edificio utilizzato durante le due Guerre Mondiali dalla Marina Militare: era un posto di avvi­stamento e segnalazione delle navi in mare, classificato, nel 1934, come “Stazione suppl­e­mentare per gli avvisi di tempesta”. Dismesso dopo il secondo conflitto, è rimasto per de­cenni in abbandono, ma sempre considerato un punto di riferimento dai cittadini.

Cartolina d’epoca. Porta Nuova (aperta nel 1904) ad Ancarano

Nel centro storico ci sono strette viuzze denominate rue (voce dialettale derivata dal latino ruga). Lungo la strada è possibile apprezzare qualche pinciaja, caratteristica casa di terra della campagna abruzzese (nel territorio colonnellese ne rimangono circa 20).
La successiva tappa è Controguerra. Già abitato in epoca protostorica (resti di capanne del Neolitico), il territorio ha restituito reperti romani e alto-medievali. Il primo documento che cita la località è il Catalogus Baronum (metà del sec. XII). La sua storia è, come quella dei borghi vicini, piuttosto articolata; ricordiamo che è stata legata a lungo alla città di Ascoli.
Di fondazione medievale, il borgo si allunga sugli assolati crinali collinari, circondata da vigneti. Le estese coltivazioni dell’area vinicola si sviluppano sia sui versanti meridionali, meno scoscesi, sia su quelli lungo il confine del Tronto. Controguerra è uno dei cinque comuni della ristretta area di produzione del vino rosso Controguerra DOC, per la produzione del quale è usato il vitigno Montepulciano, l’uva a bacca rossa più coltivata nel territorio abruzzese, presente nella regione fin dal ‘700.

La scultura lignea della tradizione statuaria abruzzese (Madonna seduta col Bambino di Silvestro dall’Aquila 1489)

Nel borgo, oltre ai bellissimi panorami, è interessante vedere il Palazzo Ducale degli Acquaviva di Atri, del quale rimane il torrione che domina la valle. Dopo lo scenografico arco d’ingresso, si entra in un dedalo di stradine dai nomi “indimenticabili” quali Vicolo tortuoso delle volpi e Vicolo Non Plus Ultra. Inoltre, è possibile raggiungere facilmente Corropoli, Nereto e Torano Nuovo, tutte meritevoli, per motivi diversi, di una deviazione.
Il percorso del crinale prosegue verso Ancarano, dove la tradizione vuole sia nato Cecco d’Ascoli. Sarebbe stata fondata sui resti dell’Ancariae Fanum, il tempio dedicato alla Dea Ancaria (assimilabile alla romana Diana), divinità venerata anche dagli Etruschi, protettrice della città di Ascoli; nonostante ciò, lo scudo comunale ha il simbolo “parlante” del­l’ancora. La parte alta era racchiusa da una cinta muraria, della quale rimangono due porte: Porta da Monte, con gli stemmi dei vescovi di Ascoli, signori di Ancarano, e Porta da Mare.
Tra i paesi del crinale, Ancarano è quello più vicino alla città picena, con la quale vanta solidi legami storici: è stato proprietà personale del vescovo di Ascoli (per la donazione di Carlo Magno, confermata nel sec. XII da Lotario III) fino al 1853, quando Papa Pio IX Mastai Ferretti la cedette al Regno di Napoli. Tra i monumenti degni di nota, le chiese della Madonna della Pace e la Madonna della Misericordia, costruita dopo una lunga epidemia.

La chiesa “esterna” di San Rocco ad Ancarano

Nell’edificio moderno di Santa Maria della Pace si trovano diversi arredi provenienti dalla chiesa parrocchiale settecentesca, demolita negli anni ’60 per le gravi lesioni dovute allo scivolamento verso la valle del Tronto. L’opera più importante è senza dubbio il bellissimo gruppo scultoreo ligneo della Madonna col Bambino, di Silvestro dall’Aquila (1489); notevoli anche il crocifisso ligneo del Manierismo napoletano e la Madonna del Rosario (1588) opera della bottega del pittore marchigiano Simone De Magistris.
Prima del centro abitato, poco sotto il livello stradale, c’è la chiesa di San Rocco, legata all’e­pidemia di peste che colpì l’Italia nei primi decenni del secolo XVI; il santo taumaturgo fu proclamato co-protettore del paese, insieme a San Simplicio. Ricordiamo che le chiese dedicate a San Rocco erano posizionate extra moenia, per evitare che i fedeli infetti entrassero in paese, con evidenti rischi di contagio.

Una delle caratteristiche viuzze (le “rue”, anche qui) del centro storico colonnellese

All’inizio, la chiesa fu utilizzata come luogo di seppellimento per appestati e morti di morte violenta, in due fosse comuni, senza distinzione di sesso; l’uso del luogo di tumulazione terminò solo nel 1880, con la costruzione del cimitero.
Da Ancarano, il crinale si dirige verso il fondovalle e arriva a Sant’Egidio alla Vi­bra­ta, borgo antico sorto in un’area contesa, fin dall’epoca dei Longobardi, tra i ducati di Spoleto e di Benevento. Memoria di questi insediamenti barbarici rimangono nel toponimo delle case abbandonate di Faraone (Vecchio), antico feudo di Berardo di Castiglione, in posizione sopraelevata rispetto al letto del Vibrata.
Un bivio conduce a Maltignano, alto su una collina, anticamera della valle del Tronto, che si raggiunge scendendo a Marino del Tronto. Anche qui il paesaggio è quello collinare, tipico delle zone rurali.

La caratteristica scalinata che porta al centro storico di Colonnella. Anche qui, evidenti i danni dell’ultimo terremoto

I paesi del crinale. Dall’alto, Colonnella, Controguerra e Ancarano; nell’ultima foto, a destra sullo sfondo, si intravede la Rocca di Civitella

Colonnella

 

 


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