di Filippo Ciccarelli
Sono tornato nelle Marche come ogni Natale. Nei brevi giorni di ferie tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno, approfitto per passare del tempo con la mia famiglia e visitare i vecchi amici. Uno di questi condivide con me la passione per la montagna e ieri abbiamo deciso di andare a Castelluccio, passando per Forca di Presta, dal versante ascolano. Abbiamo condiviso la strada – passando per il versante ascolano – perché da Macerata la strada che porta a Pian Perduto è ancora chiusa, mentre il valico di Forca di Presta è aperto. Poco male, visto che il mio amico vive a San Benedetto: abbiamo condiviso un’ora e mezza di tragitto insieme. Tornando a casa mi sono ritrovato imbottigliato tra code continue sulla A14: “Coda al chilometro 293”, recitava il cartello luminoso. Senza specificarne entità e lunghezza. In questo stop and go continuo dopo Grottammare e poi dopo Pedaso e poi fino a Porto Sant’Elpidio, ho ripensato con sconforto al pietoso stato infrastrutturale nel quale versa la nostra regione.
UN GIUDICE AD AVELLINO – La cronaca recente ci dice che il motivo dei rallentamenti e del restringimento delle corsie in A14, oltre alla diminuzione di 40 chilometri orari di limiti di velocità nelle gallerie è dovuto ad un giudice avellinese che indaga sulle irregolarità nelle barriere new jersey posti in alcuni viadotti e cavalcavia che si trovano (tra gli altri) nei tratti marchigiani ed abruzzesi dell’A14. Il problema, dunque, sarebbe nell’esecuzione dei lavori. Un problema che ci portiamo dietro, a livello stradale, senza discriminazione di provincia. Alle legittime doglianze degli amici fermani ed ascolani potrebbero fare seguito quelle dei pesaresi. La Fano-Grosseto, la strada dei due mari, il cui simbolo è la galleria della Guinza. Un tunnel il cui scavo è iniziato nel 1989, è stato completato a fatica nel 2004. Una galleria a canna unica, rimasta allo stato grezzo, mai utilizzata e che nell’aprile 2012 finì immortalata dalla popolare rivista “Quattroruote” perché nel frattempo qualcuno ci aveva impiantato una segheria abusiva. Un’opera costata oltre 120 milioni di euro, da rifare perché ci piove dentro e alla quale non si può arrivare perché vanno completati viadotti e opere accessorie. Sei chilometri di galleria che risolverebbero tre quarti d’ora di curve, bypassando il valico di bocca Trabaria (che è stato chiuso per oltre un anno per una frana).
CRISTO SI E’ FERMATO A SERRA SAN QUIRICO – Questo recitava uno dei manifesti mostrati da un aderente al comitato “Indecente 76”. Da Albacina a Serra San Quirico, infatti, i lavori per il raddoppio della superstrada sembrano non finire mai. Si viaggia in carreggiata unica, con un limite di 40 chilometri orari. Lo hanno fatto rispettare, mostrandosi estremamente ligi al codice, una ottantina di cittadini fabrianesi e dell’hinterland, esasperati per un’infrastruttura che ogni anno verrà completata il prossimo.
VENITE A TROVARCI. VOLANDO SU ROMA O BOLOGNA – Insomma, anche gli amici anconetani hanno qualche grattacapo in materia di strade. Però almeno hanno la ferrovia. E l’aeroporto. Già, l’aeroporto. Venduto ad un fondo estero, passa in dotazione una posizione strategica nel cuore dell’Italia e circa 40 milioni di euro di debiti accumulati lasciati in eredità da Aerdorica, il cui azionista di maggioranza è la Regione Marche. A proposito della Regione: a luglio il presidente Luca Ceriscioli esultava perché “l’aeroporto è salvo” e parlava di sviluppo. Pare che proprio sotto Natale siano arrivate 23 lettere di licenziamento per altrettanti impiegati della struttura (su 81 totali). C’è da stupirsi? Non molto. In estate, nel periodo di massima espansione del network di destinazioni, ci sono 12 città da cui si può raggiungere Ancona. Una in Inghilterra (Londra), 3 in Germania (Berlino, Monaco e Dusseldorf, perché comunque gli affari chiamano e una fiera in Germania il marchigiano la fa sempre), Bruxelles, Riga, Vilnius, Kiev e Tirana. In Italia le destinazioni sono Palermo, Cagliari e Olbia. Questa la situazione (quando va bene). Francia, Spagna, Irlanda – paesi dove vivono, per lavoro o per studio, migliaia di marchigiani – non sono contemplati. Fortunatamente pare che dall’estate 2020 ci sarà un collegamento con Parigi (anche questo a tempo: dovrebbe cessare il 23 ottobre). Per cui un marchigiano che volesse tornare a casa o un aficionado della riviera del Conero o della Santa Casa di Loreto o delle grotte di Frasassi o della Riviera delle Palme (gli impianti sciistici sugli Appennini si stanno riparando da soli dopo il sisma ma ci vorrà ancora qualche decennio) può aspettare i mesi caldi oppure comodamente atterrare a Bologna o a Roma nel resto dell’anno.
Eppure, secondo le slide di presentazione reperibili sul sito dell’aeroporto, il potenziale bacino di utenza demografico per l’aeroporto di Ancona è di oltre 3 milioni di persone. Ma allora perché lo scalo è dimesso, i voli sono pochi e per lo più stagionali? Perché l’Emilia Romagna nel giro di 118 chilometri ha 3 aeroporti (Bologna e Rimini attivi e Forlì in fase di riattivazione), con un bacino di poco più di 2 milioni di residenti (contando le province di Bologna, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena)? Perché Ancona da gennaio a novembre 2019 ha avuto 459.431 passeggeri mentre Trieste 727.939? Parliamo di due regioni simili dal punto di vista degli abitanti (noi abbiamo circa 300.000 residenti più del Friuli), entrambe si affacciano sull’Adriatico, una è attraversata da 4 autostrade diverse (indovinate quale), l’altra da una soltanto. L’aeroporto di Pescara – che soffre certamente per prossimità geografica gli aeroporti della capitale più di quanto non possa Falconara – ha accolto 654.888 passeggeri. Sono sedotto anche io dal sex appeal dell’arrosticino, ma da maceratese mi dispiace che le gioie orgasmiche del ciauscolo rimangano poco conosciute.
TUTTI IN TRENO, SU UN’ALTA VELOCITA’ CHE NON CI SARA’ MAI E SU LINEE PROGETTATE DALLO STATO DELLA CHIESA – Va bene, spostarsi in auto non è molto agevole, in aereo possiamo visitare mezza Germania oppure un po’ di Europa dell’est ma anche lì non siamo fortunatissimi: però almeno c’è il treno.
Nelle Marche ed in Umbria, RFI ha all’incirca gli stessi chilometri di linee ferroviarie in esercizio. Abbiamo più o meno gli stessi viaggiatori al giorno, gli umbri hanno 18 km in meno di doppi binari praticamente la totalità della loro rete è elettrificata. Nelle Marche il 69% dei binari è elettrificato (cari Molise ed Abruzzo, ne avete di strada da fare!). Solo che, anche sommando i passeggeri che quotidianamente viaggiano in treno nelle suddette regioni, arriviamo al 61% di quelli che, quotidianamente, scelgono il treno per spostarsi nelle Marche.
Di nuovo il Friuli-Venezia Giulia (per il quale sto provando una certa invidia infrastruttural-logistica), regione con meno abitanti di noi orgogliosi marchigiani, ha più strade ferrate, più doppi binari (uguale meno tempo ad aspettare che l’altra littorina passi, per evitare un antipatico e spiacevole frontale) e più elettrificazione (meno inquinamento). Hanno anche 5 stazioni tra gold e platinum, una ogni 243.000 abitanti (una stazione Platinum è quella con tutti i servizi possibili e immaginabili. Una gold è una stazione che ha comunque una alta densità di frequentazione e nelle Marche sono Ancona e Pesaro. Una stazione silver è Civitanova o Macerata. Una bronze può non aver alcun servizio come biglietteria, servizi igienici o altro. Sono esempi quella di Macerata Fontescodella o quella dell’aeroporto di Ancona-Castelferretti, tanto per far capire a chi arriva com’è l’antifona).
Il futuro, ahinoi, non è roseo. L’alta velocità è una realtà per città come Firenze, Roma, Milano, Verona, Bologna, Napoli e Salerno. Il miracolo dei treni più veloci delle Ferrari è avvenuto sul versante tirrenico, al nord ed ovviamente in Emilia Romagna. Ma tra linee blu (linee alta velocità in esercizio), azzurro chiaro (con limitazione di velocità), verdi (in costruzione) e arancioni (in progettazione), vediamo che anche in Puglia, Calabria e Sicilia potranno sorridere. Perfino i soliti friulani – fortunelli! –. Nelle Marche l’alta velocità ferroviaria non è nemmeno in mente dei – probabilmente scontiamo che la progettazione della Roma-Ancona o della Fabriano-Civitanova sia stata fatta nella metà del XIX secolo dall’allora Stato della Chiesa, ancorché la realizzazione sia stata totalmente eseguita dal neonato Regno d’Italia. Che ai marchigiani ci pensino in Vaticano, insomma.
Insomma, quasi tutti i nostri vicini adriatici e non (gli Umbri sono adriatici ad honorem, visto che Civitanova con il completamento della 77 è ufficialmente porto di Foligno), se la passano meglio. Hanno infrastrutture migliori, con meno treni a gasolio in giro, aeroporti con più passeggeri e movimenti.
LA SOLITARIA A14 – Il mio vanto infrastrutturale era l’autostrada. Le tre corsie, finalmente, da Civitanova verso nord. Poco importa che in Emilia Romagna ce ne passino sei diverse, di autostrade, in Veneto 5, in Friuli 4 (dico, quattro!), perfino l’Abruzzo ne ha 3, due delle quali vanno a Roma (la A24 e la A25). Ma perché, poi in Abruzzo ci sono due autostrade per andare a Roma, che bucano uno dei massicci orografici più impegnativi d’Italia – forse il più impegnativo della catena appenninica?
La risposta che mi sono dato è politica. Nello sport i dualismi ti aiutano a migliorare, ti stimolano a crescere. Nel ciclismo tutti ricordano Coppi e Bartali. In politica l’Abruzzo ha avuto Remo Gaspari e Lorenzo Natali. Non oso nemmeno immaginare cosa abbia prodotto il Friuli, ma penso che si giocherà con l’Emilia Romagna la prima stazione di teletrasporto tricolore. Nelle Marche abbiamo avuto tanti eccellenti politici – pure due presidenti del Consiglio (l’ascolano Tambroni, che è quello che ad oggi ha governato meno giorni nella storia repubblicana, 123) e il pesarese Forlani. Ed oggi vedere una regione che si spezza in due per dei new jersey sequestrati, con uno dei porti più importanti dell’Adriatico sconnesso da un aeroporto tenuto in vita con il defibrillatore ed una rete ferroviaria all’avanguardia nell’800, mi prende lo sconforto. Ho cercato di fare confronti con realtà vicine a noi per prossimità geografica oppure demografica. Quello che non posso misurare è la qualità di chi decide di progettare, realizzare e mantenere in stato decoroso le opere infrastrutturali. Però ho tanto la sensazione che in questo caso le Marche esprimano una classe politica che conta come il due di coppe, quando briscola è bastoni e peraltro chi dà le carte sta giocando a Scala 40.
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