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Arquata, emergenza nell’emergenza
«Siamo abituati, ce la faremo
La forza dei nonni sia da esempio»

EMERGENZA CORONAVIRUS - Nel comune piceno più colpito dal terremoto del 2016 "restare a casa" assume tutto un altro significato. Il vicesindaco Franchi: «Non ci voleva, per noi sarà ancora più dura ma ce la faremo. Per i nostri anziani il sacrificio fu la guerra, spero siano da insegnamento per tutti»
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di Luca Capponi 

Emergenza nell’emergenza. Zona rossa su zona rossa. Non sono giochi di parole ma quanto accade ad Arquata, il comune più colpito del terremoto del 2016 e ancora in attesa di una ricostruzione mai partita. Proprio come il suo “collega” di sciagure, il Coronavirus non guarda in faccia a nessuno. Neanche qui. Dove restare a casa per la maggior parte vuol dire Sae, cioè soluzione abitativa in emergenza.

Le casette ad Arquata (Foto Cicchini)

Emergenza nell’emergenza, appunto. Ma tra le montagne come al solito nessuno si tira indietro. «Siamo abituati, sono tre anni che viviamo la situazione post sisma, è stata dura e lo è ancora -racconta il vicesindaco di Arquata Michele Franchi-. Siamo consapevoli che possiamo superare questo momento con civiltà e rispetto delle regole, come abbiamo sempre fatto. Faremo in modo che si adoperi ancora di più il senso civico che in Italia si sta perdendo; prima di rispettare le restrizioni serviva “sbatterci la testa”, ma tant’è, sono convinto che torneremo presto alla normalità».

Normalità che ad Arquata si fa comunque fatica a chiamare tale, inseguita da quel 24 agosto 2016 e mai più davvero ritrovata. «Certo, tutto questo caos per il Coronavirus non ci voleva, porterà ancora più problemi al tessuto produttivo, economico e sociale -continua il vicesindaco-. La nostra zona già devastata dal terremoto a mai ripartita ne risentirà ancora di più, chiediamo quindi un aiuto maggiore per le persone sofferenti, per bambini e anziani, per le attività commerciali. Occorre attuare un piano di rilancio, dare delle priorità, altrimenti la ripartenza sarà ancora più difficile».

Michele Franchi

«Ribadisco però che ce la possiamo fare, uniti -conclude Franchi- Proprio l’11 marzo era in programma il ricordo dell’eccidio partigiano di Pozza e Umito di Acquasanta Terme avvenuto nel 1944), a cui avremmo dovuto presenziare: credo che la storia dei nostri nonni ci possa insegnare molto in tal senso. Per noi oggi il sacrificio è quello di restare a casa, anche se nelle Sae, ma per loro fu quello di andare in guerra e combattere. Alla fine non ci viene chiesto poi tanto, restare a casa non è paragonabile a quello che fecero tanti anni fa, la loro forza può fungere da monito per superare questo periodo. E mi auguro che sia da monito anche per chi ci governa e per il nuovo commissario Legnini a cui chiediamo di essere presente e di sbloccare ciò che abbiamo chiesto in particolare per i comuni più colpiti dal sisma: come dico sempre occorre fare in fretta e ricostruire il centro Italia».


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