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Deve scontare 12 anni: viene affidato
ai servizi sociali, poi convola a nozze
L’incredibile storia del nigeriano
senza permesso di soggiorno

CASTORANO - Un caso a dir poco kafkiano, emblematico di come, in Italia, vengono gestiti certi casi che riguardano extracomunitari regolari o migranti. Insieme ad altri, il 30enne aveva costretto a prostituirsi e tenuto segregata una ragazza, poi deceduta. La scarcerazione a causa di una patologia dà il via ad una vicenda paradossale
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Una prostituta lungo la Bonifica (Foto Andrea Vagnoni)

di Claudio Felicetti 

Deve scontare 12 anni di galera, ma lo fanno uscire dopo sei mesi perché “in condizioni di salute non compatibili con il regime detentivo”. Anziché rimpatriarlo in Nigeria, poiché espulso dall’Italia e senza permesso di soggiorno, lo mandano ai domiciliari e lo affidano ai servizi sociali, anche se non ha un posto dove andare. Lui ne approfitta per sposarsi e per andare a vivere con una connazionale che ha due figli minorenni e che ha ricevuto lo sfratto.
Una storia che ha dell’incredibile, quella accaduta a Castorano, emblematica di come, nei vari territori della penisola, vengono gestiti certi casi che riguardano extracomunitari regolari o migranti. Situazioni intricate e delicate, con risvolti spesso di natura legale, sociale ed economica, dalle quali risultano evidenti i limiti e le contraddizioni della legislazione vigente e delle convenzioni europee. Sbalordisce, soprattutto, lo scaricabarile tra istituzioni, per cui alla fine tutto ricade in testa ai sindaci, ultimo anello della catena, costretti a far fronte a situazioni complicatissime e a trovare soluzioni impossibili. Senza dimenticare che fatti del genere, purtroppo, alimentano involontariamente (come se ce ne fosse ancora bisogno dopo gli ultimi episodi accaduti) il rancore sociale di certi residenti e la diffidenza, se non l’odio, verso gli stranieri.
La tristissima storia, dai risvolti vagamente kafkiani, inizia quando il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila emette un’ordinanza con cui si dispone la scarcerazione, e quindi la detenzione domiciliare, di un nigeriano 30enne detenuto a Pescara, a causa di una patologia, accertata anche da un medico incaricato dal Tribunale, che “non gli consente di provvedere ai suoi bisogni essenziali”. L’uomo era stato condannato a 12 anni di reclusione dalla Corte d’Assise dell’Aquila, insieme ad altri quattro connazionali e a un italiano, con l’accusa di “tratta e morte come conseguenza di altro reato, oltre che di riduzione in schiavitù e favoreggiamento della prostituzione”. La vittima in questione, una 23enne nigeriana, era stata costretta a prostituirsi lungo la Bonifica, pur avendo un linfoma all’ultimo stadio. La povera ragazza era stata tenuta segregata dai suoi aguzzini, tra cui il 30enne nigeriano, che per tre anni l’avevano costretta a prostituirsi in condizioni orribili e disumane, fino alla morte. Il caso era arrivato alla ribalta nazionale anche perché gli inquirenti erano riusciti a sgominare l’organizzazione criminale che reclutava giovani donne dalla Nigeria per metterle sulla strada.

Su delega del Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, che aveva ordinato la detenzione domiciliare dal 16 dicembre 2016, l’Uepe di Macerata (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) chiede al sindaco di Castorano di prestare aiuto socio-assistenziale al detenuto inserendolo nel nucleo familiare composto dalla presunta convivente, anche lei nigeriana, e dai due figli minorenni di lei, residenti nel Comune della Vallata. Ma l’ufficio anagrafe di Castorano invia all’Uepe uno stato di famiglia in cui non risulta il 30enne pregiudicato. La conferma viene anche dal responsabile delle politiche sociali dell’Unione dei Comuni della Vallata del Tronto, il quale aggiunge che la donna in questione percepisce una pensione di invalidità. Nel frattempo piove sul bagnato e alla donna arriva dal Tribunale di Ascoli anche lo sfratto per morosità.
Nel novembre 2017, l’Uepe vuole informazioni sulla situazione abitativa della donna. A quel punto, il sindaco di Castorano Daniel Claudio Ficcadenti chiede un incontro urgente al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Ancona facendo presente che la delicata questione riguarda un nucleo familiare con due minori, una madre malata e con un’ordinanza di sfratto. Il Tribunale per i Minorenni valuta la situazione, compreso il fatto che l’uomo è privo di permesso di soggiorno a causa dei reati commessi, e il 14 dicembre 2017 affida i due bambini ai servizi sociali al fine di “predisporre un servizio di educativa domiciliare”. Da parte sua, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni chiede al sindaco una dettagliata relazione sulla situazione socio-familiare dei due bambini e sulla capacità genitoriale della coppia, relazione che viene redatta e inviata dal Consultorio familiare dell’Asur di Ascoli.

Il sindaco di Castorano, Daniel Claudio Ficcadenti (Foto Vagnoni)

Nel frattempo, il sindaco Ficcadenti (non proprio facilmente), è riuscito ad avere il certificato del casellario giudiziale del pregiudicato, da cui risultano, oltre ai reati e alle riduzioni di pena, anche le pene accessorie come la “decadenza dall’esercizio della potestà dei genitori” e “l’espulsione dello straniero dallo Stato”. Il 16 gennaio scorso, il documento viene inviato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni insieme all’atto di pubblicazione di matrimonio tra il 30enne nigeriano e la connazionale madre di due minori. Non è dato sapere quali provvedimenti abbia preso il Procuratore in merito.

Sabato 27 gennaio scorso, i due hanno coronato il loro “sogno d’amore” sposandosi in municipio a Castorano. Il sindaco Ficcadenti, ovviamente, ha dovuto celebrare le nozze. A festeggiarli, con tanto di canti e balli, tutta la comunità nigeriana locale.


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