di Andrea Ferretti
Sull’incidente mortale che sabato sera è costato la vita a Divo Coccia, il 59enne di Centobuchi travolto con la sua bici da un’auto il cui conducente non si è fermato dopo l’impatto, interviene l’avvocato Piergiorgio Assumma.
Si tratta di uno dei massimi esperti italiani di omicidio stradale, presidente dell’Osservatorio nazionale vittime omicidi stradali (Onvos), da sempre vicino alle famiglie e alle vittime per far valere i loro diritti. E’ anche docente all’Accademia della Guardia di Finanza e spesso ospite in tv della Rai, di cui è consulente giuridico.
Il legale stavolta interviene dopo quanto accaduto in via Colombo, a Monsampolo, dove è morto Coccia, 59 anni, sposato con tre figli. E dopo l’arresto, compiuto a distanza di poche ore, del 27enne di Centobuchi che è stata rintracciato e arrestato (ai domiciliari) dalla Polizia Stradale di Ascoli, risalita a lui grazie ad alcuni resti della carrozzeria della vettura rimasti sul luogo della tragedia e, soprattutto, alle immagini di una delle videocamere di sorveglianza della zona che hanno portato alla luce il fotogramma in cui la Dacia Sandero di colore bordò transitava non lontano dal luogo dell’incidente, con vetro e carrozzeria anteriore pesantemente danneggiati. Si vedeva anche la targa.
Questo ha permesso al comandante della Polstrada di Ascoli, Luca Iobbi, e ai suoi uomini, di rintracciare il “pirata” che non si era fermato dopo l’impatto, cioè il giovane trovato poi anche positivo all’alcol test.
Per il 27enne si profila il reato di omicidio stradale con l’aggravante della guida in stato di ebbrezza. Ma su questo dovrà pronunciarsi la Procura della Repubblica di Ascoli, che provvederà alla convalida dell’arresto.
La famiglia del povero Coccia è intanto in attesa della restituzione del corpo del loro caro, dopo la ricognizione cadaverica eseguita oggi, per poter organizzare il funerale a Centobuchi, un paese devastato da questa tragedia.
«La fuga del conducente, normata dal 2016 dal nostro codice penale, è uno degli atteggiamenti più vigliacchi che si possano tenere. La stragrande maggioranza degli investitori in fuga – afferma l’avvocato Assumma – si giustifica mediante la percezione di altre cause: “ho urtato qualcosa”, “pensavo di aver preso un animale”.
Questo appare sempre inverosimile, perché nella media delle reazioni umani, quando si colpisce qualcosa, sapendo, quindi, di aver danneggiato il veicolo, quantomeno, si scende per controllare. Anche se, i fuggitivi, non sanno bene che da lí a breve, quasi sempre, saranno rintracciati e identificati. La guida in stato di ebbrezza – spiega il legale – è un atto criminale. La pena cui va incontro l’investitore è da 8 a 12 anni, che sarà aumentata da un terzo a due terzi, per via della fuga prevista dall’articolo 589 ter c.p., con una pena comunque non inferiore a 5 anni».
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