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Rimodulazione del Cas, ai sindaci
indagini e recupero crediti
Borraccini: «Inaccettabile»

SISMA - Piccini (Protezione Civile Marche) spiega il ruolo della dichiarazione che andava presentata entro il 18 maggio, quali i casi più a rischio, a chi spetta scovare i "furbetti" e da che data si deve restituire il contributo. Il primo cittadino di Rotella tuona sull'incombenza che ricade sui Comuni
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David Piccinini e Giovanni Borraccini

 

di Maria Nerina Galiè

Entro il 18 maggio tutti i percettori del contributo di autonoma sistemazione dovevano presentare ai Comuni di residenza una dichiarazione di conferma dei requisiti.

Lo aveva stabilito l’ordinanza della Protezione Civile numero 614 del 19 novembre 2019. La scadenza delle domande era il 18 marzo, poi prorogata di due mesi per il Coronavirus.

Per continuare a percepire il Cas i terremotati hanno dovuto dimostrare di averne ancora diritto. I presupposti, gli stessi contenuti nell’ordinanza 388 del 2016. Chi li ha ancora continua a percepire l’aiuto. Chi no, o non ha ripresentato la documentazione, può trovarsi nella condizione di dover restituire i soldi dalla data in cui ha perso i requisiti.

Il compito di dover rimodulare il Cas spetta ai sindaci. Come pure quello di capire a partire da quando ed eventualmente richiedere indietro l’ammontare del contributo percepito indebitamente.

Lo chiarisce una circolare esplicativa del 13 maggio scorso.

E c’è chi, come il sindaco di Rotella Giovanni Borraccini, grida al «delirio legislativo».

Ma andiamo con ordine.

«La dichiarazione che scadeva il 18 maggio – spiega David Piccinini, responsabile della Protezione Civile della Regione Marche – ha scopo ricognitivo.

Perchè non è possibile che a distanza di quasi 4 anni si continuino ad elargire aiuti anche a coloro che nel frattempo hanno trovato una soluzione abitativa stabile. Il problema, ecco il motivo del chiarimento, non sta nell’individuare la perdita del diritto. Ma capire da quanto tempo questo è avvenuto. E potrebbe trattarsi anche di anni».

Ma quali sono i casi che più degli altri rischiano di trovarsi al centro dell’indagine?

Risponde David Piccinini

«Si tratta principalmente di persone che al momento del terremoto stavano in affitto in una casa poi dichiarata inagibile. E non sono pochi casi.

A distanza di tanto tempo è ipotizzabile che queste famiglie abbiano trovato una sistemazione diversa e stabile. Sempre in affitto.

Oppure hanno acquistato un immobile. Difficile credere che stiano ancora aspettando di tornare nella dimora precedente».

In caso di acquisto, la data del rogito farà fede per stabilire la decadenza dal contributo. Ma in caso di un nuovo affitto, o più di uno: come definire la “stabilità”?

«I sindaci dovranno indagare, cercando riscontri anche attraverso l’incrocio dei dati di ex inquilini e proprietari. Certo non sarà facile, ma necessario».

Perdono il contributo coloro che sono a casa di parenti, senza un contratto di locazione, ma in attesa di tornare nell’abitazione di proprietà?

«Alla base di tutto c’è da capire l’intenzione del percettore. Se è quella di rientrare nell’immobile danneggiato e non ancora pronto».

Cosa accade a coloro che, magari sapendo di non aver più diritto al Cas, non hanno ripresentato la domanda?

«Bisognerà sapere il motivo che li ha indotti a non farlo. Se hanno perso i requisiti, il concetto rimane lo stesso: da quanto tempo?»

I sindaci hanno 180 giorni per rimodulare il Cas. Nel frattempo devono capire a partire da quando c’è stata la perdita del requisito ed eventualmente richiedere indietro l’ammontare del contributo percepito indebitamente.

«Siamo al delirio legislativo» tuona Giovanni Borraccini, che ha anche inviato all’Anci una lettera in cui espone i “paradossi” della circolare del 13 maggio.

E aggiunge: «Penso anch’io che il Cas doveva essere una misura di sostegno ai terremotati e non un stipendio a vita. Ma è necessario fissare una data di decadenza dal contributo.

Non può essere retroattiva, costringendoci per di più a fare indagini e recupero crediti di chissà quanti mesi, forse anni, indietro.

Già il comitato dei sindaci del cratere aveva contestato l’ordinanza di novembre.

Ma quello che ci viene chiesto ora è inaccettabile.

Non abbiamo né i gli uomini né i mezzi – dice ancora Borraccini – per sobbarcarci questo ulteriore impegno».

Quindi qual è il suo auspicio?

«Che qualcuno torni sulle proprie decisioni. Se deve intervenire il Governo, che lo faccia. Che ci vengano dati strumenti per uscire da questa assurdità».

Intanto cosa pensa di fare?

«Per prima cosa devo bloccare il contributo a tutte le situazioni dubbie, mentre saranno in corso le verifiche. Con il rischio di sbagliare obiettivo e vedermi al centro di questioni legali».

La faccenda s’innesca nella delicata fase in cui la nuova ordinanza di Giovanni Legnini, il nuovo commissario per la ricostruzione, lasciava ben sperare verso lo snellimento delle pratiche di ripristino degli immobili danneggiati dal sisma, caldeggiata dai sindaci per alleggerire gli uffici preposti alla materia.

 

 

 

 


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