Il 20 luglio alle 21,30, alla Palazzina Azzurra, è in programma il documentario “La nostra pietra” di Alessandro Soetje sull’imprenditore visionario Daniele Kihlgren e sul suo progetto di recupero del borgo di Santo Stefano di Sessanio in Abruzzo.
Si tratta del primo appuntamento della sessione estiva della 27esima edizione del Premio Libero Bizzarri, a cui presenzierà lo stesso Kihlgren.
Il New York Times ha presentato Daniele Kihlgren, milanese di padre svedese, come “modello imprenditoriale” per come ha recuperato “pietra per pietra” l’antico borgo disabitato di Santo Stefano di Sessanio, per aver dimostrato che “il cemento ha disonorato l’Italia”. Lo definivano “il rampollo rinnegato di una concreta fortuna italiana”: la fortuna di famiglia era stata costruita producendo proprio cemento.
Da tempo, Daniele immaginava di recuperare un borgo di “architettura minore”, privo di cemento. L’idea era ricostituire un posto in cui vivere come 70 anni fa, coi mobili di allora, anche se scomodi, i tessuti fatti a telaio come una volta.
Alla fine degli anni Novanta visita a cavallo della sua moto Santo Stefano di Sessanio, un borgo medievale aggrappato su una cima delle aspre montagne abruzzesi. È amore a prima vista. Intuisce che è il luogo giusto per dare corpo alla sua vecchia idea: restaurare in modo filologico un borgo medioevale in rovina, per fare del paese intero un albergo diffuso.
L’idea è di trarre profitto dalla conservazione del paesaggio anziché, come troppo spesso accade in Italia, dalla sua devastazione. È un’idea buona e funziona.
I turisti accorrono.
Sull’onda dell’entusiasmo Kihlgren comincia a comprare case in altri borghi simili e avvia un progetto analogo nei Sassi di Matera. Il nuovo albergo Sextantio, a Matera è nelle grotte e tanti clienti scivolano sui pavimenti di sasso, eppure, tasso di occupazione e prezzo delle stanze sono superiori a quelli dei vicini grandi alberghi.
L’azienda è cresciuta, ora è in progetto un resort in Ruanda.
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