di Franco De Marco
Guido Castelli, 55 anni, avvocato, sindaco di Ascoli dal 2009 al 2019 per Forza Italia, in precedenza, dal 200 al 2009, consigliere regionale per il Popolo delle Libertà, presidente della Fondazione Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale) dell’Anci, in queste elezioni regionali è la punta di diamante, il pezzo da novanta non solo piceno ma regionale, con visibilità e peso anche nazionale, di Fratelli d’Italia. Fino all’ultimo è stato in ballottaggio per la nomination a candidato presidente ma ha accettato con spirito di servizio la scelta caduta, per valutazioni prettamente interne al partito di Giorgia Meloni, su Francesco Acquaroli. Ha condotto una campagna elettorale capillare. Domani sera venerdì chiuderà un po’ alla vecchia maniera con un comizio nella piazza di Offida alle 22,30 prima del Pd.
Guido Castelli, nel caso di vittoria del centrodestra, lei farà l’assessore, il capogruppo o il semplice consigliere in attesa di scendere in campo alle prossime politiche?
«Io sono al servizio del mio territorio e confido nelle scelte di Giorgia Meloni. Quale che sarà il ruolo, cercherò di essere l’ambasciatore del Piceno ad Ancona».
Il suo mantra elettorale è Il Piceno mai più Cenerentola delle Marche. In che modo però è possibile raggiungere questo obiettivo?
«Mi riferisco soprattutto alla Sanità e in particolare al superamento del modello dell’Asur che deprime il Piceno sia sotto il profilo delle risorse sia delle prospettive. Ritengo che, nella situazione vigente, la formula migliore per la sanità nel Piceno è la costituzione dell’Azienda Ospedaliera Marche Sud articolata su due plessi, ad Ascoli e a San Benedetto. La mia proposta è riqualificare l’ospedale Mazzoni nella sede esistente e realizzare una nuova struttura a San Benedetto. Piceno non più Cenerentola con progetti orizzontali, anche per la cultura, in tutti i territori e coinvolgendo tutti i talenti. Dobbiamo essere capaci di valorizzare la pluralità. Un esempio? La Fondazione Rete Lirica delle Marche che non mortifica le identità ma favorisce la contaminazione».
Rimpianti per non essere stato indicato come candidato presidente?
«Ampiamente superati. Sono perfettamente in squadra. In questa tornata elettorale ci ho messo la faccia, scendendo in campo in prima persona, per evitare qualche legittimo dissapore. Ho archiviato il caso il 10 dicembre».
Quali i principali impegni programmatici per il Piceno sui quali intende concentrare la sua attività in Regione?
«Prima di tutto superamento dell’Asur, poi, ovviamente, rivisitazione dell’intesa generale Regione-Ministero sulle infrastrutture per rafforzare la viabiltà a sud delle Marche con particolare riferimento a terza corsia, pedemontana, Salaria e Valdaso. E’ necessaria una valorizzazione specifica. Sulle infrastrutture il Piceno è largamente deficitario rispetto agli altri territori delle Marche. Per il rilancio del lavoro dico superamento del Consind e assimilazione del territorio piceno a quello dell’Abruzzo per godere delle stesse agevolazioni. E dico contratto di fiume pubblico-privato, per il fiume Tronto naturalmente, tra Marche e Abruzzo, per superare i tanti lacciuoli burocratici».
Il bene e il male della Giunta di centrosinistra uscente.
«Il giudizio è totalmente negativo. Lo ha certificato lo stesso Pd che ha rinunciato a ricandidare il presidente Luca Ceriscioli. Negativo su tutta la linea in particolare sul terremoto per l’inadeguatezza del modello organizzativo. E’ mancata una gestione manageriale degli uffici regionali del terremoto. Sono mancate linee guida e omogeneità. Clamoroso il caso dell’Area di crisi complessa: sono stati assegnati molto finanziamenti ma poi gli investitori non hanno potuto realizzare i progetti per il mancato adeguamento delle norme sull’esondabilità del Tronto. Quando la mano destra non sa cosa fa quella sinistra. La Regione non è stata all’altezza nemmeno per la valorizzazione dell’entroterra che non è un elemento marginale: ci vogliono servizi a cominciare dalla connessione digitale dal Montefeltro al Tronto».
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