di Luca Capponi
Aveva ricominciato la sua stagione, la trentunesima di una longeva tradizione, proprio venerdì scorso col concerto di Mauro Ottolini e della band Ottovolante, in un’atmosfera diversa, ma comunque atta a rigenerare le anime che di musica si nutrono. Tempo due giorni, ed ecco lo stop imposto dal nuovo decreto del governo. Il secondo nel giro di pochi mesi. Niente live fino a nuova comunicazione, causa misure anti Covid.
E il Cotton Jazz Club, unica realtà delle Marche (e non solo) a mettere su una programmazione di qualità da oltre trent’anni consecutivi, ha dovuto come tutti adeguarsi. Interessanti, e misurate, la considerazioni del direttore artistico Emiliano D’Auria sul (delicato) tema.
«Lungi da noi fare polemiche in una situazione complicata come quella che stiamo vivendo, non si può far finta che non ci sia una pandemia in corso e che le persone non siano molto spaventate -spiega D’Auria-. Dispiace però che la musica venga considerata come un qualcosa di non indispensabile nonostante gli introiti che crea e la mole di gente che ci lavora».
«I sacrifici fatti per ripartire sono stati tanti e ritengo sia sbagliato chiudere club, cinema e teatri, luoghi in cui secondo i dati non è avvenuto nessun contagio -ribadisce-. L’impressione è che si siano usati pesi e misure diverse. Stesso discorso per il denaro speso, tanto, che probabilmente nessuno ci restituirà. Di fatto sono quasi due anni che riproponiamo la medesima programmazione, perchè ancora dobbiamo recuperare le date perse durante il lockdown».
Sull’importanza della musica, in special modo di quella dal vivo, i dubbi sono pochi, soprattutto in un momento del genere. «Nonstante la mascherine, durante la serata di venerdì sono riuscito a percepire la felicità di ritrovarsi ad ascoltare un concerto dopo tanto tempo -conclude D’Auria-. Ogni live è come regalare un pezzo di cuore e un piccolo momento di bellezza in mezzo al caos».
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