di Federica Nardi
«Avvieremo una verifica di compatibilità delle linee guida del ministero della salute con la legge 194 perché riteniamo che i consultori debbano essere luoghi di assistenza e approfondimento e non di esecuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Che come previsto da legge deve rimanere in ambito ospedaliero, dove le modalità di ricovero sono demandate al medico e alla direzione sanitaria».
Così l’assessore alle pari opportunità Giorgia Latini durante il Consiglio regionale di oggi ha annunciato le intenzioni della Giunta sul tema dell’aborto. Il riferimento è chiaramente alla pillola abortiva Ru486, che secondo le linee guida aggiornate del ministero può essere somministrata anche nei consultori e in day hospital, senza ricorrere necessariamente al ricovero in ospedale.
L’annuncio, che è in linea con le politiche già attuate in Umbria e Piemonte (seppur con metodi diversi) è arrivato quasi tra le righe durante la risposta a due interpellanze. Entrambe sul tema dell’aborto, anche se con punti di vista differenti. La prima presentata dall’opposizione e in particolare da Manuela Bora (Pd) ha chiesto conto alla regione dell’elevato numero di obiettori di coscienza, chiedendo una piena applicazione della legge 194. Bora ha anche chiesto a Latini di spiegare le sue dichiarazioni pubbliche contro l’aborto. La seconda, di maggioranza con prima firmataria Elena Leonardi (FdI), chiede conto dell’applicazione della 194 nella parte riferita alle politiche a sostegno della natalità e della famiglia.
Latini ha obiettato, rispetto alle polemiche sulle sue parole contro l’aborto durante un’intervista al telegiornale regionale, che «da un messaggio positivo si tira fuori una strumentalizzazione politica. Io ho espresso la mia opinione personale – ha aggiunto – Non ho mai detto che la donna non può scegliere in modo libero. Ognuno può decidere cosa fare della propria vita, anche facendo scelte che io non condivido».
«La mia opinione oggi è anche dire che le istituzioni hanno l’onere di sostenere le donne in questa scelta difficile -continua-. Sia psicologicamente sia economicamente quando serve. Bisogna applicare la 194 nel suo senso originario, con l’individuazione di un percorso che inserisca la donna in un contesto assistenziale, con diverse opzioni, in una vera condizione di libertà. Il consultorio va potenziato e dotato se necessario di ulteriori strumenti per far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza. Questo è l’obiettivo della Giunta. Anche perché stiamo vivendo una decrescita demografica senza precedenti. Quindi servono politiche di sostegno alla nascita. Le istituzioni devono più che mai impegnarsi a promuovere la vita dando alle donne assistenza per scegliere in piena libertà. Il nostro obiettivo è di mettere le donne nella condizione di non vivere la maternità come una tragedia».
A rispondere anche l’assessore alla sanità Filippo Saltamartini, che ha fornito alcuni dati provenienti dal report del ministero: «Nelle Marche tasso di aborti volontari tra i più bassi delle regioni italiane. Anche a livello nazionale le interruzioni volontarie di gravidanza sono in diminuzione e un terzo delle igv in Italia continua a essere a carico delle donne straniere».
«Nelle Marche nel 2019 ci sono state 1.450 interruzioni volontarie di gravidanza rispetto alle 1.537 del 2018 -continua-. Quelle farmacologiche sono effettuate negli ospedali di Urbino, Senigallia e San Benedetto del Tronto».
Nel dettaglio l’anno scorso ci sono stati «122 aborti nell’ospedale di Urbino, 170 in quello di Senigallia, 42 a Jesi, 27 a Fabriano, 105 a Civitanova, 253 a macerata, nessuno a Fermo perché non è possibile (ci sono solo obiettori di coscienza, ndr), 129 a San benedetto, 216 ad Ascoli, 178 nell’azienza Area vasta 2, 136 Pesaro, 42 a Fano, 30 al Salesi». La Regione, ha specificato l’assessore, «si adopererà per il potenziamento dei consultori secondo le linee del Programma obiettivi materno infantile, con particolare riferimento alla mediazione culturale, valorizzando tutte le iniziative che arrivano da associazionismo e volontariato».
Dopo aver ricordato che l’obiezione di coscienza è un diritto stabilito dalla legge, Saltamartini ha poi aggiunto: «A fronte di una denatalità e di un invecchiamento della popolazione marchigiana, sapere che ci sono state quasi 1.500 igv è un dato drammaticamente importante. Dobbiamo tener conto che bisogna valutare che la sfera dell’inizio di una forma di vita abbia una dignità nel nostro sistema. Che la vita umana e la dignità delle persone, naturalmente fin dal concepimento, riveste un elemento di differenziazione tra le civiltà occidentali e quelle di altre Paesi. E nel nostro Paese in particolare per l’elemento di somiglianza del genere umano alla divinità».
È un argomento per l’assessore «su cui dobbiamo molto riflettere per far sì che gli aborti scendano il più possibile. E che la libertà della donna di decidere sulla procreazione sia una volontà corrisposta da pareri e aiuti multidisciplinari che possano evitare un traumatismo sia per la donna, sia per la società».
Bora ha replicato duramente dopo aver ascoltato gli assessori: «Vede assessora, a noi non interessano le sue posizioni personali che non sembravano così dato che diceva che le avrebbe portate in Giunta. Lei Latini, unica donna in Giunta, dovrebbe almeno tentare di essere portavoce di battaglie per la parità di genere e per il diritto di scelta sancito dalla legge 194. Non permetteremo che vengano negati diritti fondamentali alle donne. Non potete permettervi di limitare la facoltà di decidere l’interruzione di gravidanza, né di limitare l’accesso a terapie farmacologiche come la pillola Ru 486».
E a Saltamartini, dopo aver citato la protesta dell’ex sindaco di Cingoli che scaricò un camion di neve davanti alla Regione, Bora ha detto: «Se vi azzarderete a tentare di mettere in discussione la libertà di scelta di noi donne, noi non porteremo sotto la Regione un camion, ma autobus e pullman non pieni di neve ma di tanti uomini e donne che protesteranno contro le vostre decisioni. Come hanno già fatto il 30 ottobre i cittadini polacchi. Come i cittadini dell’Umbria quest’estate. I vostri amici leghisti della giunta umbra che hanno tentato di limitare i diritti sono dovuti tornare indietro. E anche voi sarete costretti a fare marcia indietro perché per fortuna la 194 tutela le donne. Il popolo polacco ci ha dato una grande lezione di civiltà, impedendo il tentativo barbaro dei paesi di ultradestra. Quel sogno che essi cullano e che anche voi non tanto segretamente coltivate: impedire alle donne l’interruzione volontaria di gravidanza. Nascondendovi dietro il Movimento per la vita, volete cancellare la 194, obbligare a ricorrere a mammane e metodi clandestini rischiosissimi. Non ce la farete a riportare indietro la Regione di 50 anni, non realizzerete mai questo vostro sogno perverso».
La seduta del Consiglio regionale era iniziata con il report sulla violenza contro le donne. Il report, con i dati raccolti nel corso del 2019, fotografa il fenomeno attraverso le segnalazioni ai 5 centri antiviolenza, uno per provincia, presenti sul territorio marchigiano. Rispetto al dossier precedente, in lieve calo i contatti, 471 in totale (-11,8%), con in media 6 donne ogni 10 mila abitanti che hanno chiesto aiuto ai Cav, che salgono quasi a 8 nella provincia di Pesaro dove si registra il 30,1% dei casi sul totale regionale.
Il profilo della vittima è molto simile a quello delineato nel 2018. Nel 36,9% dei casi si tratta di donne coniugate, di origine italiana (73%), con figli (70%), diploma di scuola media superiore (49,5%), occupate in maniera stabile (39,6 per cento). Accanto ai 5 Cav operano sul territorio anche 8 strutture residenziali (Case rifugio) che nel 2019 hanno ospitato 108 donne e 11 minori per un totale di 11.949 giorni di ospitalità totali.
Tra gli interventi della prima parte dell’assemblea aperta, quello di don Aldo Buonaiuto, della comunità Papa Giovanni XXIII. «La violenza prima che ricada sulla donna è una mentalità molto antica -ha spiegato-. Poi il profanare la donna diventa un’azione che ci inorridisce, ma purtroppo non sempre in tutti i casi. E il mio riferimento è alle vittime di tratta, di sfruttamento sessuale. Non posso non avere davanti agli occhi le tante donne che abbiamo soccorso, fatte scappare dalle strade dal racket della prostituzione. Questa violenza sulle donne cela una mentalità criminale, una pretesa malata».
«Molti maschi, non li chiamo uomini, di giorno condannano la violenza sulle donne e di notte vanno a comprare la carne di queste ragazzine. E anche nel mondo politica c’è un ritornello che rileva profonda ignoranza: “E’ il lavoro più antico del mondo, lo vogliono fare”. Con questi beceri slogan non si fa che dimostrare la propria bassezza. I primi sfruttatori – ha aggiungo don Aldo Buonaiuto – sono coloro che chiedono il mercato. E sappiamo che non c’è offerta che possa avere successo se non c’è una grande richiesta. Parlare della violenza sulle donne e dimenticarsi di queste donne è una giustizia insopportabile. Diceva Martin Luther King: “Io non temo la cattiveria dei malvagi, ciò che temo è il silenzio degli onesti».
E toccato poi alla consigliere Elena Leonardi, come relatore della IV Commissione assembleare permanente, fornire qualche dato del Rapporto.
«Sono 1.008 le donne che hanno contattato i Centri Anti-violenza delle Marche nel 2019 – ha evidenziato – di cui 471 lo hanno fatto per la prima volta e 70 solo dal maceratese. Questi numeri però – prosegue – sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che va contrastato alla base. Un fenomeno insidioso e subdolo che affligge la nostra società».
Secondo la consigliera di FdI, infatti, il problema sta soprattutto nel contrasto culturale alla violenza sulle donne: «Va rotto il meccanismo che lega la vittima al suo carnefice ed è per questo che l’impegno collettivo è una priorità assoluta – La Regione svolge un ruolo importante nel contrasto alla violenza, intervenendo sia coi centri anti-violenza che con le case di accoglienza. A questi interventi, però, bisogna affiancare altri provvedimenti per tutelare non solo le donne, ma anche i loro figli che sono altrettanto vittime di violenze tanto fisiche quanto psicologiche. Serve inoltre una protezione adeguata anche per chi deve intervenire a tutela delle vittime delle violenze domestiche”».
Dopo gli interventi di Simona Lupini (M5s) e Manuela Bora (Pd), che hanno parlato soprattutto delle criticità da superare per rendere ancora più efficiente il sistema di prevenzione e assistenza per donne vittime di violenza, sono intervenuti gli assessori regionali Giorgia Latini (Lega) e Filippo Saltamartini (Lega) e il governatore Francesco Acquaroli per le conclusioni.
«Il dato che ci deve far riflettere – ha sottolineato Latini – è che questa violenze avvengono per la maggior parte all’interno della famiglia e qui nasce il problema della denuncia, questo uno dei motivi per cui c’è tanto sommerso e le donne hanno paura a denunciare. Si ha paura a denunciare, invece è cosa che deve essere fatta ai primi accenni violenza. Bisogna combattere gli stereotipi – ha aggiunto – scardinare questo fenomeno con continuità e stabilità di servizi. Alla base di tutto ci deve essere un cambiamento culturale a partire dalle nuove generazioni. Questa giunta si farà promotrice di tutto ciò».
Anche Saltamartini ha confermato la volontà di incidere maggiormente con il nuovo piano socio-sanitario. «Non possiamo pensare che questo fenomeno possa essere affrontato solo dal punto di vista laico, ma bisogna adottare quei valori etici che richiamano alla famiglia naturale, costituta nel modo che sappiamo. Io credo – ha aggiunto che i nostri centri antiviolenza non siano in grado di gestire da soli questo fenomeno, quindi da gennaio metteremo mano al piano socio sanitario per affrontare anche questo fenomeno».
La conclusione di Acquaroli: «C’è bisogno della formazione di una grande coscienza che ci faccia prendere atto e ci responsabilizzi tutti, perché le conseguenze saranno importantissime se non sapremo denunciare questo fenomeno, isolarlo e prevenirlo. E di farlo con la consapevolezza che questi tipi di comportamenti hanno conseguenze devastanti nella persona, nella famiglia, nella società, nelle generazioni future».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati