di Andrea Ferretti
E’ morto Renato Campanini. A distanza di 26 anni dalla scomparsa del Presidentissimo Costantino Rozzi, se ne va un altro simbolo del grande Ascoli che, in pochi mesi, passò dall’anonimato della vecchia Serie C ai fasti della Serie A quando ancora a giocare nella massima serie erano solo sedici squadre.
E’ scomparso all’età di 82 anni, compiuti pochi giorni fa, nella sua casa di Pieve di Cento (Bologna) dove era nato e dove viveva con i suoi figli Leopoldo e Giammaria dopo esser rimasto vedovo diversi anni fa.
Campanini è stato una pietra miliare della storia bianconera. Bomber irraggiungibile con i suoi 76 gol che contribuirono a portare in alto prima la Del Duca Ascoli, che dopo la prima promozione in B del 1972 divenne Ascoli Calcio.
Fino a qualche anno fa, prima dell’esplosione definitiva di gente del calibro di Totti, Del Piero e Baggio, era il calciatore italiano ad aver segnato il maggior numero di gol in carriera, tra Serie A, Serie B e Serie C.
Quest’ultimo campionato lo vide capocannoniere più volte, con maglie diverse, anche prima di indossare quella bianconera.
Contribuì in maniera determinante a portare l’Ascoli ai libelli più alti del calcio italiano. Lui in campo con i suoi gol, Carlo Mazzone (suo vecchio amico con il quale si era più volte scontrato in precedenza, entrambi calciatori, sui polverosi campi del girone meridionale della vecchia C) in panchina, il Presidentissimo in cabina di regia.
Lo piange Ascoli, non solo sportiva. Lo piangono tutti i tifosi con i capelli grigi ma anche quelli più giovani che hanno vissuto le gesta di “Faccia da gol”, detto anche “Faina”, attraverso i leggendari racconti di padri e nonni.
Il calcio è in lutto per questo ex ragazzo dalla pelle scura come un africano che terrorizzava le difese di tutta Italia e non faceva dormire i difensori avversari che sapevano di doverlo affrontare in campo il giorno dopo.
Su Campanini è stato detto, scritto e raccontato di tutto, ma mi piace ricordarlo d’estate, con la sua sua presenza puntuale all’Hotel Giancarlo di San Benedetto, dove trascorreva le vacanze da mezzo secolo, prima con moglie e figli piccoli, e poi da solo fino a che le forze lo hanno sostenuto.
L’ultima volta gre estati fa, quando puntualmente arrivava in treno in Riviera per concedersi qualche settimana di relax. Era rimasto legato molto ad Ascoli e all’Ascoli, ma aveva tanti amici anche a San Benedetto: pure lì aveva giocato e segnato.
L’appuntamento era ormai fisso. Con mio fratello Bruno, suo grande amico, e con i nostri amici di sempre Lino Manni e Walter Luzi ci incontravamo al ristorante-pizzeria “L’Airone” di Porto d’Ascoli. Era sempre una festa. Un fiume in piena fatto di aneddoti, ricordi e battute.
Da un paio di anni le sue condizioni di salute si erano aggravate, e all’alba di oggi, l’ultimo giorno dell’anno più maledetto di sempre, Renato ha salutato tutti lasciando nello sconforto i figli, tutti i familiari e tutti quelli che lo hanno amato come uomo e come calciatore.
Da Ferrara – giovanissimo esordì in A nella Spal – a Mestre, dal Padova alla Sambenedettese, dal Prato alla Reggiana, dal Cosenza al Brindisi, all’Ascoli. Poi il ritiro, ormai quarantenne, e gli ultimi calci (conditi dalla solita montagna di gol) nei dilettanti con la maglia della sua Centese.
La città di Ascoli e l’Ascoli Calcio lo hanno ricordato spesso. Ad ogni occasione importante lui c’è stato sempre.
Addio “Faccia da gol”. Impossibile dimenticarti. Riposa in pace.
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