di Piersandra Dragoni
Siamo abituati a dare una interpretazione esclusivamente negativa al termine “crisi” perchè dimentichiamo di considerare che nella sua accezione originaria significa letteralmente “scelta”: un tempo di crisi come quello che stiamo vivendo a livello mondiale e locale è dunque un tempo di scelte, grandi e piccole, che determineranno il futuro di tutti. Il nostro territorio, già in difficoltà per i contraccolpi degli eventi sismici del recente passato, sta soffrendo le conseguenze della pandemia più di altri e sarà necessario un impegno comune per costruire il Piceno che verrà. Anche le aziende, nell’affrontare le ricadute economico-strutturali delle misure di contenimento del contagio, sono chiamate a fare la loro parte nel processo di cambiamento in atto e ne abbiamo parlato con Simone Mariani, amministratore delegato del Gruppo Sabelli e presidente di Confindustria Centro Adriatico, associazione che raggruppa oltre 700 imprese.
Transizione 4.0: è questa la strada che si deve percorrere per lo sviluppo del Piceno?
«Assolutamente sì. In un contesto così mutevole e imprevedibile, è strategico praticare a tutti i livelli la c.d. open innovation: favorendo, ad esempio, le integrazioni tra le numerose start up innovative locali e le imprese già consolidate sui mercati, rafforzando le sinergie tra il sistema della formazione e i poli produttivi, valorizzando i Digital Innovation Hub, autentici soggetti abilitatori dei nuovi paradigmi digitali. Maggiore sarà la nostra capacità di decodificare e tradurre, dentro e fuori le aziende, l’alfabeto della c.d. Transizione 4.0 e maggiore sarà lo sviluppo.»
Capitale tecnologico e capitale umano, che ruolo hanno nell’industria 4.0? Sono risorse in conflitto fra loro o sono complementari?
«La conoscenza e le competenze sono risorse preziose ed indispensabili per cogliere le molteplici opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Il capitale umano è il valore aggiunto di questa nuova era, in grado di fare la differenza e far vincere le sfide della competitività alle imprese e dell’attrattività ai territori. Oggi conta innovare, certo, ma ancora più conta saper innovare, cioè saper introdurre e gestire con efficienza e rapidità l’innovazione necessaria.»
A una industria 4.0 deve corrispondere una associazione 4.0: come cambia Confindustria Centro Adriatico?
«Il cambiamento era già partito in epoca pre-Covid: nel 2019 abbiamo lanciato, con il contributo della Camera di Commercio delle Marche, il progetto «Leadership e Innovazione» per favorire la contaminazione innovativa tra le imprese attraverso il confronto e l’emulazione delle migliori esperienze imprenditoriali. Il tutto anche tramite piattaforme telematiche, definite di action learning, che permettono una interazione continua con l’utente. E’ una iniziativa 4.0, diventata una best practice a livello nazionale, che ha riscosso un incredibile successo tra gli imprenditori del nostro territorio: basti pensare che oltre 200 imprese hanno partecipato da remoto al primo Digital Boot Camp. Posso sottolineare con orgoglio che i nostri imprenditori stanno affrontando con passione, responsabilità e determinazione le grandi turbolenze e le enormi incertezze che oggi caratterizzano l’economia, dimostrando una resilienza davvero unica.»
Com’è il Piceno che vorrebbe il presidente di Confindustria Centro Adriatico?
«E’ uno smart-land, integrato e interconnesso, fondato sulle competenze, calamita per nuove iniziative imprenditoriali e volano per l’occupazione.»
E come lo costruiamo il Piceno smart-land?
«Muovendoci tutti uniti, concentrando le prossime ingenti risorse comunitarie per creare alleanze strategiche, network solidi ed efficienti tra i nodi d’eccellenza e tutte le altre imprese. Puntando sulle produzioni ad alto valore aggiunto, investendo sempre di più e meglio in nuove tecnologie, coniugando l’innovazione con la sostenibilità ambientale. E coinvolgendo stabilmente in un ecosistema virtuoso Istituti tecnici superiori – vere scuole delle imprese che devono diventare le scuole del futuro, se vogliamo davvero rilanciare la nostra economia – Università e Centri di ricerca, perchè non è un caso se le regioni europee che oggi crescono di più sono proprio quelle che hanno messo al centro delle politiche industriali le imprese insieme alle università, le officine produttive insieme alle fabbriche della conoscenza.»
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