di Piersandra Dragoni
La domanda che ci è stata posta dopo la pubblicazione dell’intervista al professor Stefano Papetti è: la cultura può davvero svolgere un ruolo strategico nello sviluppo del nostro territorio? La perplessità è legittima e la domanda è niente affatto peregrina tanto più che la candidatura di Ascoli a Capitale della cultura per l’anno 2024 per ovvie ragioni pone tutto il comparto-cultura al centro dell’attenzione dei politici, degli amministratori, degli addetti ai lavori e di noi cittadini. Ci eravamo impegnati a dare la parola a due imprenditori che operano da anni nel settore dando lavoro e «producendo cultura», è la volta di Marco Corradi titolare del Gruppo FAS, gruppo che si occupa di editoria, comunicazione, digitalizzazione, ricerca storica e progettazione culturale.
La cultura, intesa come comparto, può generare sviluppo e occupazione?
«La cultura genera da sempre attività imprenditoriali, pensi alle botteghe dei grandi maestri dell’arte molte delle quali erano vere e proprie imprese. Il periodo che stiamo vivendo ha messo a dura prova il settore culturale nel suo complesso che ancora è il meno considerato di tutti, ma al di là della situazione contingente sono convinto che la cultura sia una parte sempre più importante della nostra economia. Occorre però non commettere l’errore di pensare che basti ciò che abbiamo, che possiamo “campare di rendita”. Questa convinzione può recare danni irreparabili. La cultura si alimenta solo ed esclusivamente con lo studio, occorre ad esempio consentire al giovane artista di realizzare nuovi modi espressivi, come occorre consentire al “topo d’archivio” o al restauratore di valorizzare e conservare rispettivamente il patrimonio archivistico e artistico che abbiamo ereditato. Solo così possiamo mantenere ed esaltare l’ingente patrimonio che caratterizza il nostro Paese»
Come mai fra le tante opportunità ha scelto di dare vita a una impresa che produce cultura?
«Perchè ho voluto seguire le mie passioni, così da dodici anni mi occupo di editoria e di ricerca storica cercando di fare impresa nonostante i tempi perigliosi»
La cultura è un elemento fondamentale non solo di crescita individuale ma anche collettiva.
«Certo! Le porto come esempi due esperienze dirette, la prima da editore: alcuni libri che ho pubblicato sono stati utilizzati per realizzare trasmissioni televisive su emittenti nazionali, altri sono diventati opere liriche che prossimamente saranno portate nei teatri di tutt’Italia, un testo teatrale sta per essere messo in scena in occasione delle celebrazioni per il quinto centenario della nascita di Papa Sisto V, infine alcuni testi frutto delle mie ricerche stanno facendo nascere piccoli musei. Immagini l’indotto creato e anche il numero di appassionati che hanno seguito e seguiranno queste iniziative. Secondo esempio, esperienza da ricercatore: la Fondazione Carisap ha finanziato l’importante progetto Restauri e devozione, realizzato dall’Università di Camerino, grazie al quale sono state restaurate opere d’arte ed è stato condotto uno studio sul loro valore storico, artistico, sociale e devozionale per il territorio di provenienza, bene: la cooperazione di studiosi di diversi ambiti ha portato alla scoperta di veri e propri tesori dimenticati, sono state coinvolte molte le attività e, soprattutto, è stato eccezionale il valore recuperato e riconsegnato alla comunità»
L’impresa culturale può contribuire a vivacizzare il territorio e a renderlo più attrattivo?
«Sono convinto che per l’Italia e per il Piceno il moltiplicarsi di imprese culturali sia fondamentale per far crescere l’interesse verso il territorio. Lo sviluppo turistico, per esempio, non può fare a meno di imprese culturali e di proposte sempre più qualificate, proposte dalle quali poi prendere spunto per proporre itinerari ed eventi che intercettino un numero sempre maggiore di persone anche e soprattutto dall’estero. E’ innegabile che la produzione culturale sia alla base del turismo culturale»
La pandemia ci ha tolto molto e ci ha costretti a escogitare modi diversi di fare e proporre cultura, rimarrà qualcosa?
«Di certo la pandemia ha segnato l’ingresso, piuttosto prepotente, del web nelle attività culturali anche se non sono del tutto convinto che il suo utilizzo perdurerà in molti ambiti, credo piuttosto che potrebbe rimanere come un’opzione da scegliere. Mi spiego: di fronte ad un’offerta culturale si potrà scegliere se seguirla dal web o in presenza. Ma personalmente credo che il piacere di stare in teatro, di perdersi in un museo o di ascoltare l’autore di un libro e scattare un selfie o avere una dedica non potrà mai essere sostituito dal web»
Ascoli Piceno è candidata a diventare Capitale della cultura 2024: su cosa dobbiamo puntare per ottenere il riconoscimento?
«Su cosa puntare? Sulla poliedricità della città. Sarà necessario far conoscere tutti i suoi aspetti, anche e soprattutto quelli meno noti, e per questo sarà fondamentale mettere in rete più persone più enti e associazioni possibili, chiedendo a tutti contributi di qualità e idee innovative per ampliare l’offerta culturale. Sarà sicuramente una meravigliosa esperienza, un incentivo alla cooperazione tra tutte le realtà cittadine: più questo accadrà e più la vittoria sarà facile da raggiungere»
Com’è il Piceno che vorrebbe?
«Da appassionato di storia vorrei un Piceno all’altezza della sua e meno dedito ai piccoli interessi di bottega, ai campanili, ai personalismi. Vorrei un Piceno pieno di grinta per affermarsi sul palcoscenico nazionale e internazionale con l’apporto, le esperienze e le energie di tutti. E un Piceno più connesso: perciò spero nelle infrastrutture che si stanno programmando e che sono vitali per il territorio»
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