di Luca Capponi
Se ne è andato Sergio D’Auria. Ascoli saluta uno dei suoi figli prediletti. Imprenditore classe 1936, anima poliedrica, musicista, pioniere, giramondo: impossibile definirne appieno talento e umanità. Di sicuro ci mancherà tanto, il buon Sergio.
Sergio D’Auria, al centro, riceve il premio alla carriera del Cotton, nel 2018. Con lui Sandro Avigliano e Aldo Premoli durante la premiazione (foto di Pierluigi Giorgi)
La malattia che lo minava ormai da anni alla fine non gli ha lasciato scampo. Aveva lottato e non si era mai dato per vinto, affrontando tutto con la sua forza e la sua ironia, che gli consentiva di stemperare anche le situazioni più dure. Nelle ultime ore, purtroppo, il peggioramento fatale.
Difficile raccontare una vita così piena. Su tutto, non si può non citare la sua mitica carriera musicale, che lo portò a girare il mondo negli anni ’50 col suo inseparabile contrabbasso, seguendo il sacro fuoco del jazz, esibendosi nei live club (ed incrociando la strada con gli allora sconosciuti Beatles), fino all’attività imprenditoriale che lo portò a creare, nel 1966, quella che poi sarebbe diventata una grande realtà del settore tipografico, oggi nota come D’Auria Printing Group.
Al tempo stesso Sergio non ha mai mollato la musica. Sarebbe stato impossibile dividerli. Tra le tante cose, ecco la sua creatura più visionaria: il Cotton Jazz Club fondato insieme a un gruppo di amici nel lontano 1990. Una realtà che ancora oggi porta avanti la sua idea di sound e qualità.
Sergio lascia i figli Emiliano e Cristiano (la moglie Rita era scomparsa qualche anno fa), il fratello Silvano, gli amati nipoti. Oltre a uno stuolo incredibile di persone che gli hanno voluto bene, tra cui chi scrive. Fa buon viaggio, caro vecchio amico.
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