La notizia dell’uscita di Comunanza dall’Unione dei Comuni dei Sibilli, 6 del Fermano e 5 – ora 4 – del Piceno, ha colto tutti un po’ di sorpresa. Ecco le prime reazioni.
di Riccardo Treggiari ex Sindaco di Amandola
Comunanza esce dall’Unione Montana dei Sibillini: condivido tutte le motivazioni del sindaco Cesaroni, a supporto della drastica decisione, ma gli rivolgo la preghiera di rimanere a bordo, per non recidere definitivamente ogni possibile discorso costruttivo per il nostro territorio. Ha ragione Cesaroni quando parla di Ente inutile e vuoto di funzioni. E’ la formula dell’Unione che non funziona, dove ad ogni Comune corrisponde un voto, indipendentemente dal numero degli abitanti.
E’ stato così che, in passato, bastava che quattro amici al bar progettassero la spartizione delle poltrone e chi ne faceva le spese erano sempre i due Comuni maggiori, Amandola e Comunanza, quasi il 50% dell’intera popolazione: quasi mai insieme in Giunta, uno dentro l’altro fuori.
Fu per questo motivo che, anni or sono, nacque l’idea della Città dei Sibillini: fusione dei Comuni maggiori e successivo ingresso degli altri, con pari dignità, una volta che tutti gli abitanti si fossero trovati in un unico Comune, pur distinto nei vari Municipi. Comunanza aderì all’idea nella quasi totalità del proprio Consiglio Comunale. Amandola o, meglio, la maggioranza consiliare, in una partecipata assemblea all’Auditorium Virgili, di primo acchito, per bocca di due assessori presenti, diede il proprio consenso, salvo ripensarci il giorno successivo quando, probabilmente, arrivò in Comune il diktat del diniego da parte dei maggiorenti fermani del partito di maggioranza.
Oggi, dopo una serie di piccoli dispetti, vedi delocalizzazione del Poliambulatorio e della sede provvisoria dell’Ente, Cesaroni, finalmente, alza il braccio per dire la sua.
A parer mio avrebbe dovuto alzarlo prima e, con lui, avrebbero dovuto farlo tutti gli altri sindaci, di fronte alla gestione sanitaria da parte del Comune di Amandola.
Valga un esempio per tutti: in un’assemblea in Unione Montana, presente il presidente Ceriscioli, tutti i sindaci, escluso quello di Amandola, decidono di riportare i servizi sanitari principali, nell’immediato, in attesa del nuovo nosocomio, presso il Vittorio Emanuele II per il quale viene destinata una piccola, sufficiente cifra per la ristrutturazione.
Manco a dirlo, per tutta risposta, il sindaco di Amandola, decide di fare di testa sua e, con la stessa cifra di circa tre mln di euro, dà inizio alla costruzione del cosiddetto “capanno sanitario” che, a distanza di anni, è lì che aspetta e sta ancora cercando una congruente definizione di destinazione.
L’appello che faccio ai sindaci è quello di fare tutti un piccolo passo indietro e di sedersi allo stesso tavolo per ricominciare, dopo un reset generale, a progettare il futuro del nostro territorio.
Sta passando, forse, l’ultimo treno per utilizzare le ingenti risorse messe in gioco dall’Europa per dotare questo territorio di infrastrutture di collegamento.
Sto pensando al completamento della Pedemontana nell’ultimo tratto da Caccamo ad Ascoli: unica strada a valenza interterritoriale, capace di ridare linfa vitale alla nostra zona. Vogliamo presentarci al tavolo delle proposte divisi in tante, deboli parrocchiette? Facciamo pure, ma dobbiamo essere coscienti che, giunti ormai pancia a terra, non rimane che scavare.
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