di Luca Capponi
Nel segno di Carletto. Inevitabilmente. Prima di cominciare non si può non pensare al grande mister. Ascoli e Brescia lo sanno. Due squadre distanti, non solo geograficamente. Ma accomunate dal timbro di mister Mazzone. A cui entrambe legano i loro periodi di maggior splendore. L’Ascoli del doppio salto dalla C alla A, a metà negli anni ’70, che ritornò ad allenare nel 1980, ciclo in cui portò la squadra fino al sesto posto nela massima serie. Una tribuna del “Del Duca” porta il suo nome. Storia.
Il Brescia che sfiorò la Coppa Uefa nel 2001, sconfitto dal Paris Saint-Germain nella finale dell’Intertoto. Anni di fulgore in cui vestirono la casacca delle Rondinelle gente come Baggio, Pirlo e Guardiola.
Ascoli e Brescia, due miracoli di provincia nel calcio dei ricchi. In panchina c’era sempre lui, Carlo Mazzone.
Ma oggi è un’altra storia. Una sfida d’alta classifica del campionato di B. Ascoli al secondo posto con 12 punti, il Brescia di Inzaghi insegue ad un punto di distanza.
Inzaghi, già. Fischi per lui dagli spalti del “Del Duca“. E non c’è santo che tenga. Stessa sorte, più o meno, di quanto accaduto l’ultima volta al Benevento. C’era lui, infatti, sulla panchina delle “streghe” durante la sfida rimasta di traverso ai supporters bianconeri. Luglio 2020, sconfitta casalinga per 4-2, con gli ospiti già sicuri della promozione in A che se la giocano alla morte contro il Picchio in cerca della salvezza. Stessa partita, stesse polemiche, stessi record da inseguire allora. Stessi fischi oggi, con cori e appellativi poco teneri “dedicati” all’ex bomber del Milan.
Che però viene presto dimenticato dai tifosi dell’Ascoli. Avvio grintoso, pubblico galvanizzato e bianconeri che mettono alle corde il Brescia. Prima la rete di Dionisi poco dopo il quarto d’ora, poi il raddoppio di Felicioli a distanza di qualche minuto. La curva va in visibilio. Come potrebbe essere altrimenti. La squadra è in salute, gioca, si trova. E trascina il pubblico. Che fa lo stesso con passione, nonostante non ci sia il pienone che qualcuno si aspettava.
Minuti di gasamento collettivo che non vengono intaccati dal gol del Brescia, che con Cistana accorcia le distanze poco prima della fine del primo tempo. Il Brescia è in crescita, intervallo provvidenziale per riordinare le idee.
Il secondo tempo però ricomincia sulla stessa scia. Il Brescia preme alla ricerca del pareggio, e lo sfiora. Spaventando. Entra anche Palacio, cannoniere di livello internazionale a fine carriera ma sempre temibile. Il tema adesso è quello: bianconeri schiacciati dietro, forse troppo, e pronti a sfruttare le ripartenze. La squadra ha bisogno del sostegno dei tifosi. Che non si risparmiano.
E dimostrano riconoscenza. Applausi, infatti, al momento della sostituzione dell’ex Bajic. Ricordo dolce il suo, che coi 12 gol siglati l’anno scorso fu determinante per la salvezza. I tifosi dell’Ascoli gli dimostrano affetto, giusto, e lui ricambia col saluto al momento di uscire dal campo. Per l’altro ex Cavion, invece, il trattamento è ben diverso: al suo ingresso i fischi sonori, idem ad ogni tocco di palla. D’altronde qualche mese fa il suo addio dopo tre anni fu controverso e mal digerito, soprattutto per le modalità.
Al quarto d’ora della ripresa il forcing del Brescia si tramuta nel pareggio di Chancellor. Lo stadio non si abbatte, ma al minuto 26 arriva un’altra doccia fredda, e cioè il sorpasso su rigore di Pajac. Difficile assorbire il colpo, soprattutto dopo il doppio vantaggio.
Si gioca nel silenzio adesso. I (pochi) tifosi del Brescia infatti restano tranquilli nonostante un vantaggio che metterebbe adrenalina anche ad un robot. Una cosa molto diversa rispetto ai beneventani visti (e sentiti) una settimana fa.
L’Ascoli comunque ci prova e sfiora il 3-3 almeno in un paio di occasioni. Al triplice fischio il risultato resta però immutato. Con gli animi tesi in campo. Buchel espulso dalla panchina e parapiglia finale. Alla fine per i bianconeri ci sono comunque applausi. Nonostante la seconda sconfitta consecutiva in casa.
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