facebook rss

Inizia la comunanza picena

QUARTA puntata della rubrica di Cronache Picene "Ascoli e Sambenedettese, un secolo di rivalità". Storie di sport, ma non solo
...

 

Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Oltre alla rivalità sportiva, talvolta becera, c’è di più. Ci sono realtà figlie di passati gloriosi, che ai due centri hanno conferito prestigio. Ci sono state persone, popoli, storie e culture diverse, di pari dignità, separate solo da una manciata di chilometri, da conoscere, raccontare e tramandare. Accomunate, tutte, da un “eroismo” straordinario, che nessun astio, fazioso e municipalistico, può e deve cancellare. Di cui andare, tutti insieme, indistintamente, orgogliosi. L’amore cieco e sordo per il proprio campanile, il fanatismo che, in ogni campo, tutto avvelena, rischiano di farci ignorare, sia sotto il Torrione che in Piazza del Popolo, il meglio che, su entrambe le sponde, nei più diversi campi, con valore, sacrificio e abnegazione, durante lo scorrere degli ultimi secoli le nostre genti sono riuscite a costruire. A puntate, su Cronache Picene, racconteremo senza presunzione la Storia dei due centri. Sportiva e non. Scritta dai grandi personaggi del passato, soprattutto quelli meno celebri, da tramandare ai più giovani, e ai posteri, spesso ignari. Attraverso le glorie e le infamie, i fasti e le tragedie. Le pagine più esaltanti e i giorni più neri. Senza partigianerie e autoincensamenti di sorta. Senza sconti, che la Storia non può concedere a nessuno. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Non più cugine invidiose e malevoli. Ma sorelle unite. E regine, entrambe, del Piceno e delle Marche. Non solo sui campi di calcio.

 

PUNTATA n. 4

 

Dopo la parentesi napoleonica, e fino alla caduta del Governo Pontificio nelle Marche, San Benedetto esce definitivamente dalla secolare influenza fermana nel 1827, per entrare prima nel distretto di Montalto, e poi nella
Delegazione Apostolica di Ascoli. Si può ricondurre quindi a quell’anno, il 1827 appunto, l’inizio della “comunanza” picena dei due centri. La Marca sporca, come verrà chiamata con scherno nelle Marche più settentrionali, a causa della sua posizione, evidentemente ritenuta contaminante, proprio a ridosso del confine con il regno Borbonico. Una Marca denigrata che però saprà imporsi, nei secoli successivi, all’attenzione e alla considerazione nazionale, nei vari campi, e che nulla avranno da invidiare alle altre province marchigiane “nordiste”.

Villeggianti assistono al rientro dei pescherecci

Nel novembre del 1846 ad Ascoli, proprio di fronte al Chiostro maggiore di San Francesco, si inaugura il Teatro massimo cittadino intitolato a Publio Ventidio Basso. Ascolano, era riuscito con il suo valore a diventare generale dell’esercito romano, grazie alle sue vittorie contro i Parti nel primo secolo A.C. Con il Teatro Filarmonici, già dei Filodrammatici, aperto nel 1832, saranno due i teatri storici della città. Probabilmente un primato regionale che perpetua i fasti della tradizione teatrale ascolana iniziata, nel 1579, con la costruzione, tutta in legno, della prima sala, nel palazzo Anzianale, oggi Sala della Vittoria nella Civica Pinacoteca.

Il Teatro Ventidio Basso

Nel gennaio del 1849 Ascoli e San Benedetto vengono infiammate dal passaggio dell’Eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi, mentre nell’ascolano sono già iniziate le gesta del comandante Giovanni Piccioni. Con le sue organizzate milizie locali al servizio del Papa, si distinguerà nella Resistenza alle truppe piemontesi all’indomani dell’unità d’Italia. Uomo retto e probo, il maggiore Piccioni, nativo di San Gregorio di Acquasanta, non è stato certo un malfattore, anche se passerà alla leggenda come il brigante Piccioni. Già nel 1850 la contrada marina di San Benedetto arriva a contare più abitanti del paese alto. Arriveranno, complessivamente, a quasi seimila nel censimento del 1853 prima di essere drasticamente ridotti dall’epidemia di colera che colpì la città nel 1855.

Il cavalier Silvio Meletti

Subito dopo l’Unità d’Italia, nel 1861, San Benedetto cerca di strappare, invano, Porto d’Ascoli al comune di Monteprandone, per inglobarla nel proprio. Un’impresa che gli riuscirà, dopo numerosi tentativi falliti, settantaquattro anni dopo. Dagli ultimi decenni del 1800 la città rivierasca inizia a farsi un nome come località di villeggiatura estiva. Si aprono i primi stabilimenti balneari sulla spiaggia, e il sindaco Secondo
Moretti inizia a delineare la vocazione turistica della sua cittadina. Nel 1863 a San Benedetto arriva la linea ferroviaria adriatica con la costruzione della locale stazione. Tre anni dopo si aprirà al traffico anche il tronco che
congiunge Porto d’Ascoli ad Ascoli Piceno, e che, nelle pie intenzioni del neonato Regno d’Italia, dovrebbe, successivamente, allungarsi fino a Roma.

Nel 1870, in Ascoli Silvio Meletti, classe 1856, si inventa, da zero, l’omonima Anisetta, il caratteristico e celebrato liquore a base di anice ascolano, oggi universalmente conosciuto. Ha iniziato a lavorarci, da autodidatta, a quattordici anni, questo fenomeno di ascolano di umili origini, facendosi prestare qualche centinaio di lire da amici di famiglia, dopo gli studi interrotti alle elementari per dare una mano alla madre rimasta vedova. Con alambicchi artigianali a lentissima evaporazione, distilla in casa le prime bottiglie del liquore aromatico. Il segreto sta nella Pimpinella anisum, la varietà di anice coltivata sui terreni argillosi dell’offidano.

Manifesto pubblicitario della Anisetta Meletti

A ventidue anni, nel 1878, partecipa con il suo prodotto all’esposizione Universale di Parigi, e l’anno dopo ottiene il brevetto n°178, e il fregio della Real Casa sulle etichette delle sue bottiglie di Anisetta Meletti. Che diventeranno conosciute e apprezzate in tutto il mondo, alla pari dell’omonimo Caffè Meletti. Dichiarato locale di interesse storico e artistico dal Ministero dei Beni Culturali, viene inaugurato nel 1907 in Piazza del Popolo, proprio a fianco del Palazzo dei Capitani, in una palazzina costruita in stile Liberty nel 1884, già sede degli uffici della Posta e Telegrafo. Silvio Meletti sarà, nel 1920, nove anni prima della sua morte, il primo ascolano insignito con il titolo di Cavaliere del Lavoro.

Nel 1896 arriva il regio decreto che concede a San Benedetto l’attributo “del Tronto” per differenziarla da altre località italiane omonime. A qualche anno di distanza alcuni ragazzi sambenedettesi vengono decorati al valore militare per le loro imprese belliche in mare. Nicola Trevisani e Giuseppe Croci, figurano fra gli intrepidi che forzano lo stretto dei Dardanelli con le loro torpediniere durante la guerra italo-turca, nel 1912. Cinque anni dopo Armando Sansolini, sul MAS IX del comandante Rizzo, affonda la corrazzata Wien nel porto di Trieste.

Bice Piacentini

Ma nei primi anni del Novecento le due città sono ricche anche di fermenti culturali. A San Benedetto Bice Piacentini Rinaldi immortala con i suoi versi la cittadina natale. Non solo. La poetessa eleva il dialetto sambenedettese al rango di vernacolo ispirandosi a scene di vita popolare, raccolte in famiglia e nelle strade, documentando, e tramandando, in questo modo le tradizioni gli usi e i costumi della locale antica cultura marinara. Sul fronte letterario ascolano gli risponderanno, idealmente, nei decenni successivi, nel loro vernacolo, fra i tanti altri, Mimmo Cagnucci e Padre Ippolito Brandozzi. I due dialetti, e i due centri, vengono esaltati dal grande amore che nutrono per le rispettive città nei versi di questi “poeti” popolari. Nel 1887 intanto, a San Benedetto è arrivato un nuovo  parroco, un super prete, futuro Monsignore, che ne sta già scrivendo la Storia.

(continua)

Una delle prime immagini della nuova stazione ferroviaria di San Benedetto


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




X