Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Oltre alla rivalità sportiva, talvolta becera, c’è di più. Ci sono realtà figlie di passati gloriosi, che ai due centri hanno conferito prestigio. Ci sono state persone, popoli, storie e culture diverse, di pari dignità, separate solo da una manciata di chilometri, da conoscere, raccontare e tramandare. Accomunate, tutte, da un “eroismo” straordinario, che nessun astio, fazioso e municipalistico, può e deve cancellare. Di cui andare, tutti insieme, indistintamente, orgogliosi. L’amore cieco e sordo per il proprio campanile, il fanatismo che, in ogni campo, tutto avvelena, rischiano di farci ignorare, sia sotto il Torrione che in Piazza del Popolo, il meglio che, su entrambe le sponde, nei più diversi campi, con valore, sacrificio e abnegazione, durante lo scorrere degli ultimi secoli le nostre genti sono riuscite a costruire. A puntate, su Cronache Picene, racconteremo senza presunzione la Storia dei due centri. Sportiva e non. Scritta dai grandi personaggi del passato, soprattutto quelli meno celebri, da tramandare ai più giovani, e ai posteri, spesso ignari. Attraverso le glorie e le infamie, i fasti e le tragedie. Le pagine più esaltanti e i giorni più neri. Senza partigianerie e autoincensamenti di sorta. Senza sconti, che la Storia non può concedere a nessuno. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Non più cugine invidiose e malevoli. Ma sorelle unite. E regine, entrambe, del Piceno e delle Marche. Non solo sui campi di calcio.
PUNTATA n. 9
Nel 1920 Ascoli diventa capitale nazionale dell’allevamento dei bachi da seta. Nei locali di Villa Panichi apre infatti la nuova Stazione Bacologica, che comprende sotto il proprio controllo anche le produzioni delle province di Ancona e Macerata. In tutta la provincia si contano, già dai primi anni del Novecento, una sessantina di aziende, fra grandi e piccole, impegnate in questa attività. Quasi un terzo di tutte le presenti sull’intero territorio nazionale. I pionieri cittadini nel settore, dal 1870 in poi, erano stati Erasmo Mari e Giovanni Tranquilli. La confezione del seme dei bachi da seta era favorita nell’ascolano dall’abbondanza di legna e, soprattutto, di gelsi, delle cui foglie i bachi erano grandi divoratori. Le produzioni, ammontanti a diverse tonnellate l’anno negli anni di massima floridezza, cominciarono a scendere già negli anni quaranta e cinquanta fino a scomparire del tutto.
Di pari passo con le attività legate alla pesca cresce, anno dopo anno, a San Benedetto anche il turismo estivo legato al suo mare. Già nel 1928 nel centro balneare, già apprezzato dalle classi più abbienti, nasce l’Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno, primo embrione del grande sviluppo turistico che la città conoscerà nei decenni successivi. La bellezza del lungomare, una delle tante attrattive per i numerosi turisti che hanno scelto, e scelgono, di passare a San Benedetto le loro vacanze, si deve ad un ingegnere modenese. Luigi Onorati. Classe 1901, migrato per amore alle nostre latitudini. E’ lui che trasforma, a partire dal 1931 e fino agli anni Sessanta, un paesotto di pescatori in moderna cittadina turistica e centro balneare. Lui è già un dirigente dell’ufficio tecnico comunale e concepisce il lungomare costellato di palme, la balaustra a colonne rialzata e affacciata sul mare, la rotonda oggi dedicata a Carlo Giorgini, uno dei sindaci più amati, e l’ampio, monumentale, viale a mare, l’odierno viale Buozzi. Tutte opere inaugurate nell’estate del 1932. Oltre alla Palazzina Azzurra, uno dei simboli in stile Liberty di San Benedetto, che sarà teatro delle serate mondane più importanti e tempio storico del divertimento by night in riviera.
Nel 1935, anno XII dell’Era Fascista, finalmente San Benedetto del Tronto riesce ad annettere nel proprio comune anche l’abitato di Porto d’Ascoli, strappandolo, all’ennesimo tentativo, al comune di Monteprandone. Il litorale che collega i due centri conoscerà un prepotente sviluppo urbanistico a partire dagli anni ‘60, fortemente indirizzato al turismo estivo di massa. Vi sorgeranno infatti, oltre ad abitazioni, spesso seconde case per le vacanze, numerosi alberghi e residence. Sulla spiaggia si moltiplicheranno gli chalet e anche il lungomare verrà adornato con migliaia di palme che daranno il nome alla nuova riviera. La riviera delle palme appunto. Sempre più apprezzata, a livello nazionale ed internazionale, dagli anni Sessanta in poi, con l’arrivo del boom economico. Ma, prima, la provincia picena tutta si è guadagnata con il sangue della sua gente la medaglia d’oro al valor militare per l’attività partigiana.
Dall’8 settembre 1943 al marzo del 1944 San Benedetto viene bombardata a più riprese, dal cielo e dal mare, dalle forze alleate. Moltissimi gli sfollati. Conosce lutti, distruzioni, e un martirio. Quello di Luciano Nardone ed Isaia Ceci, giovani carabinieri della locale stazione, falciati dalle raffiche di mitra dei tedeschi per essersi opposti al saccheggio di un magazzino di generi alimentari destinati alla popolazione. Ad Ascoli, e nelle zone montane interne dell’ascolano invece, le vittime della Resistenza alle truppe tedesche in ritirata verso nord con la collaborazione dei fascisti locali, saranno oltre duecento.
Un tributo altissimo di vite che varrà la medaglia d’oro al valor militare anche al Comune di Ascoli per le lotte partigiane di Resistenza. Non ci sarà contrada del Piceno, fino alle frazioni martiri di Pozza, Umito e Colle San Marco, dove si consumeranno gli eccidi più atroci, che non conoscerà scontri armati o fucilazioni ad opera dei nazifascisti. Una pagina, comune anche questa, dolorosa, ma di grandi insegnamento ed onore per tutte le generazioni picene che verranno.
(continua)
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