Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Oltre alla rivalità sportiva, talvolta becera, c’è di più. Ci sono realtà figlie di passati gloriosi, che ai due centri hanno conferito prestigio. Ci sono state persone, popoli, storie e culture diverse, di pari dignità, separate solo da una manciata di chilometri, da conoscere, raccontare e tramandare. Accomunate, tutte, da un “eroismo” straordinario, che nessun astio, fazioso e municipalistico, può e deve cancellare. Di cui andare, tutti insieme, indistintamente, orgogliosi. L’amore cieco e sordo per il proprio campanile, il fanatismo che, in ogni campo, tutto avvelena, rischiano di farci ignorare, sia sotto il Torrione che in Piazza del Popolo, il meglio che, su entrambe le sponde, nei più diversi campi, con valore, sacrificio e abnegazione, durante lo scorrere degli ultimi secoli le nostre genti sono riuscite a costruire. A puntate, su Cronache Picene, racconteremo senza presunzione la Storia dei due centri. Sportiva e non. Scritta dai grandi personaggi del passato, soprattutto quelli meno celebri, da tramandare ai più giovani, e ai posteri, spesso ignari. Attraverso le glorie e le infamie, i fasti e le tragedie. Le pagine più esaltanti e i giorni più neri. Senza partigianerie e autoincensamenti di sorta. Senza sconti, che la Storia non può concedere a nessuno. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Non più cugine invidiose e malevoli. Ma sorelle unite. E regine, entrambe, del Piceno e delle Marche. Non solo sui campi di calcio.
PUNTATA n. 10
Mentre all’orizzonte già si profila, minacciosa, la tragedia del secondo conflitto mondiale, Ascoli e Sambenedettese iniziano a braccetto la lunga militanza in Serie C nello stesso girone F. Il 27 novembre 1938, nona giornata di andata, a San Benedetto si gioca il primo derby in C fra le due squadre. La Samb si impone per 2-1 sull’Ascoli guidato da Orlando Virgilio Tognotti e presieduto dall’avvocato Giuseppe Mazzocchi. Succede tutto nel primo tempo. L’Ascoli, reduce da due sconfitte consecutive, si porta in vantaggio per primo, ma viene rimontato e superato già prima dell’intervallo.
Le cronache dell’epoca riferiscono di un “Sambenedetto molto più determinato e vigoroso”, e sottolineano “l’eccessivo nervosismo degli ascolani”. Soprattutto del portiere Lucidi, abituato pure a figurare sempre fra i migliori della sua squadra. Una partita comunque bella, e molto combattuta.
Soprattutto ci fa enorme piacere che un articolista del quotidiano locale Ejà abbia tenuto ad evidenziare nel suo pezzo di commento “… la lealtà e la cavalleria con cui è stata giocata, cosicchè di incidenti non se ne sono avuti. Nemmeno tra i gruppi di tifosi che affollavano incredibilmente le tribune e il prato si è avuto a lamentare il benchè minimo screzio, cose che depongono molto favorevolmente sulla maturità e sulla sportività del pubblico sambenedettese e di quello ascolano…”.
L’imbarbarimento dei costumi, e la mortificazione di ogni più nobile valore dello sport, almeno in seno alle frange più estreme delle tifoserie calcistiche, arriverà dunque, purtroppo, in epoche più recenti. La Sambenedettese, o il Sambenedetto come la chiamano i giornalisti dell’epoca, bissa il successo anche nella gara di ritorno, il 12 marzo 1939. Allo “Squarcia” l’Ascoli soccombe ancora: 0-1. Il campionato lo vince Macerata. Bianconeri, al nono posto, e rossoblù, al decimo, chiudono la stagione nell’anonimato del centro classifica.
La Samb sarà più brillante l’annata successiva 1939/40, quando chiude al settimo posto, mentre l’Ascoli conquisterà una stentatissima salvezza solo all’ultima giornata. In compenso, dopo un sonoro 0-4 patito all’andata, nella gara di ritorno, il 24 marzo 1940 si aggiudicherà, per la prima volta, (1-0) il derby del Piceno. Il ritiro, pur obbligato dalle tante defezioni dei richiamati alle armi, della Samb durante la stagione successiva, già segnata dalla Seconda Guerra Mondiale, la precipita in Prima Divisione. Vi resta due stagioni disputando sempre campionati di alta classifica grazie all’utilizzo prevalente di talenti locali.
L’Ascoli invece riesce, comunque, a portare a termine, dal 1940 a 1943, tre campionati in Serie C. Le prime due, nel girone F, annaspando sul fondo della classifica. La terza, nel girone H, conseguendo invece un lusinghiero secondo posto dietro al Forlì. Sono gli anni più duri per tutti. Giocatori, dirigenti e sportivi delle due città. Nelle due formazioni abbondano i giovani locali più bravi, anche per contenere i costi. I soldi per gli atleti sono pochi, quando ci sono, e si deve risparmiare su tutto. Un bel pareggio esterno dei bianconeri a Terni viene ricompensato, strada facendo sulla via del ritorno, con una merenda a pane e mortadella. Alla paura per la guerra, i lutti, le distruzioni, si aggiungono la miseria e, spesso, anche la fame. La partita di calcio rappresenta per tutti l’unico momento di evasione dai mille, seri problemi della vita di ogni giorno.
(continua)
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