Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Oltre alla rivalità sportiva, talvolta becera, c’è di più. Ci sono realtà figlie di passati gloriosi, che ai due centri hanno conferito prestigio. Ci sono state persone, popoli, storie e culture diverse, di pari dignità, separate solo da una manciata di chilometri, da conoscere, raccontare e tramandare. Accomunate, tutte, da un “eroismo” straordinario, che nessun astio, fazioso e municipalistico, può e deve cancellare. Di cui andare, tutti insieme, indistintamente, orgogliosi. L’amore cieco e sordo per il proprio campanile, il fanatismo che, in ogni campo, tutto avvelena, rischiano di farci ignorare, sia sotto il Torrione che in Piazza del Popolo, il meglio che, su entrambe le sponde, nei più diversi campi, con valore, sacrificio e abnegazione, durante lo scorrere degli ultimi secoli le nostre genti sono riuscite a costruire. A puntate, su Cronache Picene, racconteremo senza presunzione la Storia dei due centri. Sportiva e non. Scritta dai grandi personaggi del passato, soprattutto quelli meno celebri, da tramandare ai più giovani, e ai posteri, spesso ignari. Attraverso le glorie e le infamie, i fasti e le tragedie. Le pagine più esaltanti e i giorni più neri. Senza partigianerie e autoincensamenti di sorta. Senza sconti, che la Storia non può concedere a nessuno. Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Non più cugine invidiose e malevoli. Ma sorelle unite. E regine, entrambe, del Piceno e delle Marche. Non solo sui campi di calcio.
PUNTATA n. 12
La sera di domenica 10 giugno 1956 c’è tutta San Benedetto, festante, in stazione, ad aspettare un treno che arriva dalla Lombardia. A bordo viaggia la locale squadra di calcio di ritorno da Cremona, dove ha conquistato il punto decisivo per la prima, storica, promozione in serie B. E’ finita 1-1 con reti di Magnavacca per i lombardi e Rizzato per la Samb. E’ la prima, storica, promozione in serie B per una formazione del Piceno. La Samb ha chiuso il campionato al primo posto a pari merito con il Venezia, lasciandosi alle spalle, appena un punto dietro in classifica, la sorprendente Carbosarda, caduta, all’ultima giornata, proprio a Venezia. Luciano Padoan è il realizzatore più prolifico del migliore attacco (61 gol segnati) della categoria. L’allenatore è il veneto Bruno Biagini.
Il capitano è Alberto Astraceli. La formazione tipo di quella stagione trionfale è: Matteucci, Astraceli, Celio, Rosati, Rossi, Morsan, Rizzato, Guidazzi, Padoan, Moretti, Di Fraia. Con Zanoni, Sellani, Cacchiò, Rimbaldo, Lorenzi, Travaglini e Traverso fra i rincalzi. Ma gli artefici principali di questo straordinario successo sportivo per un piccolo centro di poco più di ventimila abitanti, sono tre personaggi locali che riescono a catalizzare intorno alla squadra, e al servizio della società, tutta la città. Tre personaggi, tre uomini, a cui vanno resi il giusto merito e il dovuto onore, e che avrebbero potuto essere meglio ricordati, anche in questa occasione, dalle persone che conservano ancora la Memoria del loro
spessore umano e delle loro straordinarie imprese sportive.
Sono il presidente “storico” della Sambenedettese, Domenico Roncarolo, il suo braccio destro, sempre molto vicino alla squadra, Alberto Gaetani, e il barbiere/direttore sportivo Lucio Palestini. Roncarolo era diventato presidente della Sambenedettese nel 1948, e lo resterà fino al 1966. Self made man come Costantino Rozzi e come l’omologo ascolano personaggio dinamico, carismatico, appassionato e volitivo. L’ingegner Gaetani è il suo principale collaboratore e puntuale punto di riferimento per tutte le esigenze di allenatore e giocatori, ai quali è sempre molto vicino con grande disponibilità. Lucio Palestini è invece un barbiere che fra un taglio e una rasatura nel suo salone in centro, trova anche il tempo per gestire, con grande competenza e sagacia, le campagne acquisti e cessioni, contattare nuovi giocatori, condurre trattative con loro e le altre società, e stilare i relativi contratti. E tutto nei ritagli di tempo, tutto senza Internet, telefonini, computer, intermediazione di procuratori e ausilio di social. Insomma un vero fenomeno anche lui. Tutto fatto in casa. Con i soldi sempre contati, ma con smisurata passione. E’ il miracolo Samb. In serie B, dove militerà per sette anni consecutivi.
Sedici anni prima della prima serie B dell’Ascoli. In quel 1956 nel consiglio direttivo della società bianconera fa il suo ingresso un giovane imprenditore edile. Si chiama Costantino Rozzi. Di calcio non sa niente, non partecipa neanche attivamente alla vita del club, non va neppure a vedere le partite. Si limita solo a contribuire economicamente, cercando di risollevare le casse, sempre anemiche, dell’Ascoli. Ascoli che dal canto suo vedrà fra la fine degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60 nascere il mito di Giuliano “Toro” Torelli. Ascolano, e il più amato fra i giovani ascolani in squadra. I suoi sostenitori arriveranno a segare, nottetempo alla vigilia della partita contro la Lucchese, i pali delle porte del campo “Squarcia” per protesta contro l’allenatore Mezzadri, reo di schierare al posto suo il nuovo acquisto Carlo Mazzone. Era il novembre del 1960.
L’Ascoli inanellerà quattro stagioni in serie C non particolarmente brillanti fino alla stagione 62/63, la prima giocata nel nuovo stadio. Nel maggio del 1962 viene inaugurato infatti, in zona Zeppelle, il campo sportivo comunale nuovo di zecca, intitolato ai fratelli mecenati e grandi editori oltralpe Cino e Lillo Del Duca. Sarà il teatro dei grandi trionfi che verranno, e che rivivremo più avanti, negli anni ‘70 e ‘80. Ma per ora, torniamo a quel memorabile 1956, la gloria e la ribalta sono solo per la Sambenedettese, che gioca la sua prima partita nella serie cadetta a Bari il 16 settembre di quell’anno. Allo stadio comunale “Della Vittoria” l’allenatore Biagini schiera Dreossi, Astraceli, Celio, Buratti, Marchetti, Clementoni, Barbieri, Guidazzi, Padoan, Moretti, Di Praia. Il Bari di Allasio risponde con Oldani, Gariboldi, Romano, Macchi, Seghedoni, Mazzoni, Bretti, Cappa, Rigonat, Baccalini, Cancellieri. L’arbitro è Smorto di Reggio Calabria. La Samb non sfigura nel giorno dell’esordio, anzi bene impressiona per la qualità della sua manovra, ma va subito sotto, dopo neanche tre minuti di gioco. Cancellieri è abilissimo a liberarsi in area della marcatura e a battere Dreossi. La squadra di Biagini non perde la testa per il gol subito a freddo e oppone una lunga supremazia territoriale che non riesce però a concretizzare. A metà ripresa arriva il raddoppio barese, sempre ad opera di Cancellieri, che condanna la Samb (0-2) alla prima sconfitta stagionale.
Un esordio amaro dunque, ma in serie B si farà onore, come detto, per sette stagioni consecutive. Quasi sempre con Alberto Eliani in panchina, chiamato, licenziato e poi richiamato in più riprese. Il tecnico triestino, fino al 1968, guiderà brillantemente la Samb in otto stagioni prima di passare, per un solo campionato di C (quello successivo 69/70) anche ad allenare l’Ascoli. Unico mister ad aver vissuto il derby su entrambi i fronti.
A proposito di derby. Il 3 marzo 1968, ventiquattresima di ritorno, proprio nel corso di una delle tante sfide fra le due principali squadre picene si infortuna seriamente il libero della squadra, Carlo Mazzone. La sua modesta carriera di giocatore finisce quel giorno. A trentadue anni. Con due figli piccoli da crescere insieme alla moglie ascolana Maria Pia, e pochi risparmi da parte. Il presidente Rozzi, che stima moltissimo il suo capitano, lo rincuora subito, promettendogli un incarico nel settore giovanile della società, quando si sarà rimesso dall’infortunio. Un incidente che, paradossalmente, farà la fortuna di tutti. Gli uomini-bandiera di quegli anni in serie B sono Angelo Buratti (238
presenze e 31 gol segnati in serie B in quegli anni) e Paolo Beni.
Dopo le lotte durissime per la salvezza dei primi anni di permanenza in B, quando è sempre protagonista di campionati di coda, nella stagione 60/61 la Samb consegue il migliore piazzamento di quegli anni Sessanta nella seconda serie nazionale. Chiude infatti al settimo posto, con Aberto Eliani sostituito a metà campionato dal suo concittadino Enrico Radio. Il miglior realizzatore di quella formazione è Paolo Beni.
(continua)
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