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«Ho dovuto scegliere fra terza dose e lavoro, e mi hanno sospeso il contratto»

LETTERA aperta, indirizzata a tutti i sindaci del Piceno, di una donna ascolana di 55 anni che si firma "una tata con contratto sospeso". Lo sfogo: «Non ho fatto la terza dose per non compromettere ulteriormente la mia salute, e ora non posso più occuparmi di bambini e anziani come ho sempre fatto. E non posso aiutare più mio marito che ha una pensione da fame. Così si favorisce il lavoro nero»
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«Egregi Sindaci, chiedo scusa se vi scrivo in anonimato, ma in realtà il mio nome è​ quello di centinaia di donne del Piceno ultracinquantenni,​ che si sono viste costrette a scegliere tra una terza dose di un siero sperimentale e la possibilità di lavorare.

Eppure il primo articolo della nostra Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti​ della Costituzione”.

Ma veniamo al dunque. Sono una signora di 55 anni, che la scorsa estate, pur con tante paure e dubbi, ha accettato di sottoporsi all’inoculazione della prima e seconda dose di siero sperimentale,​ un po’​ per convincimento personale e molto per il senso civico del bene e della salute comune.

A seguito di ciò, nonostante abbia avuto diversi effetti collaterali, per quanto non gravissimi (sono affetta da malattie autoimmuni), i medici non hanno ritenuto opportuno rilasciarmi il tanto auspicato green pass.
Ma fare la terza dose significava compromettere la mia salute fisica e psichica,​ in quanto avrebbe generato ansia e attacchi di panico.

Allora, dopo che per anni avevo cercato inutilmente un misero lavoro che mi permettesse di aiutare mio marito con la sua pensione da fame, mi sento costretta a rinunciare ad esso, lasciando che il mio datore di lavoro mi sospendesse il contratto. E dire che era a tempo indeterminato.

Sto rinunciando ad andare in tutti quei luoghi, in quei negozi che chiedono il green pass, vuoi perché non potrei accedervi (avrei bisogno di comprare scarpe) e vuoi perché, ora più che mai, non ci sono le condizioni economiche per farlo​. Se si riesce a pagare le bollette è​ già un lusso, per il mangiare come si suol dire va bene pane e cipolla, figuriamoci aggiungerci il costo dei tamponi.

Ora vorrei parlarvi di quello che era il mio lavoro: mi sono sempre occupata di bambini e di persone anziane, quindi il mio lavoro non mi esporrebbe a contatto con molte persone, bensì con pochi componenti in un rapporto fatto di familiarità, ogni giorno sempre con gli stessi.

Siamo in molti ad occuparci di queste persone fragili affettivamente ed emotivamente,​ e molti di noi si son visti interrompere il lavoro per causa forza maggiore, lasciando che i bambini abbiano a rinunciare alla loro “tata” e i nonnini al loro angelo custode​ che conosce bene ormai le loro abitudini e le esigenze, sempre pronti a raccogliere i loro sfoghi e le confidenze.

Tutto questo per favorire il lavoro nero, dove non c è​ nessun contratto da sospendere. Conoscendo la vostra sensibilità a queste problematiche sociali, ora che i contagi stanno diminuendo e si stanno allentando tante restrizioni, così come vi siete attivati  a far togliere l’obbligo del green pass per l’uso degli scuolabus, vi prego di aiutarmi a diffondere questa mia, nostra, triste realtà e adoperarvi affinché non si debba più essere messi con le spalle al muro scegliendo tra il diritto al lavoro o il diritto alla salute.

Certa del vostro impegno fin d’ora vi ringrazio a mio nome e a nome di tutti coloro che svolgono il lavoro preziosissimo di baby sitter/badante all interno di un luogo privato che è​ una famiglia,​ fermo restando che i rapporti tra privati, amici e parenti, sono permessi e non vincolati al green pass».

 

 



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