di Maria Nerina Galiè
Il 24 febbraio anche Andrey e Alessandra, 55 e 40 anni, sono stati svegliati dalle bombe lanciate su Kharkov, in Ucraina. Da quel momento la loro vita, e quella dei 4 figli è cambiata improvvisamente. Una sola la via d’uscita: andarsene prima possibile, per mettere al sicuro i ragazzi. Intanto. Poi per sperare in una nuova vita, in un Paese in pace, perché per nessuna ragione si può vivere dove regnano paura e incertezza.
E lo hanno fatto arrivando a Comunanza (dove vive la sorella di lei), l’11 marzo, per poi trovare un alloggio ad Amandola. Sono in una delle Sae realizzate per i terremotati, per il momento, messe a disposizione dei profughi proprio da una recentissima diposizione del Dipartimento regionale di Protezione Civile (leggi qui).
In macchina, hanno affrontato un viaggio di 12 giorni, attraversando anche i campi mentre erano in corso i bombardamenti, fermandosi ogni tanto per riposare, cercando riparo dal freddo e dall’angoscia di chi ha dovuto lasciare tutto quello che era stato realizzato, ben sapendo che poco o niente si è salvato dai missili russi.
A Kharkov sono rimasti la madre di Alessandra e il padre di Andrey. «Ci sentiamo al telefono quando è possibile – raccontano con l’aiuto della sorella di Alessandra che parla bene l’italiano – e siamo molto preoccupati».
Andrey ed Alessandra – con Marina 16 anni, Kristina 18, Ivanna 8, e Stefan 4 – avevano in Ucraina una vita felice. Lei istruttrice di yoga, lui aveva un concessionaria di auto, andata pure distrutta.
A poco a poco, chilometro dopo chilometro, il sorriso è tornato sul volto di genitori e ragazzi, insieme con la speranza. Ma restano la paura e la preoccupazione: «Vorremmo inserire i ragazzi nella scuola del posto. E confidiamo in una nuova vita. Ma è dura dover affrontare tutto questo», affermano mentre condividono con noi video di scene raccapriccianti, di edifici in fumo, auto a pezzi, perfino il canile. Immagini che resteranno indelebili, non solo per chi le ha vissute in diretta. Figuriamoci cosa può provare chi invece quelle scene se le è trovate davanti, nei luoghi dove fino a qualche ora prima scorreva la vita.
La richiesta di una soluzione abitativa urgente, per la famiglia, è arrivata dalla Caritas a cui ha risposto il Comune di Amandola, con la Sae. Resteranno in attesa di una sistemazione migliore. Intanto saranno aiutati dalla solidarietà dei cittadini attraverso le donazioni.
Ad Amandola è stato costituito anche un gruppo di solidarietà, formato da varie associazioni tra cui Pro Loco, Caritas, Croce Rossa, parrocchia e altre, per la raccolta di beni, che poi vengono portati a Monte San Pietrangeli dove vengono concentrate le donazioni e da dove partono i camion per l’Ucraina, organizzati dalla stessa Caritas e dalle Pro Loco dei vari comuni del fermano.
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