di Federico Ameli
Con l’emergenza sanitaria tornata a bussare con insistenza alle porte del Piceno, l’annosa questione legata all’ospedale unico costantemente sullo sfondo e la riforma annunciata giusto qualche ora fa dal presidente regionale Francesco Acquaroli in materia di medicina territoriale con contestuale archiviazione in vista del modello Asur, anche in Vallata si torna a discutere di sanità pubblica.
Per l’occasione, infatti, l’Unione dei Comuni ha convocato a Castel di Lama un consiglio comunale aperto per discutere con la cittadinanza del presente e – soprattutto – del futuro della sanità territoriale del Piceno. Appuntamento fissato nella serata di oggi, lunedì 4 giugno, in una sala consiliare rivisitata in chiave estiva per un dibattito aperto – e all’aperto – volto a far luce su un tema di primaria importanza e, purtroppo, attualmente alle prese con una serie di criticità che limitano l’efficacia del servizio erogato, a partire dal mancato coinvolgimento dei piccoli enti locali nelle decisioni che contano.
«Da diversi mesi a questa parte continuiamo a leggere notizie relative alle sole Ascoli e San Benedetto – esordisce Alessandro Luciani, sindaco di Spinetoli e presidente dell’Unione dei Comuni – al di là dei pochi spiccioli stanziati per la casa della comunità di Offida. Noi comuni di Vallata ci sentiamo un po’ trascurati mentre assistiamo a continui slogan elettorali da parte delle altre realtà del territorio: non vogliamo stare a questo gioco, perché così non si vince e non si perde nulla, semplicemente non si va da nessuna parte.
L’ospedale unico e di eccellenza non è la nostra unica idea, siamo aperti e sempre disponibili ad ascoltare nuove proposte, ma purtroppo assistiamo esclusivamente a scelte calate dall’alto».
In particolare, agli occhi dei rappresentanti dei comuni di Vallata la decisione della Regione di superare il modello Asur proponendo 5 aziende sanitarie senza però confrontarsi con il territorio sarebbe sintomo di un disinteresse delle istituzioni regionali ad ascoltare le reali esigenze della comunità picena.
«Oggi è stata varata una delibera di cui ancora non sappiamo nulla – prosegue Luciani – e non va bene. Il Fermano, a differenza nostra, ha deciso autonomamente su università, sanità, piano d’ambito: la nostra, invece, è la provincia che non può e non vuole decidere. Dobbiamo iniziare a costruire qualcosa di serio.
Venerdì – 8 luglio, ndr – è in programma la conferenza dei sindaci del Piceno, convocata direttamente dagli organi preposti della Regione, nell’ambito della quale si discuterà dell’organizzazione sanitaria. Abbiamo convocato questo consiglio comunale aperto per arrivare a questo appuntamento con le idee chiare e condivise con i cittadini, a cui ad oggi la sanità non dà risposte efficienti.
Da parte nostra non possiamo restare sempre in silenzio: non mettiamo il campanilismo al centro della politica, vogliamo semplicemente una soluzione che non trascuri la Vallata, che non ha certo cittadini di serie B».
Diversi esponenti della politica locale lamense presenti in una platea comprensibilmente accaldata ma piuttosto nutrita, oltre a rappresentanti delle sigle sindacali e ad altri primi cittadini del territorio. Nessuna traccia, però, di delegati di Ascoli e San Benedetto o delle istituzioni regionali.
«Per quanto riguarda il Piceno – gli fa eco Luigi Massa, sindaco di Offida e delegato alla sanità dell’Unione dei Comuni – la Regione Marche si è limitata a una programmazione di tipo edilizio, individuando nei nuclei di Ascoli e San Benedetto parte consistente degli investimenti riservati al Piceno, non lasciando però nulla al territorio. Oltretutto, non ci sono luoghi fisici in cui potersi confrontare su questi temi tanto delicati.
La Regione ha legittimamente deciso di proporre un nuovo piano socio-sanitario, di cui però non sappiamo nulla. La sanità è un argomento troppo importante per non saperne nulla, non abbiamo alcuna velleità campanilistica ma vogliamo essere messi al corrente della situazione.
Non ci sentiamo di condividere questo approccio secondo cui l’ospedale non viene considerato un bene di tutti, ma solo di questo o quel comune, come evidente in un consiglio comunale aperto convocato qualche tempo fa a San Benedetto.
Nella nostra idea avremmo dovuto dar vita a un programma da cui potesse poi scaturire un confronto, senza imporre nulla, ma le proposte avanzate qualche mese fa non hanno avuto alcun riscontro. Ce lo immaginavamo, ma il fatto che questa sera né il sindaco di Ascoli né quello di San Benedetto siano presenti per discutere di un tema così importante è emblematico».
Inevitabile, quando si parla di sanità del Piceno, toccare il tasto dolente della nuova struttura ospedaliera da realizzare sul territorio, ma ancora decisamente lontana dal vedere la luce.
«Nessuno di noi ha qualcosa contro la realizzazione di un ospedale a San Benedetto – precisa Massa – ma ad oggi non c’è nessun documento che definisca fondi e investimenti se non per lo studio di fattibilità, i cui 400.000 euro rischiano peraltro di risultare insufficienti. È necessario cambiare passo anche attraverso forme di mobilitazione: al netto del mancato confronto istituzionale non c’è neppure il confronto con gli organismi chiamati a condividere un percorso, come le associazioni di medici e personale sanitario, mai presi in considerazione.
Qualcuno, ad esempio, deve spiegarci cosa vuol dire avere un ospedale di primo livello su due plessi. Le competenze se ne vanno dal territorio, quando invece a volte basterebbe copiare: Toscana, Emilia-Romagna e Veneto, ad esempio, sono i modelli da seguire».
Altro tema caldo è quello che riguarda la nomina del nuovo primario di Chirurgia dell’ospedale Mazzoni di Ascoli, con il facente funzione negli ultimi 17 mesi Gianluca Guercioni, presente all’assemblea, scavalcato nella determina firmata dal direttore di Area Vasta 5 Massimo Esposito dal dottor Andrea Gardini di Forlì nonostante un punteggio più alto in graduatoria.
«Già ai tempi della mia presidenza avevamo chiesto invano un incontro con l’assessore alla Sanità – racconta Andrea Cardilli, sindaco di Colli del Tronto – ma ancora oggi, dopo due telefonate di rinvio, non abbiamo avuto riscontri.
Vedere la rettifica di una determina da parte di un direttore dell’Area Vasta perché non aveva preso in considerazione un foglio è inaccettabile. Ci sono rimasto molto male anch’io, dato che ho visto con i miei occhi con quale premura il dottor Guercioni si prende cura dei pazienti».
Con Palazzo Raffaello e la scarsa disponibilità al dialogo dei rappresentanti della Regione Marche finiti nel mirino dei sindaci di Vallata, la parola passa poi alla consigliera regionale Anna Casini, che da ex vicepresidente non può non conoscere approfonditamente la questione. La rappresentante del Pd presenta con sé il documento approvato poche ore fa dalla giunta regionale e non ancora disponibile sull’albo pretorio.
«Oggi la giunta non ha affrontato il piano sanitario – precisa la Casini – ma la legge 13 e la struttura organizzativa. Ci saranno 5 aziende sanitarie con un’autonomia di bilancio, un aspetto non sempre positivo perché c’è sempre qualcuno che stabilisce il budget. In questo testo vengono riportate molte definizioni e c’è poco spazio per la concretezza: la IV Commissione regionale, che sarà chiamata a esprimersi sull’argomento, ha chiesto di essere invitata alle conferenze dei sindaci in programma sul territorio, ma per il momento dalla Regione è stata loro negata questa possibilità sia a Pesaro che ad Ancona.
Se la Regione non definisce ettari e caratteristiche delle strutture non andremo avanti, anche perché il Pnrr vieta “doppioni” a livello di reparti e organizzazione e impone una grande attenzione al territorio. Lo stesso Covid è un problema serio anche se spesso si tende a negarlo e sottovalutarlo, e in questi casi a pagare è sempre il personale, perennemente in difficoltà».
Non manca, anche in questo caso, una battuta sul caso Guercioni, ma anche qualche rimpianto per non aver agito tempestivamente, ai tempi della giunta Ceriscioli, negli interessi del territorio. «Quando ho letto la determina – aggiunge Casini – mi ha disturbato la volontà di distruggere professionalmente una persona e la poca correttezza nel trovare motivazioni adeguate. Non si denigrano le persone in questo modo, non riconoscendone il valore. O il dottore era incapace di mantenere quel ruolo e il direttore ha sbagliato a non sollevarlo prima dall’incarico, o invece Guercioni merita rispetto per il lavoro svolto da facente funzioni: delle due, l’una.
Massima solidarietà al dottor Guercioni e a tutti gli infermieri, da cui tutte le sere ricevo messaggi a cui spesso non so cosa rispondere. Guardando indietro, sicuramente abbiamo – la giunta Ceriscioli, ndr – la responsabilità di essere stati troppo democratici, di aver ascoltato troppo e di aver avuto paura di decidere. Avremmo dovuto “scavare” come ha fatto Fermo, a quest’ora avremmo avuto anche noi il nostro ospedale d’eccellenza».
Nel frattempo la giunta Acquaroli sembra intenzionata a porre fine al modello Asur a 19 anni di distanza dalla sua istituzione. Cosa accadrà nelle prossime settimane? Difficile prevederlo, anche se l’assemblea dei sindaci di venerdì prossimo potrà senza dubbio offrire qualche spunto interessante per poter comprendere il destino sanitario che attende il nostro territorio, Vallata compresa.
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