di Federico Ameli
Con il destino di 310 addetti e circa 1.300 famiglie del territorio pericolosamente in bilico dopo l’annuncio dell’avvio da parte di Whirlpool di una revisione strategica dell’intero asset industriale dell’area Emea – Europa, Medio Oriente e Africa – i sindacati Fiom, Fim, Uil e Ugl cercano la via del dialogo con le istituzioni nel tentativo di scongiurare il rischio chiusura che già da qualche settimana aleggia – tra gli altri – sullo stabilimento di Comunanza.
Nell’ambito di una protesta che nelle Marche ha coinvolto anche i siti di Melano e la sede di Fabriano, con sindacalisti e dipendenti in trasferta ad Ancona per manifestare davanti alla Prefettura del capoluogo regionale, anche ad Ascoli una delegazione di operatori e rappresentanti delle sigle sindacali attive sulla questione ha fatto tappa nella mattinata di oggi, venerdì 8 luglio, in piazza Simonetti per incontrare un portavoce del prefetto Carlo De Rogatis e fare il punto su una vicenda a dir poco complessa, che rischia di portare con sé una serie di strascichi potenzialmente devastanti per il tessuto socio-economico delle aree interne e di tutto il Piceno.
«Abbiamo messo le istituzioni a conoscenza della nostra preoccupazione per lo stabilimento e per il territorio – racconta Alessandro Pompei di Fiom -. Vista l’urgenza e la drammaticità della situazione, il nostro obiettivo è ottenere entro luglio un incontro con il Ministero dello sviluppo economico: una trattativa ad alti livelli come questa ha bisogno di un interlocutore importante come il Governo, a cui chiediamo di interfacciarsi con la corporation per scongiurare una chiusura che, come un cataclisma, avrebbe un enorme contraccolpo sociale sul nostro territorio.
Il portavoce del prefetto ha ascoltato attentamente le travagliate vicende degli ultimi anni e l’evoluzione degli ultimi due piani industriali poi totalmente disattesi, nonostante gli impegni presi in sede governativa e i soldi pubblici investiti per concedere ammortizzatori sociali. Non vogliamo che Comunanza sia l’ultimo agnello sacrificale della Whirlpool, chiediamo di conoscere la verità sul destino dello stabilimento».
Fiom, Fim, Ugl e Uilm, quattro sigle sindacali unite per la salvaguardia dei lavoratori di un territorio già fortemente penalizzato dal sisma prima e dall’emergenza sanitaria poi, in un clima geopolitico tutt’altro che rassicurante – vedi la recente cessione delle attività della Whirlpool in Russia e Kazakistan al gruppo turco Arçelik – che contribuisce ad alimentare la preoccupazione per le sorti dello stabilimento di Comunanza.
Secondo i sindacati, però, le tensioni globali avrebbero poco a che fare con quella che, dal loro punto di vista, assumerebbe piuttosto i tratti di una tendenza della multinazionale a cogliere le migliori opportunità sul mercato.
«Viaggiamo da tempo a volumi produttivi molto bassi – denuncia Fabio Capolongo di Uilm -. Il budget attuale è di circa 630.000 pezzi, mentre nel 2007 eravamo arrivati a produrne fino a 1.300.000. Whirpool giustifica questa situazione tirando in ballo la guerra, il Covid e la mancanza di materiali, ma in realtà il problema viene da lontano, dai tagli e dalle strategie sbagliate in ambito commerciale di Whirlpool, che quando non ha più interesse negli incentivi statali svende».
La speranza è che il coinvolgimento delle istituzioni, a cominciare dalla Prefettura, contribuisca al più presto a instaurare un dialogo proficuo tra sindacati e multinazionale, nel pieno interesse del personale dello stabilimento di Comunanza e di tutte le piccole aziende locali che ruotano attorno alla Whirlpool e rischiano di dover rinunciare alla presenza sul territorio di un importante sito industriale, che ad oggi garantisce un indotto di primo piano e, soprattutto, posti di lavoro.
«Nell’ultimo incontro lo stabilimento di Comunanza è stato dipinto come non più produttivo e in balia dell’assenteismo – aggiunge Raffaele Bartomioli di Uilm – imputando ai lavoratori e non a figure manageriali responsabilità che respingiamo fermamente, dato che erano stato promessi investimenti mai portati a termine».
«L’incontro in Prefettura è il primo step di un percorso che ci auguriamo possa portarci a interfacciarci con il Ministero – spiega Romina Rossi di Fim-Cisl Marche -. Chiediamo di essere ricevuti prima che l’azienda, a settembre, ci comunichi decisioni già prese. Siamo molto preoccupati per uno stabilimento che rappresenta un fiore all’occhiello del territorio e che negli anni è già andato incontro a significative riduzioni di personale, passando da 1.000 addetti agli attuali 310».
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