di Giovanni De Franceschi
(foto e video di Federico De Marco)
Le cause della morte sarebbero compatibili con lo schiacciamento del corpo, da cui sarebbe scaturito anche un soffocamento. Sono queste le uniche indiscrezioni che emergono sull’esito dell’autopsia sul corpo Alika Ogorchukwu, il nigeriano di 39 anni ucciso venerdì in corso Umberto I a Civitanova dopo una brutale aggressione.
L’esame è stato effettuato oggi all’obitorio dell’ospedale della città costiera. E’ stato svolto dal medico legale Ilaria De Vitis nominata dalla procura, è durato oltre tre ore. Hanno partecipato anche la consulente di parte Francesca Tombesi, scelta dall’avvocato Francesco Mantella che assiste la famiglia di Alika e alcuni funzionari di polizia. Bocche cucite sull’esito degli accertamenti. «Serviranno ulteriori prelievi ed esami istologici, per ora non possiamo rilasciare altre dichiarazioni», le uniche parole della Tombesi. E comunque da quanto trapela, sebbene lo schiacciamento sia compatibile con le cause della morte, non è chiaro se abbia causato traumi di organi vitali decisivi per il decesso. La mattinata era iniziata con il riconoscimento da parte della moglie di Alika, Charity Oriakhi, del corpo del marito. La donna ha poi abbandonato l’obitorio tra urla di dolore, accompagnata dal cognato Eddie e dal pastore della comunità nigeriana.
Di certo si sa che tra l’aggressione e la constatazione della morte è passata quasi un’ora. A dirlo è il gip Claudio Bonifazi nell’ordinanza con cui è stata confermata la misura cautelare in carcere per Filippo Ferlazzo, il 32 enne campano accusato dall’omicidio. E lo stesso Ferlazzo durante l’interrogatorio di garanzia, ammettendo di aver aggredito Alika, ha aggiunto: «Era vivo quando sono andato via».
Venerdì pomeriggio il 32enne e la compagna stavano passeggiando lungo corso Umberto I, quando all’altezza della stazione sono stati avvicinati da Alika, che ha chiesto loro, come era solito fare, l’elemosina. La donna ha raccontato agli inquirenti che il 39enne l’ha presa per un braccio, per lasciarla subito dopo. Niente di particolare, tanto che lei stessa ha confermato di non essere per niente rimasta turbata dall’episodio. E infatti Ferlazzo e la sua compagna hanno continuato a camminare come niente fosse. Poi mentre lei è entrata in un negozio, Ferlazzo ha inseguito Alika, gli ha strappato dalle mani la stampella e l’ha colpito con quella. Una volta a terra è si è buttato sopra la vittima «cingendole il collo con il braccio e mettendosi a cavalcioni sulla stessa, schiacciandola per diversi minuti», ha scritto il gip nell’ordinanza. Erano circa le 14. Poi Ferlazzo ha continuato a camminare come niente fosse.
Alle 14,11, dice ancora il gip, è stato fermato dagli agenti del commissariato su indicazione di un testimone. E «all’atto del controllo e prima ancora di declinare le proprie generalità», il 32enne ha consegnato «a uno degli agenti un cellulare nero, riferendo che era di proprietà di una persona che aveva picchiato poco prima», si legge sempre nell’ordinanza. Nel frattempo altri poliziotti e sanitari hanno soccorso la vittima, e «nonostante le manovre rianimatorie poste in essere dallo stesso personale di polizia e sanitario», dice ancora il gip nell’ordinanza ne «veniva constatato il decesso alle ore 15». Ecco l’ora di scarto tra l’aggressione e la constatazione della morte di Alika, avvenuta si legge sempre nell’ordinanza per un «arresto cardiocircolatorio traumatico».
Qualche certezza in più invece arriva sui problemi psichici di Ferlazzo. Era stata infatti la mamma stessa, Ursula Loprete, a chiedere nel 2018 tramite ricorso al tribunale di Salerno l’amministrazione di sostegno per il figlio. Il Tribunale, poi, aveva accolto il ricorso e nominato proprio lei come amministratrice di sostegno con un decreto del 1 aprile 2019. «Nel corpo del decreto – specifica l’avvocato Roberta Bizzarri, che difende Ferlazzo – si è evince che lui all’epoca aveva già subito 7 Tso». Oltre al fatto che era già stato per due anni in una comunità di recupero sia per i problemi psichici, sia per problemi di tossicodipendenza.
A Civitanova Ferlazzo è arrivato qualche mese fa ed è andato a convivere con la compagna. Aveva anche trovato un lavoro temporaneo in un’azienda metalmeccanica della città alta dove, come ha raccontato il titolare, si era reso protagonista di uno scatto d’ira, anche se non aveva mai dare particolari problemi. Ora la procura vuole approfondire anche il ruolo della madre come amministratrice di sostegno.
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