di Andrea Ferretti
Dopo le prime due giornate di campionato una squadra imbattuta in classifica hai 6 punti, alla peggio 4. Ed è proprio a quota 4 (come il Palermo e le fresche retrocesse Cagliari e Genoa) che si trova l’Ascoli che non ha sfruttato al massimo le due gare interne, ma va bene lo stesso.
Da diversi anni parlare di partite casalinghe o in trasferta ha però poco senso. Il fattore campo ormai non esiste più. Il tifo, caldo o tiepido che sia, recita un ruolo sì importante ma non decisivo. Alcuni decenni fa la questione era ben diversa. Poteva anche capitare che in alcuni stadi – nemmeno tanto lontani da Ascoli – più di una partita veniva ad esempio condizionata dalla punta dell’ombrello che stuzzicava di continuo glutei e schiena del guardalinee (l’assistente di oggi) che correva su e giù a pochi centimetri dalla rete che divideva terreno di gioco e spalti. Il Var non esisteva, molti arbitri erano scarsi, su fuorigioco gol fantasma meglio stendere un velo pietoso.
Torniamo a oggi. Tifo caldo a Palermo? L’Ascoli, lo stesso che in sette giorni ha battuto la Ternana e poi faticato a pareggiare con la Spal, si appresta alla terza puntata del campionato affrontando la sfida del “Barbera”. Ovviamente senza alcun timore reverenziale. Palermo è un club blasonato (di solito si dice così) ma nel suo palmares alla resa dei conti ci sono promozioni dalla B in A come quelle del Picchio. I siciliani tre mesi fa hanno vinto i playoff di C salendo in cadetteria, non certo per fare una comparsata. Due anni fa erano addirittura in Serie D e tornarono in C vincendo il campionato con il palermitano, ma ascolano d’adozione, Rosario Pergolizzi in panchina. Il club (1900) è antico quasi come l’Ascoli (1898), anche se poi rifondato cinque volte, l’ultima tre anni fa.
Nel catino del “Barbera”, con gli spalti a tinte rosanero, farà sicuramente molto caldo. Ma l’Ascoli saprà affrontare la sfida consapevole delle proprie capacità grazie a quello che, ancora una volta, appare un riuscito mix giovani-veterani. La “temperatura” di Palermo non può certo condizionare giocatori, giusto per fare tre nomi, del calibro di Dionisi, Botteghin e Bellusci.
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