di Giuseppe Di Marco
Quali sono le reali intenzioni dell’Amministrazione comunale sul caso Picenambiente? Il sindaco Antonio Spazzafumo si è espressamente impegnato a «portare la società a controllo pubblico». Un intento lodevole, che però nel concreto si tradurrà in un’azione che difficilmente raggiungerà lo scopo delineato.
L’idea, infatti, è di compiere tutti i passaggi formali per verificare la possibilità di qualificare la partecipata a controllo pubblico. Al termine della disamina, la compagine politica di maggioranza è però intenzionata a negare questa eventualità, a meno che non si generino patti parasociali fra i Comuni soci della Picenambiente: una possibilità affermata dalla sentenza emanata dal Tar Marche nel 2019 in risposta al ricorso presentato dalla società che impugnò – vincendo – la delibera di Consiglio con cui essa veniva qualificata a controllo pubblico.
Si tratta del classico specchietto per le allodole: nessun sindaco, dalla costituzione della Picenambiente, ha cercato di stipulare patti fra i 22 soci pubblici che compongono il 50,41% di tutto il pacchetto. E il motivo è semplice: nessuno vuole farli veramente. Oltretutto, anche se ci fosse la volontà politica, questa dovrebbe coinvolgere la totalità – o quasi – degli enti comunali, considerando che la quota privata è minoritaria, ma per pochissimo (49,59%).
A rendere tali patti inattuabili occorre un altro fatto, di natura squisitamente politica: sotto quale bandiera, il sindaco Spazzafumo potrebbe pretendere di riunire 21 Amministrazioni comunali tutte diverse fra loro? Per capire quanto sia ripida questa salita, basti pensare al tentativo – naufragato – da parte di Spazzafumo di riunire gli enti comunali prima del rinnovo delle cariche alla Ciip. In definitiva, questa alternativa è quasi irrealizzabile: per concretizzarla servirebbe un autentico miracolo politico.
Si tratta, ovviamente, di scenari ipotetici, ma i consueti beninformati non hanno dubbi in proposito: a nulla servirà la battaglia portata avanti dai consiglieri “dissidenti”, a nulla servirà l’uscita dalla maggioranza di Giorgio De Vecchis e nemmeno lo scorporo del servizio partecipate dall’area di competenza della dirigente Catia Talamonti: l’epilogo della vicenda, o almeno un epilogo molto probabile, l’Amministrazione comunale lo conosce già.
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