di Giuseppe Di Marco
Gli armatori chiedono una modifica al fermo pesca, il Governo, senza addurre motivazioni, dice no. E’ quanto emerge da carteggio fra l’Associazione Armatori da Pesca e il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali degli ultimi giorni. Un botta e risposta senza possibilità di replica. O meglio, forse, una strada per replicare c’è: il ricorso al Tar.
Tutto ha inizio il 5 ottobre, quando da una riunione dell’Associazione, riunitasi a Molfetta, viene stilata una lista di richieste da sottoporre al Governo, riguardanti l’attività di pesca nell’Adriatico Centrale e Meridionale. Tra queste, spicca la necessità di “spezzare” il fermo biologico del piccolo pelagico, ovvero delle sardine: una misura considerata necessaria e che produrrebbe, per gli armatori, tutta una serie di vantaggi economici. A beneficiarne, non da ultimo, sarebbe anche l’ecosistema marino. Nello specifico, la lettera propone al Ministero di spostare il fermo autunnale dal periodo che va dal 1° al 30 novembre all’intervallo che va dal 14 ottobre al 12 novembre.
La risposta del Dipartimento Pesca arriva una settimana dopo, ed è un diniego perentorio: «A riguardo – recita la missiva – questa direzione generale, pur prendendo atto delle motivazioni indicate nella nota, non può che confermare quanto previsto dal richiamato decreto ministeriale ovvero, per le annualità 2022 e 2023, l’obbligo per tutti i pescherecci autorizzati all’esercizio dell’attività di pesca con l’utilizzo del sistema volante a coppia, che effettuano le pesca attiva di stock di piccoli pelagici, iscritte o operanti nei compartimenti marittimi da San Benedetto a Gallipoli, di interruzione temporanea dell’attività di pesca per 30 giorni consecutivi, dal 1° al 30 novembre».
La lettera, ovviamente, viene accolta malissimo. «Siamo stati fermi per cinque mesi per il caro carburante e ora questa è la risposta che ci viene data – dice Enzo Raffaele, tra i maggiori armatori di stanza a San Benedetto – chiedevamo modifiche intanto perché novembre è il mese più redditizio sotto il profilo del pescato, e poi perché, spezzando il fermo, non avremmo interrotto la continuità salariale dei lavoratori. Infine, all’infuori del fermo la pesca delle volanti si sovrappone a quella delle lampare, e crea danni all’ambiente». Ma non finisce qui. «La risposta, che non offre alcuna spiegazione, boccia a priori anche la richiesta di effettuare i due fermi in maniera congiunta, da agosto a settembre. Avevamo chiesto anche di introdurre delle quote nei periodi di attività perché, pescando indiscriminatamente, viene riversata una quantità sproporzionata di pesce che fa crollare i prezzi. In ogni caso non ci fermeremo qui. Se nessuno dovesse ascoltarci, siamo pronti a ricorrere al Tar».
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