di Luca Capponi
«La faglia del 2016 sta lentamente dissipando la sua energia, ancora ci sono delle piccole scosse di assestamento, ma quelle recenti con epicentri a Folignano e Roccafluvione sono episodi a sé stanti che non c’entrano nulla. Il fenomeno che ha generato distruzione sei anni or sono sta completando la sua distensione ed è nella sua fase di esaurimento e non ha nulla a che vedere con quello che, nella mattina di mercoledì 9 novembre, ha generato il sisma di magnitudo 5.5 nella zona tra Fano e Pesaro».
Sono le parole di Sante Stangoni, noto ai più quale sindaco di uno dei comuni più colpiti dal terremoto del 2016, quello di Acquasanta Terme. Ma Stangoni, oltre che per l’esperienza vissuta durante e dopo l’emergenza, conosce da vicino i fenomeni sismici a causa della sua professione di geologo, cosa che lo ha portato negli anni a lavorare anche nella ricostruzione de L’Aquila.
«La scossa a largo dell’Adriatico è stata avvertita in maniera lieve nell’Acquasantano, come pure da Ascoli e nel nostro entroterra, dove tutto è rimasto sotto controllo -continua-. La faglia in esame riguarda la parte settentrionale delle Marche ed ha caratteristiche molto particolari perché è un segmento che si trova lungo il sistema di faglia principale di Ancona. Ha un’estensione molto importante e di conseguenza ha generato un terremoto significativo, quindi è giusto essere cauti e scegliere le dovute precauzioni nella gestione sia della popolazione che delle scuole e delle varie strutture».
«Per quanto riguarda l’evoluzione della situazione, come ben noto, non si possono fare previsioni -conclude Stangoni-. Ad ogni modo si tratta di una zona da monitorare attentamente perché molto delicata e fragile. Nel 1930 nel 1972, tra Ancona e Senigallia, si sono verificati terremoti importanti anche di magnitudo intorno al 6, quindi occorre essere vigili. Ovviamente questa faglia non ha nulla a che vedere con quella che ha generato i terremoti del 2016».
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