di Giuseppe Di Marco
Sigle sindacali sul piede di guerra per salari, ferie e diritti del personale ospedaliero dell’Area Vasta 5. Dopo le proteste di NurSind, Nursing Up e Usb a parlare è la maggioranza, formata da Cgil, Cisl, Uil, Fials e Rsu, che annunciano a loro volta il prosieguo della mobilitazione, accreditandosi come uniche sigle deputate a sottoscrivere patti fra le parti.
«Questa è l’unica compagine sindacale deputata a trattare fra le parti – afferma Giorgio Cipollini (Cisl) – che poi ci siano altre sigle, non abilitate a firmare alcuna stipula, che per contrapposizione sterile cerchino il consenso pubblico, è legittimo. A questa Area Vasta arrivano 1.490.000 euro in meno l’anno rispetto alle altre. Parliamo di 28 milioni di euro in 20 anni. Questo dimostra che la politica Asur sul territorio è fallita. Dal 31 dicembre le diverse aziende saranno autonome e l’Asur non esisterà più, quindi il riequilibrio economico non potrà essere effettuato. Inoltre rischiamo, in futuro, di ricevere risorse in base allo storico: un ulteriore beffa per il nostro territorio».
Le problematiche, nel dettaglio, vengono snocciolate da Stefano Sudati: «Niente è stato risolto di quelle problematiche che avevamo posto in essere – spiega il vice coordinatore della Rsu – dalle trattative aperte il 17 luglio avevamo conseguito un riconoscimento minimo relativo al salario accessorio. Il salario accessorio riguarda la reperibilità, le indennità di turno, le festività, e raggiunge il 30% di salario percepito dal dipendente. Dal 2018 si è chiesto di dividere in tre anni la restituzione dei 945.000 euro di debito accumulato. Il prestito che i dipendenti fanno per auto-remunerarsi lo si sarebbe dovuto saldare entro il 31 ottobre, ma ciò non è avvenuto. Ora si prevede un nuovo ingente splafonamento. Il personale continua lo stato di agitazione perché anche a seguito dell’incontro in Prefettura siamo usciti totalmente insoddisfatti: mai nulla è stato scritto, e si parla di un riconoscimento che ci spetta».
Sempre secondo il vicecoordinatore rsu, il problema risiede a monte, e cioè nel fatto che le cinque Aree Vaste ricevono un trattamento diverso per quanto riguarda la distribuzione delle risorse: «Le Marche Sud – continua Sudati – subiscono più delle altre una mancata regolamentazione delle risorse che ci spettano. Un dipendente dell’Area Vasta 5 ha ricevuto mediamente 13.500 euro in meno rispetto alle altre Aree Vaste, ovvero tra i 700 e 800 euro in meno ogni anno. L’assistito, l’utente che paga le tasse per il servizio sanitario, deve sapere che abbiamo circa 200 contratti in scadenza a fine dicembre: se non verranno rinnovati, tra le 6 e le 8 unità operative verranno tagliate. Decenni di sottrazioni ai lavoratori ci hanno fatto arrivare a un punto di non ritorno».
La linea viene condivisa anche dalla Cgil: «Da anni siamo succubi di promesse politiche mai mantenute – attacca Viola Rossi – ci eravamo fermati perché l’Asur aveva assunto degli impegni, ovvero la restituzione dei 495.000 euro e l’aumento dei fondi futuri. Oggi invece c’è solo il silenzio più totale. Da gennaio rischiamo di avere risorse assolutamente incapienti e nessuna risposta relativa ai precari: tra poco più di un mese andranno a casa? In quel caso i servizi verranno chiusi. Siamo totalmente privi di una programmazione per il periodo che verrà».
Dal canto suo, Gianni Di Domenico (Uil) ha rimarcato come i dipendenti in forse abbiano rappresentato la prima linea contro la pandemia. Fausto Menzietti (Fials), ha invece sottolineato l’importanza di ripristinare la necessaria equità fra le diverse realtà sanitarie del territorio: «Non intendiamo togliere nulla alle altre Aree Vaste – ha concluso il sindacalista – chi ha di meno, semplicemente, deve essere riportato ad un livello accettabile».
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