di Giuseppe Di Marco
Continua senza soluzione di continuità la protesta degli armatori di stanza a San Benedetto. Dopo il secco “no” del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali alla richiesta di modifica del fermo pesca, le volanti si sono viste ridurre anche l’indennizzo relativo ai due mesi di fermo 2021 e destinato al personale. La somma infatti è scesa a 886 euro, da un rimborso che in precedenza superava abbondantemente i 1.000 euro.
«Una cifra del genere, per i due mesi di fermo obbligatorio del 2021 – novembre e giugno-luglio, nda – è un’elemosina – asserisce Enzo Raffaele – E a ciò si deve aggiungere che l’indennizzo è previsto solo per gli equipaggi per i fermi di specie, mentre alle barche non viene riconosciuto niente. Prima c’era un risarcimento anche per le imprese, dal momento che la nostra pesca era classificata a strascico, ma dal 2019 tutto questo non esiste più, e di conseguenza le barche non ottengono alcun indennizzo. Per quanto riguarda gli equipaggi, in ogni caso, si parla di 300 o anche 400 euro in meno, visto che dei 30 giorni persi ora ce ne vengono pagati solo 20».
«Adesso rimaniamo a terra e riprenderemo il 1° dicembre con la pesca volante – prosegue Raffaele – A inizio autunno inviammo delle richieste al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ma non ci fu dato ascolto: entro pochi giorni pertanto formuleremo altre proposte riguardo le quote e il fermo. Chiederemo che i due mesi di fermo del piccolo pelagico – le sarde, nda – si effettui in periodi consecutivi, ovvero agosto e settembre: quello che ci danneggia di più è il doverci fermare e riprendere in continuazione». Inoltre gli armatori chiederanno di applicare le quote di pescato relativa a ciascuna azienda, in modo da riequilibrare il mercato.
Infine, la richiesta di nuovi sostegni economici. «C’è poi anche il discorso della Cisoa: – dice infine l’armatore – è un anno che la stiamo aspettando ma ancora non l’abbiamo ottenuta. Questa misura è entrata in vigore dal 1° gennaio ed è migliore della cassa integrazione in deroga, perché tutela tanto il personale quanto le imprese: il primo viene pagato per tutte le giornate perse e le imprese, per lo stesso periodo, non pagano i contributi. Ad oggi però non è stata ancora messa in atto».
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