di Gianluca Ginella
Sono undici le persone dell’indagine della Dda di Ancona e della Procura di Macerata, la “Wet Shoes”, per lo più tunisini, a cui viene contestata l’associazione per delinquere con l’obiettivo di favorire l’immigrazione clandestina. Molto di questa inchiesta ruota nella provincia di Macerata. A tessere le fila del presunto sodalizio, secondo gli inquirenti, sarebbe stato un tunisino di 51 anni, che vive a Macerata e che avrebbe coinvolto numerosi suoi connazionali in un affare che si allungherebbe, a detta degli inquirenti, negli inquietanti scenari del terrorismo e degli jihadisti (l’indagine è la pro-pronipote dell’inchiesta “Mosaico”, partita dopo l’attentato ai mercatini di Berlino avvenuto nel 2016, a cui seguirono “Mosaico2” e “Mosaico3”, sempre a firma della Digos).
Tra i diciotto indagati risultano coinvolti anche alcuni italiani tra cui una ex dipendente del Comune di Macerata, all’epoca impiegata all’Anagrafe, il cui nome compare in via del tutto marginale (per lei non viene contestata l’associazione per delinquere), e due agenti della Polizia Municipale di Macerata (a loro viene contestata l’associazione e di essersi fatti corrompere con cassette di pesce e altre regalie.
I fatti sono legati a due controlli per verificare se due tunisini vivessero effettivamente a Macerata. Coinvolti anche un dipendente di un Caf di Macerata, e un uomo che avrebbe messo a disposizione le sue case (anche a loro viene contestata l’associazione).
Secondo Dda e Procura di Macerata undici dei 18 indagati farebbero parte dell’associazione per delinquere in cui erano stabiliti compiti e ruoli per ogni sodale. C’era disponibilità di denaro e di beni che sarebbero stati impiegati per aiutare l’ingresso in Italia di clandestini. All’inizio la presunta associazione per delinquere si sarebbe occupata di questo: cercare persone interessate ad entrare in Europa e poi prelevarle una volta giunte clandestinamente in Italia (sbarcavano in Sicilia).
Gli inquirenti parlano di un numero indeterminato di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed in particolare di favoreggiamento dell’ingresso illegale di stranieri e favoreggiamento della permanenza illegale di stranieri. Si parla anche di produzione e uso di documenti falsi, falsificazione di atti, corruzione di pubblici ufficiali e di persone che sarebbero state aiutate a fuggire dai centri di permanenza per i rimpatri.
Il sodalizio si sarebbe occupato anche di cercare di fare ottenere falsi documenti idonei a consentire l’ingresso in Italia a stranieri, si sarebbe occupato del trasferimento dei clandestini nel Maceratese e da qui, spesso, questi sarebbero poi partiti per Paesi comunitari.
Si parla poi di diverse istanze di emersione fondate sul falso presupposto della presenza in Italia degli stranieri già prima dell’8 marzo 2020 (come necessario per legge) o di falsa volontà dichiarata di volere instaurare un rapporto di lavoro tra lo straniero e un datore di lavoro compiacente in modo da ottenere indebitamente il permesso di soggiorno.
Secondo gli inquirenti il sodalizio in Italia avrebbe avuto una “valenza monopolista” in relazione al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina almeno per quanto riguarda il ramo relativo al procacciamento illecito dei titoli di soggiorno.
Sui ruoli che avrebbero avuto due agenti della Polizia Municipale di Macerata (destinatari ieri di due perquisizioni), gli inquirenti contestano che in due occasioni avrebbero concordato con il leader del presunto sodalizio, giorno e ora dei controlli per verificare che due tunisini abitassero là dove avevano dichiarata nella domanda d’iscrizione anagrafica che serve per pratiche di sanatoria o rinnovo dei permessi di soggiorno.
Per gli inquirenti in questo modo volevano consentire ai due stranieri, che di fatto non abitavano in quegli immobili, di farsi trovare al momento del controllo. Secondo la Procura c’è stata anche la corruzione degli agenti che avrebbero ricevuto cassette di pesce e regalie. I fatti risalgono all’ottobre e dicembre del 2020.
La ex dipendente comunale è invece accusata di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici: avrebbe alterato – strappandola – la carta d’identità di un tunisino rilasciata dal comune di Vittoria nel 2017. Il fatto sarebbe stato commesso a Macerata il 17 dicembre 2020.
Un dipendente di un Caf di Macerata è indagato perché avrebbe gestito le pratiche amministrative relative alla regolarizzazione degli stranieri e costituito un punto di riferimento per l’associazione fornendo consulenze in materia fiscale e previdenziale per gli appartenenti all’associazione. Infine è indagato un 81enne di Cingoli, residente a Macerata che avrebbe fornito, «abitualmente», dicono gli inquirenti, la disponibilità perché sue abitazioni fossero indicate nelle dichiarazioni anagrafiche a corredo delle domande per pratiche di sanatoria o rinnovo dei permessi di soggiorno». Le abitazioni sarebbero state usate temporaneamente per collocare gli stranieri interessati dalle pratiche al momento dei controlli da parte della Polizia locale.
I fatti contestati nell’indagine sarebbero avvenuti, oltre che a Macerata, in Sicilia, Tunisia, Francia dal dicembre del 2019 in poi. Ieri ci sono state 44 perquisizioni relative a 18 indagati e altre persone ritenute vicine all’organizzazione criminale. Tre le misure cautelari spiccate dal Gip del Tribunale di Ancona, tutte destinate a tunisini (due in carcere e una a domiciliari).
Gli indagati sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Jacopo Allegri, Paolo Carnevali, Lucia Testarmata, Nicola Casadio, Marco Proietti Mosca, Alessandro Rocco, Elisa Pavoni, Marina Quadrini.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati