di Giulia Civita
(scrittrice ascolana)
Il pittore Diego Pierpaoli, che da poco ci ha lasciato, nel 1973 fondò con un gruppo di giovani ascolani un movimento nuovo. Un nuovo modo di esprimersi, l’Immanentismo, di cui lui era teorico e leader. Fu nel 1982 che gli “Immanentisti” fecero il primo passo di rilevanza nazionale. Venne pubblicato il saggio “Pittura Immanente”, edito da Bulzoni con prefazione di Giulio Carlo Argan. Tra i rappresentanti più significativi di questo movimento, alcuni dei quali aderirono successivamente, troviamo Nazzareno Luzi, Marisa Korzeniecki, Augusto Piccioni ed Ettore le Donne.
Il “Manifesto Operativo” così descriveva le motivazioni di questa pittura: “Le nostre creazioni debbono suggerire la possibilità di vita, il vissuto, le qualità della realtà nei loro elementi di distinzione dall’ideale. Sentiamo di non poter vivere senza un circostante tangibile, ma vogliamo renderlo più consono alle tensioni pure dell’astrazione. Scegliamo tra il già creato e l’immutabile ciò che è più vicino a queste tensioni o viceversa attribuiamo a queste le qualità distintive del reale. Le nostre opere cercano di rilevare quello che c’è di geometrico nelle forme della natura e di vitalizzare le geometrie”.
Il gruppo ha partecipato a mostre molto importanti, con allestimenti sia pubblici che privati, come al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, al Castello Cinquecentesco dell’Aquila, a Palazzo Farnese a Ortona, alla Libreria Paesi Nuovi di Roma, al Museo Pagani di Castellanza, alla Galleria Cicconi di Macerata e tante altre. Poi la pubblicazione di saggi teorici quali “L’Artista teorico”, “Una nuova centralità”, “Per uno stile”, “In anticipo su New York”, “Uno stile nuovo”, con scritti di Giulio Carlo Argan, Filiberto Menna, Italo Mussa, Vito Apuleo, Nicoletta Hristodorescu.
Gli “Immanentisti” hanno prodotto bellissime opere d’arte, purtroppo dimenticate, ma che Diego Pierpaoli conservava nel suo “Museo dell’Arte Immanente” ad Arquata del Tronto. Furono proprio gli “Immanentisti” a realizzare il Palio della Quintana di Ascoli del 1975, conservato nel Sestiere di Porta Solestà e firmato da Diego Pierpaoli, Nazzareno Luzi, Giuseppe Malatesta, Franco Testa.
L’auspicio è che il Museo di Arquata torni ad Ascoli per permettere a questi grandi artisti di essere valorizzati come meritano. Loro fanno parte, a pieno diritto, della storia della “città di travertino che ci parla e ci racconta”.
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