di Claudio Maria Maffei
(medico e dirigente sanitario in pensione)
È sbagliato mandare in tribunale la politica per la gestione della prima fase della pandemia, ma adesso deve dimostrare anche nelle Marche di avere capito la lezione.
I giornali stanno dando grande risalto all’inchiesta di Bergamo sulla ritardata chiusura della Val Seriana nei primissimi giorni dell’epidemia da Covid e all’avviso di garanzia inviato al presidente del Consiglio e al Ministro della Salute, al presidente della Lombardia e a molti altri, tra i quali i presidenti del Comitato Tecnico Scientifico, Locatelli, e dell’Istituto Superiore di Sanità, Brusaferro.
A mio parere la gestione della pandemia è stata sicuramente imperfetta, ma ha comunque garantito all’Italia di venirne fuori meglio di altri Paesi anche se con un costo altissimo in termini di vite umane, sofferenze e danni economici.
Di fronte ad un problema nuovo così grave e ignoto prendere delle decisioni è stato difficilissimo ed è ingiusto, sempre secondo me, colpevolizzare chi si è fatto carico giorno e notte di prenderle, addirittura ipotizzando a suo carico reati come quello di epidemia colposa.
Del resto, nell’incertezza ognuno di noi si è schierato o a favore di misure energiche di contenimento o al contrario per un loro allentamento. Solo che adesso una nuova emergenza pandemica o di altra natura non può prendere alla sprovvista né la politica regionale né la nostra sanità. Adesso non si può più dire “non me l’aspettavo”.
E allora almeno un paio di domande alla nostra Giunta dobbiamo farle con l’intento di non trovarci domani nelle stesse condizioni di due e tre anni fa. Perché anche nelle Marche errori gravi sono stati fatti.
La prima doppia domanda è questa: sono stati realizzati e dove i posti letto di terapia intensiva in più finanziati dal Ministero? Qual è il numero degli operatori (medici, infermieri e operatori socio- sanitari) assegnati alle terapie intensive a inizio 2020 e quanti sono quelli in servizio oggi?
Se il loro numero non è aumentato, i posti letto di terapia intensiva in più sarà possibile attivarli solo riducendo le altre attività. Non è in ogni caso opportuno smontare definitivamente il Covid center di Civitanova per non spendere in vigilanza e manutenzione altri soldi pubblici?
La seconda domanda è questa: perché è stata smantellata la rete epidemiologica senza la quale è impossibile far fronte a qualunque emergenza non solo infettivologica ma anche ambientale? L’epidemiologia è quella disciplina che analizza i dati per aiutare la politica a prendere delle decisioni. Quella che dovrebbe ad esempio dire se i livelli di inquinamento atmosferico debbono far adottare misure straordinarie o che dovrebbe far capire se una epidemia sta accelerando. In pratica, la epidemiologia è il cruscotto con le spie luminose che ci segnalano possibili problemi per la nostra salute. Quelle spie le Marche le hanno di fatto spente.
Ci sono alcuni professionisti che si occupano di epidemiologia che si impegnano molto, ma sia l’Osservatorio epidemiologico della Regione che i Dipartimenti di prevenzione dell’ex Asur hanno pochissimo personale destinato allo scopo.
I marchigiani non ne possono più, credo, di dati sulla pandemia, e quindi sui decessi, sui tamponi e sui ricoveri.
Hanno bisogno però di sapere che c’è qualcuno che se ne sta occupando per loro e allora ricordiamo a chi ci governa che non si può fare un Piano pandemico serio senza qualcuno che analizzi i dati. Senza l’epidemiologia non si può nemmeno studiare e monitorare l’impatto sulla salute dei fattori ambientali.
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